Nel catalogo della mostra Graphic Design: Now in Production, aperta al Walker Art Center di Minneapolis fino al 22 gennaio, i curatori Andrew Blauvelt ed Ellen Lupton (insieme con un più ampio gruppo di collaboratori) lo chiariscono bene fin dall'introduzione: "Dato che al centro della nostra attenzione c'è il modo in cui i designer contemporanei usano il loro talento per creare, modificare, produrre, pubblicare e distribuire le loro opere, la mostra non è un tentativo esauriente di esporre opere di artisti 'meritevoli' (la lista sarebbe così lunga da non poterli incasellare in un solo museo, per non parlare di un paio di gallerie). E questa mostra non è neppure una panoramica di opere tipiche che si incontrano quotidianamente", affermano. "Abbiamo selezionato invece prassi innovative che proiettano il discorso del progetto in nuove direzioni, ampliando il linguaggio settoriale tramite la creazione di strumenti, strategie, lessici e contenuti nuovi."
Tuttavia non solo temi e 'categorie' della mostra spingono il discorso del progetto in direzioni nuove (e talvolta si spingono in direzioni opposte, come in un tiro alla fune), ma la pura esistenza di questa mostra, che cerca di dar forma a una realtà amorfa come il "progetto grafico" dell'ultimo decennio (comunque lo si definisca), forza la lingua a contorcersi in nuovi linguaggi e il cervello a torcersi di conseguenza. Prova numero uno: il giorno dopo la mia visita alla mostra ho preso un caffè con Blauvelt al bar del Walker. Mi ha parlato di una comitiva di studenti che di recente ha visitato la mostra, e in particolare di un chiacchierone che è sbottato in un: "Magico! È come passeggiare in un blog vivente".
Graphic Design: Now in Production
In mostra fino al 22 gennaio al Walker Art Center, le pratiche innovative che spingono il discorso del progetto grafico in nuove direzioni.
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- Katya Tylevich
- 18 gennaio 2012
- Minneapolis
Giusto, ragazzo mio. È proprio magico. I contenuti di questa mostra sono un po' come sabbie mobili, impossibili da afferrare interamente a causa della rapidità con cui si muovono: gli strumenti del progetto grafico cambiano a una velocità tale da abbagliare, per non parlare dei contesti e delle definizioni. Come afferma Blauvelt "noi diciamo scherzando che si tratta di una mostra contemporanea all'inaugurazione e di una mostra storica alla chiusura". Va tenuto presente che l'iPad era stato appena lanciato quando Blauvelt e soci, l'anno scorso, erano ancora nella fase della programmazione. Oggi l'iPad delle origini per noi è nuovo quanto il torchio di Gutenberg. E poi sono già in corso di evoluzione dei modi per usare l'oggetto. L'iPad è contemporaneamente una notizia superata e la nuova frontiera, le sue applicazioni e i suoi utenti nel settore del progetto grafico sono ancora in cerca di comprensione.
"Le mostre di scala tanto vasta sono rare", afferma Blauvelt. Certamente si tratta della più grande mostra del genere da Graphic Design in America: A Visual Language History al Walker (1989) e da Mixing Messages: Graphic Design in Contemporary Culture al Cooper-Hewitt (1996): la mostra attuale è organizzata in collaborazione dalle due istituzioni. "Certe volte vorrei avere sei mostre per trattare tutti gli argomenti di cui voglio parlare", continua Blauvelt. "Che cosa vuol dire essere un progettista grafico oggi? È difficile ormai dire in uno studio chi sia il progettista grafico e chi il designer di prodotto, e chi si occupa di che cosa. Tutti vogliono 'risolvere il problema'". Coerentemente la mostra pone delle domande cui dà contemporaneamente risposta; è fluida come il territorio di cui si occupa. La definirei la rappresentazione organizzata di un sovraccarico sensoriale.
L'esistenza di questa mostra, che cerca di dar forma a una realtà amorfa come il "progetto grafico" dell'ultimo decennio (comunque lo si definisca), forza la lingua a contorcersi in nuovi linguaggi e il cervello a torcersi di conseguenza
A causa della molteplicità degli ingressi possibili la mostra non chiarisce completamente quale intende siano l'inizio e la fine. Non è un'esposizione cronologica né una classifica di 'merito': una volta di più, non è un repertorio né un'antologia, quindi non c'è un pezzo forte a fare da centro di gravità, o un pezzetto di formaggio in fondo al labirinto. In realtà si può uscire dallo shopshop, ovviamente, fa parte della mostra. Progetto e commercio: vecchio discorso. Si acquistano libri e riviste appena visti negli espositori vetrati e la si considera partecipazione del visitatore. Per citare direttamente la mostra: "Non più soddisfatti di creare la pura confezione di merci esistenti o la pura marca che sostiene il prodotto, molti grafici usano la loro competenza, la loro esperienza e la loro energia per ideare autonomamente beni commerciabili." Ricevuto.
La struttura della mostra non è tanto 'narrativa' quanto assertiva. Non racconta una storia, avvolge il visitatore in una stimolante 'bolla intellettuale' in cui molte cose vengono comunicate contemporaneamente (marcalibromanifestititoli) ma conservano un senso. Anche se è presente un'attenta suddivisione tra la sezione Infografica e, per esempio, la sezione Tipografia, esiste un filo di connessione mentale che inevitabilmente le unisce. Mettiamola così: non è un filo, è una rete. Una rete forte, per altro, ma facilmente adattabile. La mente coglie il senso della mostra in modo non lineare a causa della non linearità del suo tema. Una sezione deborda in un'altra, permettendo al visitatore curioso di saltare da un elemento all'altro come la pallina di un flipper. La natura del settore è porosa, dice Blauvelt. E quindi "le sezioni della mostra sono in reciproco dialogo". Il punto è come definire la lingua che parlano?
Katya Tylevich
Graphic Design: Now in Production
fino al 22 gennaio 2012
Walker Art Center
Minneapolis