Se la Parigi olimpica del 2024 è una città che si ripensa dall’interno valorizzando il suo patrimonio esistente, e la Los Angeles olimpica del 1984 era stata un grande progetto di scenografia e identità visuale alla scala urbana, la Barcellona olimpica, cresciuta negli anni ’80 in vista del 1992, è stata un caso di trasformazione a grandissima scala, basata su rigenerazione di siti ex industriali, su molta espansione e nuova costruzione, e su grandi simboli urbani. In questo contesto si colloca la vicenda della torre di Collserola firmata da Norman Foster, in seguito Guest Editor Domus nel 2024: le torri per le telecomunicazioni sono state un Leitmotiv del progetto di landmark urbani lungo tutta la modernità, ma qui oltre a incarnare lo spirito di una Barcellona in evoluzione e in piena fioritura di innovazione e attività, questa “scultura allo stato puro”, “ago minimalista”, arrivava per mettere a sistema una grande complessità di infrastrutture e portare un disegno di paesaggio più armonico sulle alture che abbracciano la capitale catalana. Manifesta15 arriverà nel 2024 a reinterpretare la città con una visione ampia, estesa al territorio di tutta la regione e identificata nelle 3 ciminiere dismesse di Sant Adriá del Besós; la stagione olimpica del 1992 la riuniva invece attorno a questo simbolo, che Domus pubblicava nel settembre del 1992, sul numero 741.
La torre di Norman Foster per Barcellona, dall’archivio Domus
La Barcellona di Manifesta 2024 è rappresentata dalle ciminiere dell’industria dismessa, quella olimpica del 1992 si riconosceva invece in un’infrastruttura simbolo di innovazione e attenzione al paesaggio.
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- Kenneth Powell
- 10 settembre 2024
Norman Foster, Torre delle telecomunicazioni, Barcellona
La torre sul Collserola, appena terminata dal maestro inglese, rappresenta un ulteriore contributo alla dinamica città catalana e dimostra ancora una volta la sapienza costruttiva raggiunta da questo architetto. La Torre de Collserola è “architettura al cento per cento e ingegneria al cento per cento”, risultato di un’intensa e fruttuosa collaborazione tra Foster e gli ingegneri della Ove Arup & Partners. Il progetto nasce dall’ambizione della giunta comunale di Barcellona, guidata dal carismatico sindaco socialista Pasquali Maragall, di dare alla città una nuova architettura di qualità spettacolare, e al tempo stesso di impostare razionalmente la pianificazione dello sviluppo urbano. Alla metà degli anni Ottanta le due società televisive rivali che servono la Catalogna, comunicarono all’A juntament la loro intenzione di costruire delle nuove torri per i loro trasmettitori sulle alture settentrionali della città. La Telefonica, la società nazionale di telecomunicazioni, aveva anch’essa bisogno di una nuova torre. In passato era stata consentita la proliferazione di una selva di tralicci e di antenne sulle colline intorno al Tibidabo, ma la prospettiva di tre imponenti aggiunte allo skyline spinse Maragall a intervenire. Il risultato fu un accordo, per combinare i rispettivi sforzi e costruire una singola torre.
La torre possiede la leggerezza eterea e l’apparente provvisorietà di una struttura effimera: risultato di un’implacabile opera di sfrondatura e di eliminazione di ogni elemento estraneo che ha un valore centrale nell’opera di Foster.
Un concorso a inviti venne bandito nel febbraio 1988, con l’obiettivo di realizzare “un elemento tecnologico di valenza monumentale (...) in grado di esaltare l’immagine di Barcellona nel contesto delle Olimpiadi del 1992”. Foster, l’unico straniero invitato, risultò vincitore. L’idea sottesa al suo progetto era quella di “un palo fornito di piani”. Una “scultura allo stato puro (...) un ago il più possibile minimalista stagliato contro la linea dell’orizzonte”, una struttura essenziale quanto occorreva a svolgere la sua funzione. L’area circostante l’altura di Collserola era stata destinata dal Comune a parco naturalistico, una zona in cui le nuove costruzioni sarebbero state limitate al minimo. Una torre alta come la torre Eiffel non poteva risultare invisibile, ma era importante che il suo impatto a terra fosse sotto stretto controllo. Alla luce di queste considerazioni un normale pilone di cemento armato, come quelli realizzati a Toronto, Berlino e Stoccarda, sarebbe stato inadeguato. Gli ingegneri ritenevano che una struttura simile avrebbe dovuto avere un diametro al suolo di almeno 25 metri. Foster paragonava le torri di questo genere alle imponenti ciminiere, simbolo di una cultura industriale defunta.
E comunque sotto l’aspetto funzionale un progetto di questo genere non era la soluzione migliore. Si calcolava che le antenne dei trasmettitori e le parabole dei ponti radio dovevano essere collocate a non meno di 65 metri dal suolo. Al di sotto di questo livello la torre doveva essere economica dal punto di vista costruttivo quanto efficiente dal punto di vista strutturale. Il progetto realizzato è uno straordinario esercizio di funzionalismo allo stato puro. L’elemento centrale è un pilone cavo di cemento armato con un diametro al suolo di soli 4,5 metri. Ospitando le scale di servizio e gli essenziali cavi televisivi e telefonici, si innalza dritto fino all’altezza di 65 metri. Oltre questa quota una serie di dodici piani fornisce delle piattaforme per le attrezzature elettroniche. È compreso anche un piano (il livello 10) con la funzione di belvedere aperto al pubblico e servito da un ascensore panoramico. Al di sopra del livello dei piani il pilone centrale riemerge per gli 83 metri superiori della torre (alta in totale 288 metri), costituiti da un palo telescopico d’acciaio.
L’insieme della struttura è stabilizzato da un sistema di controventature. Sei grossi cavi d’acciaio accoppiati, del diametro di 320 mm, sono ancorati al versante della collina e sono sottoposti a un carico di tensione di 1260 tonnellate ciascuno. I piani poggiano su travi d’acciaio. Le controventature superiori, ancorate all’estremità superiore del pilone di cemento, sono in fibra aramidica (“invisibile” alle onde radio). La pianta dei piani è di forma insolita, un compromesso tra un cerchio (l’ideale per le trasmissioni radio, poiché offre il massimo del perimetro) e un triangolo (la forma più efficiente dal punto di vista strutturale). La superficie è quella di un piano per uffici di medie proporzioni: spazio per 700 posti di lavoro. Le apparecchiature pesanti, compresi i generatori d’emergenza, sono collocate in una costruzione separata a terra, destinata ad essere interrata e immersa nel paesaggio.
È un esempio dell’affermazione di Foster secondo la quale ‘la storia dell’architettura è la storia dell’evoluzione delle strutture e dei servizi’.
Uno degli aspetti più notevoli del procedimento costruttivo è stata la scelta di costruire l’intera sezione dei piani (del peso di 2700 t) a terra, e di sollevarla per 65 metri fino alla posizione definitiva. La torre ha raggiunto la massima altezza nel novembre 1991, quando la parte superiore del palo d’acciaio è stata alzata come un’antenna da autoradio con le sue sezioni telescopiche. Dati i tempi stretti del programma la semplicità costruttiva doveva essere uno dei punti chiave della strategia progettuale. L’uso creativo dell’ingegneria strutturale è una componente chiave in tutta l’opera di Foster. Eppure, la torre costituisce ugualmente la rottura di uno schema. La forma dell’edificio non è stata concepita a priori. Non esiste un antecedente diretto nell’opera di Foster. È emersa come la migliore risposta a un requisito funzionale, sviluppata come risultato di un intenso dialogo tra architetti e ingegneri. Non presenta riferimenti ovvi ad altre tipologie costruttive o ad altre tecnologie, come invece Stansted nei confronti del centro Renault e la Century Tower nei confronti della Hong Kong Bank.
Il progetto ha incontrato alcune difficoltà. Le caratteristiche del coinvolgimento di Foster dopo la fase di progettazione iniziale, insieme con l’estrema urgenza del programma dei lavori, hanno portato ad alcuni compromessi. Ci sono delle ringhiere e delle finiture dei pavimenti che, semplicemente, non appartengono al linguaggio di Foster. È in discussione se la costruzione dei generatori debba essere ricoperta e restituita alla collina (com’era intenzione di Foster) e dotata soltanto di una feritoria vetrata per consentire la vista verso l’esterno. (Ricorda il recente ampliamento del Sainsbury Centre di Norwich, un tentativo di costruire ‘contestualmente’ accanto all’edificio esistente progettato dallo stesso Foster). Ma l’insieme della costru zione prevale sui particolari. Poche opere di Foster la eguagliano per l’immediata semplicità costruttiva e la potenza della realizzazione. Lungi dal costituire un’opera di “pura” ingegneria - una vera architettura senza architetti - è un esempio dell’affermazione di Foster secondo la quale “la storia dell’architettura è la storia dell’evoluzione delle strutture e dei servizi”.
A Collserola Foster ha dimostrato sia la sua indiscutibile padronanza del processo progettuale sia la capacità di lavorare intelligentemente in équipe. La torre possiede la leggerezza eterea e l’apparente provvisorietà di una struttura effimera: risultato di un’implacabile opera di sfrondatura e di eliminazione di ogni elemento estraneo che ha un valore centrale nell’opera di Foster. Ricordiamo che la torre parigina di Gustave Eiffel del 1889 non aveva né un futuro né una funzione; eppure sopravvisse per diventare uno dei simboli di Parigi e una delle costruzioni più autenticamente popolari di ogni epoca. È presto per dire se la torre di Foster susciterà sentimenti analoghi. Ma sarà certamente considerata come il più importante contributo del Ventesimo secolo al patrimonio architettonico della città catalana.