“Una volta mi venne da pensare che, se si fosse voluto totalmente schiacciare, annientare un uomo, punirlo col castigo più orrendo, tanto che il più efferato assassino dovesse tremarne e anticipatamente averne spavento, sarebbe bastato soltanto conferire al lavoro il carattere di una perfetta, assoluta inutilità e assurdità”. Si potrebbe partire da questo passo di Fëdor Dostoevskij in Memorie di una casa morta per parlare del lavoro, dove un primo Maggio da poco trascorso, ci riporta nel lontano 1866 in Illinois dove affonda le sue radici la festa dei lavoratori. Precario, parcellizzato, sottopagato, determinato, usurante. Il lavoro nel 2021, pre e post pandemia.
Il tempo del lavoro
Produttivo, essenziale e sempre in trasformazione: questo è il lavoro nella storia. Dalla tela di Pellizza da Volpedo raccontiamo il coraggio di donne e uomini che hanno lottato per un futuro diverso.
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- Valentina Petrucci
- 07 maggio 2021
Ogni età ha un’arte speciale. L’artista deve studiare la società in cui vive e capire l’arte che gli è data.
“Ogni età ha un’arte speciale. L’artista deve studiare la società in cui vive e capire l’arte che gli è data”. È con questa riflessione che il pittore piemontese Giuseppe Pellizza da Volpedo si prepara a realizzare Il Quarto Stato, opera simbolo della pittura e della società del XX secolo. Dopo aver assistito ad una manifestazione di protesta degli operai, l’artista inizia ad eseguire una serie di bozzetti dedicati a quell’immagine, alla lotta di quel momento. Dal coraggio e l’eroismo nasce il più grande manifesto che il proletariato possa vantare. Un monumento dipinto al valore.
La parola coraggio deriva dal francese antico corage, a sua volta derivante dal latino cor (cuore), dove si pensava risiedessero tutti i sentimenti e che fosse la fonte dei più profondi desideri dell’uomo, una sorta di camera di riscaldamento per gli spiriti vitali del corpo.
L’opera così mette in scena un gruppo di braccianti in marcia in segno di protesta in una piazza, con molta probabilità quella di Malaspina di Volpedo. Uomini e donne in lotta, con l’obiettivo comune di rendere la propria vita più dignitosa.
Un trittico di figure al centro. Una donna con in braccio un bambino, il cui gesto della mano incita a procedere al gruppo di figure alle sue spalle, i panneggi dei suoi abiti seguono il movimento, un’eroina che allo stesso tempo rappresenta una maternità religiosa. Al centro un giovane uomo, fiero e determinato, che viene dipinto con una mano nella tasca mentre l’altra sorregge la giacca alle sue spalle con estrema eleganza. All’estrema sinistra un uomo più anziano, appare stanco ma deciso. Tre figure, tre età, che si sforzano di dare forma e sicurezza alle loro vite in ottemperanza alle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. I lavoratori avanzano compatti, illuminati da una luce più intensa in testa al corteo, mentre nel fondo le figure sono oscurate e sfocate. Una metafora, dove i lavoratori escono dall’oscurità dell’ignoranza, una realizzazione pittorica di speranza rivoluzionaria.
Una linea retta immaginaria unisce gli ultimi personaggi sullo sfondo, mentre la linea curva rappresentata da un’architettura immaginaria, che nasce ai lati dell’opera e si chiude sulle loro teste, da spinta e forza al dipinto nell’avanzata inesorabile. In origine il dipinto doveva essere intitolato Ambasciatori della pace e poi Il cammino dei lavoratori. Pellizza da Volpedo scelse successivamente il titolo di Quarto Stato per fare riferimento alla classe lavoratrice come identificata durante la rivoluzione francese. L’opera pone enfasi sulla forza d’animo dei personaggi, sulle loro capacità di affrontare le difficoltà realizzando se stessi. Questo è l’eroismo, il coraggio, che non riguarda solo i grandi uomini a cavallo, ma che sia qualcosa a cui tutti quanti possiamo aspirare.
Immagine di apertura: Il Quarto Stato, Giuseppe Pellizza da Volpedo. Olio su tela, 1898-1901.