Chi ha avuto la fortuna di conoscere Paolo Soleri sa che non avrebbe gradito un testo post-mortem che rendesse omaggio al suo operato. Scegliamo così di riproporre un articolo apparso su Domus nel 1963, in cui attraverso le fotografie di Eames si crea una surreale corrispondenza tra i disegni di Soleri e la sua stessa vita. L’utopia della Mesa City scavalca le pagine dell’album di appunti dell’architetto per essere impersonificata nel modo e nel luogo in cui vive. Nel deserto dell’Arizona, vicino a Phoenix, Paolo Soleri si costruirà infatti lo studio e l’atelier semi-sotterranei, la nota casa a cupola e lavorerà instancabilmente per dar vita e forma concreta alle sue sconfinate utopie.
Questo articolo è apparso in Domus 402 / maggio 1963
Disegni, e un’idea di Paolo Soleri. Un italiano in Arizona
Soleri è l’architetto italiano che vive in America, in Arizona, Tutto il mondo degli architetti ne conosce il talento e la mano attraverso i progetti per la Mesa City, la sua città ideale, progetti che egli traccia in straordinari disegni su lunghissimi fogli di carta da imballaggio. Da anni Soleri lavora a questo fantastico progetto, nella solitudine in cui vive, e gli aspetti della Mesa City diventano sempre più precisi: egli prepara questo suo messaggio per l’umanità moderna, un messaggio che, se non si tradurrà in pratica direttamente, già agisce ed esiste come opera d’arte e di poesia, attraverso la potenza dei disegni e il coraggio dell’idea.
L’album di appunti di Soleri – il volume in cui egli va annotando disegni e pensieri sulla sua città – Eames l’ha fotografato, e noi ne pubblichiamo qui qualche pagina, per la sua bellezza. La Mesa City è una città ideale in senso completo: vi sono tracciato cioè non solo gli aspetti plastici dell’ambiente ma gli ordinamenti della società che vi deve vivere. Grandi, anzi gigantesche, forme organiche, isolate, diverse l’una dall’altra, circondate da costellazioni di forme minori, rappresentano ognuna, la sede di una delle attività primarie della società umana – il centro dei riti religiosi, (come Soleri lo chiama) il centro delle ricerche scientifiche, i centri delle attività d’arte e di artigianato, i centri amministrativi e d’affari, le torri delle abitazioni – e tutte insieme queste forme configurano un’unica forma che, nella pianta, negli spaccati e nelle prospettive, è un bellissimo disegno: con gli aspetti fantastici di una concrezione naturale.
Un'idea di Paolo Soleri
Per ricordare il grande architetto italiano appena scomparso, riproponiamo un articolo pubblicato da Domus nel 1963 che, attraverso le fotografie di Charles Eames, crea una surreale corrispondenza tra i disegni di Soleri e la sua stessa vita.
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- 20 aprile 2013
È la natura ciò cui Soleri si rifà di continuo, come fonte di entusiasmo e come madre di forme: la stessa natura del luogo, con le mesas e i canyon. Che rivelano le possibilità fantastiche dello scolpire in profondità nella terra, e le cui dimensioni danno alle visioni una scala gigantesca. La Mesa City non esiste, ma Soleri stesso da anni la impersona, se così si può dire, nel modo e luogo in cui vive.
Nell’ambiente deserto di questa parte dell’Arizona, vicino a Phoenix, dove egli venne già dieci anni fa (dopo aver fatto esperienza con Wright a Taliesin) e dove si è costruito lo studio e l’atelier semi-sotterranei, e la ormai famosa casa a cupola. Qui Soleri vive e lavora: disegnando, modellando ceramiche, con la famiglia (sculture in ceramica e campane in ceramica), progettando e perfezionando il piano per la sua città; l’ambiente grandioso e vuoto che circonda lo studio è sparso di frammenti di forme e di idee. (La Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts appoggia queste ricerche).
Soleri sta già conducendo, da solo, la vita che ora vorrebbe (questa è la nuova idea) far condividere ad una comunità, da fondarsi. La sua idea è di raccogliere, attraverso una fondazione, una comunità di studiosi giovani e vecchi (studenti, allievi, ‘intelligentsia’, cioè professori e docenti in ritiro, artisti e artigiani), uomini che partecipano alla ricerca delle forme e delle qualità di un vero ‘ambiente adatto all’uomo’: come può esistere e non esiste ancora. Il modo con cui è tracciato il programma della fondazione, e il suo nome (Cosanti: da ‘cosa’ e ‘ante’) sono propri di Soleri.
E così l’indicazione del luogo che si desidera per sede (un altipiano a settecento o millecinquecento metri sul mare, in Arizona, Nuovo Messico o California), e l’indicazione delle attività mentali e manuali, dei membri della comunità (una comunità vagamente monastica, che costruisca insieme la propria sede e il proprio sistema di idee); e la descrizione dei rapporti fra questi membri (i vecchi di talento, con i giovani insoddisfatti, i frantic executives, gli uomini d’affari, con gli artigiani e gli artisti, e la folla dei dilettanti, degli ospiti, dei ‘coordinatori).
Soleri prevede perfino in modo esattamente le ‘entrate’ e le ‘uscite’ nella vita della sua comunità. Ne indica gli alti scopi e insieme ne descrive le possibili degenerazioni e il fallimento (nel ridursi, ad esempio, a una fantasia disneyana, meno divertente dell’originale). Il sogno, che pare crescere di dimensioni mentre Soleri lo descrive, arriva al grande viaggio, per il mondo, dell’autore, per far conoscere il progetto della sua città. Sembra un piano fantastico; ha, per garanzia, il talento di chi l’ha creato, e la sua vita.