Negli anni ormai inoltrati del terzo millennio, la “lampada Poulsen” è quell’oggetto che basta nominare perché ne sia evocata l’immagine – le icone, quando sono tali, funzionano così – e che quasi automaticamente viene collocato nei rendering di interni per determinarne un’atmosfera. Un privilegio quest’ultimo, a volte una maledizione, riservato a pochi oggetti che diventano pietre miliari del design. Di fatto, come gli oggetti e arredi di Alvar Aalto e Arne Jacobsen, le lampade della famiglia PH sono oggi pietra miliare del design scandinavo, ma ancora trent’anni fa la loro storia, e quella del loro ideatore Poul Henningsen, era poco nota, nonostante la vasta diffusione fin dai primi tempi, anche in architetture importanti come la Villa Tugendhat di Mies van der Rohe. Una storia centenaria che nasce da una visione moderna, da un progresso in atto – la diffusione della luce elettrica – al quale dare risposte di design per permetterne l’integrazione col paesaggio domestico: una storia che Domus raccontava nel dicembre del 1995, sul numero 777.
Le lampade di Poul Henningsen, monumento del design scandinavo
Dall’archivio Domus, la storia delle iconiche lampade PH, prodotte dal marchio Louis Poulsen, e del loro ideatore, un critico del contemporaneo con un approccio moderno al design.
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- Ruggero Tropeano
- 06 settembre 2023
Poul Henningsen, La lampada moderna
Nella storia dell’illuminazione moderna probabilmente nessun fenomeno è stato tanto trascurato quanto quello delle lampade di Poul Henningsen (PH). Negli ultimi settanta anni, PH è diventata la sigla di un tipo di lampada nota in tutto il mondo senza che il nome del suo inventore fosse esplicitamente conosciuto. Nell’ambiente dell’architettura si è usata semplicemente la sigla, come se si trattasse di una lampada standard anonima, benché le lampade PH si trovassero in numerosi interni moderni, da Aalto a Salvisberg, Lauterbach, Mies van der Rohe, Bruno Taut, Ferdinand Kramer. Questo tipo di lampada, divenuto il simbolo del moderno design danese, veniva considerata un oggetto di illuminazione funzionale senza tempo. Lo sviluppo della lampada PH è sempre stato legato alla lampadina ad incandescenza ed alla continua ricerca di perfezionamento di questa fonte di luce.
Poul Henningsen nacque a Copenaghen nel 1894. Fin da giovane, non ancora architetto – non concluse i suoi studi al Technical College – si fece presto un nome come autore di saggi critici sull’architettura e come redattore della rivista d’arte Klingen e in seguito della Kritisk Revy. Iniziò la sua attività di architetto come collaboratore di Kay Fisker, poi come libero professionista. All’inizio degli anni Venti si occupò di arredamento d’interni nei quali la luce elettrica andava acquistando grande importanza come mezzo d’espressione. I primi progetti, legati all’idea della luce come fiamma, dimostrano un uso ‘classico’ della nuova forma d’illuminazione. In seguito, nei disegni per la fabbrica di birra Carlsberg superò l’uso di prismi di vetro come diffusori, disegnando dei paralumi di vetro a forma di tulipano in grado di procurare per riflessione un’illuminazione diffusa e indiretta. Nel 1921 per la Mostra Autunnale degli Artisti, PH espose in collaborazione con l’artista Axel Salto un severo spazio geometrico illuminato da plafoniere con al centro una lampada a sfera. Con questo sistema di illuminazione eliminava l’abbagliamento celando la fonte di luce dietro lamelle orizzontali di rame sbalzato che diffondevano una luce calda nell’ambiente.
Nei suoi scritti Poul Henningsen sosteneva che il progressivo potenziamento della lampadina ad incandescenza richiedeva una soluzione scientifica del problema dell’abbagliamento della sorgente di luce. Un altro argomento della sua ricerca riguardava la possibilità di correggere lo spettro policromo della luce irradiata, in particolare il blu freddo. Una soluzione appariva essere l’uso di diffusori con superfici di riflessione colorate. L’incarico di studiare l’illuminazione per il museo Thorwaldsen, ristrutturato da Kaare Klint, gli fornì l’occasione di sviluppare una prima serie di lampade innovative e moderne. In questo periodo ebbe inizio la collaborazione con Knud Sorensen. Le ricerche geometriche sui raggi di luce lo portarono a disegnare diffusori a forma di parabola in cui la fonte di luce era collocata nel punto focale. PH aveva già sperimentato dei profili paraboloidi un tipo di luce stradale di cui furono installati alcuni prototipi a Copenaghen (Slotsholm Lampe).
In occasione della mostra parigina del 1925 PH e Knud Sørensen vinsero il concorso ed ottennero l’incarico per progettare l’illuminazione del padiglione danese di Kay Fisker. Fu in quest’occasione che iniziò la collaborazione con il produttore Louis Poulsen. Insieme produssero tutte le lampade per la sezione danese al Grand Palais, e presentarono in una sezione speciale la loro nuova collezione di lampade. La realizzazione fu affidata alla Lauritz Henriksen’s Metalvarefabrik, sotto la supervisione di Louis Poulsen. Nello stand espositivo, Poulsen presentò sei tipi di lampade, con dieci varianti, sotto il marchio “Système PH”. In qualità di progettista, PH fu premiato con la medaglia d’oro e Louis Poulsen ricevette la medaglia d’argento come produttore. Le lampade a sospensione e quelle a globo del padiglione danese ebbero un grande successo, ma fu un piccolo contrattempo a spianare la strada all’ideazione di un nuovo tipo di lampada non abbagliante a luce diffusa indiretta. Durante l’allestimento della sezione danese si rese necessario aumentare il numero di luci per l’illuminazione della sala principale. Occorreva disegnare altre quattro lampade da realizzare in loco in tempi brevi. Nei modelli già realizzati le superfici lucidate dei corpi luminosi, in alpacca, risultavano abbagliare oltre misura. Le nuove lampade fornirono l’occasione per sperimentare un materiale leggero a riflessione diffusa che consisteva in un tessuto con una trama di filo metallico.
Dopo Parigi, PH fu chiamato a partecipare all’appalto per l’illuminazione di nuovi spazi da costruire all’interno della fiera danese Kaempehallen, più conosciuti come Forum. La competizione con le multinazionali tedesche Zeiss e Goertz si prospettava molto dura. Si trattava di progettare e realizzare un sistema di lampade a sospensione per illuminare automobili in un grande salone. A questo scopo PH sviluppò il progetto della lampada a tre diffusori che diventò il prototipo del sistema PH con cui vinse l’appalto. I problemi individuati a Parigi furono risolti con questo modello: un meccanismo scorrevole consentiva di spostare il filamento incandescente nella posizione più corretta rispetto ai diffusori in modo da evitare qualsiasi forma di abbagliamento; la scelta delle differenti superfici dei diffusori, in metallo lucido od opaco, opalini, trasparenti, traslucidi, consentiva di ottenere sottili sfumature di luce; grazie alla distribuzione dei raggi nello spazio, gli oggetti più diversi risultavano illuminati, in ogni direzione verticale o orizzontale, con una luce diffusa e non abbagliante.
Il successo del sistema PH fu travolgente, anche per l’effetto riposante sugli occhi che si prestava in particolar modo agli ambienti di lavoro. Poulsen e Henningsen proseguirono nel perfezionare il sistema in modo da assolvere ogni compito illuminotecnico. Dallo stesso sistema vennero elaborate lampade a sospensione e da terra, applique, lampade da ufficio, studi medici, addirittura per serre. Intensa fu anche la sperimentazione sul colore della luce. Poulsen produceva diffusori con misure, finiture e materiali diversi. Le combinazioni di colore delle superfici interne dei diffusori consentivano di calibrare gli effetti cromatici della luce riflessa. La versatilità del sistema PH, la sua forma semplice quasi fosse un diagramma fisico, furono tra le ragioni della sua fortuna presso i grandi architetti votati alla modernità. Le lampade PH furono utilizzate in numerosi progetti d’interni. Tra tutti ricordiamo l’illuminazione della Villa Tugendhat di Mies van der Rohe a Brno.
Lunga e tortuosa fu un invece la via del brevetto che richiese quattro anni, dal 1924 al 1928. Alla fine, precisata la geometria dei riflettori, i principi della riflessione, della diffusione, e della mancanza di abbagliamento furono in toto riconosciuti come invenzione. Lo spirito inventore di PH non si fermò alla lampada a tre diffusori. L’oscuramento, praticato in tempo di guerra, lo spinse ad ideare delle lampade speciali per il luna park di Tivoli. Lo sviluppo accelerato del traffico guidò la ricerca nel campo dell’illuminazione stradale. PH ideò un tipo di illuminazione asimmetrica lungo il flusso di traffico, che è ancora oggi in uso. La lampada a sospensione fu rielaborata nel 1958. Il pendolo PH5 fu subito accolto come un’innovazione classica, mentre lo stesso PH dichiarò: “Dopo 33 anni di fede cristiana, mi sono convertito all’Islam – nel mio rapporto con la produzione di lampadine ad incandescenza...”. La nuova lampada si adattava ad ogni tipo, misura e forma di lampadina. Il pendolo PH5 con quattro diffusori a due superfici di riflessione colorata divenne il simbolo del modo di abitare nordico e il prototipo del design danese.
Dopo 33 anni di fede cristiana, mi sono convertito all’Islam – nel mio rapporto con la produzione di lampadine ad incandescenza.
Poul Henningsen
Parallelamente allo sviluppo della PH5, vennero perfezionate anche le lampade a globo. Nacque la “lampada a contrasto” in cui i diffusori circolari presentavano quattro tipi diversi di superfici riflettenti in modo da ottenere variazioni nel colore della luce, verso sfumature blu o rosse, a seconda dell’altezza del filamento luminoso nella lampada. Successivamente segmentando i diffusori circolari in singole lastre riflettenti nacque il ‘carciofo’, una lampada attrezzata con lampadine a incandescenza da 500W o da 1000W. Il produttore Louis Poulsen è sempre rimasto fedele a questa fonte luminosa. Con progetti di altissimo livello, architetti e designers come Marianne e Hans Wegner o Arne Jacobsen, hanno contribuito a completare la produzione del dopoguerra di questo importante promotore della cultura del design danese. Questo articolo si basa sul testo di Tina Jørstian e Poul Erik Munk Nielsen, Light Years Ahead. The Story of the PH Lamp, Copenhagen 1994. Un ringraziamento particolare a Ida Praestegaard.