Gli spazi postindustriali di Armada a Milano, si risvoltano verso l’esterno e, per la prima volta, dall’apertura ufficiale avvenuta nel 2014, sono stati disposti interventi che anticipano fortemente gli spazi viscerali della galleria. Spazi che sono stati insinuati e, talvolta vissuti, da artisti come Gerasimos Floratos, Ilaria Vinci, Jaya Howey, 1-0-2, Massimo Vaschetto, Drumotor, Marco Pio Mucci e Andreas Dobler, ma anche Franco Angeli e Cheng Rang.
Marco Conoci. “Sotto copertura” alla galleria Armada
La prima personale dell’artista a Milano si confonde con l’ambiente, annullando la soglia di passaggio tra gli spazi esterni e interni di Armada.
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- Ginevra Bria
- 25 luglio 2018
- Milano
Per quanto riguarda “Undercover”, la prima mostra personale di Marco Conoci, l’artista si riferisce al proprio progetto installativo come ad un momento, non a un vero e proprio percorso espositivo, ad un arco temporale all’interno del quale si costruiscono regole e si delinea un campo d’azione. La sua intenzione è quella di eliminare le abitudini del corpo simbolico, che costituisce il centro di Armada. Perché lo scopo finale è di mettere in luce l’impossibilità dell’uomo di possedersi fino in fondo e, allo stesso tempo, di accettare consapevolmente il fatto che ormai la realtà stessa sia già ampiamente simulata. La sua installazione composta da elementi minimi che interpretano i suoni involontari di un luogo si offrono al visitatore come una resistenza invisibile, una forza di opposizione rispetto al luogo, al suo venire percepito, trasformandolo in un paesaggio che non subisce più un’estetica dell’informazione, ma che manipola direttamente il simulacro della realtà.
Il fine ultimo diventa dunque azzerare ogni mediazione con l’ambiente inserendo, ad esempio, campane tubolari da giardino modificate, ironizzate, assemblaggi che per quanto mutati nelle loro funzionalità rimangono comunque attivi all’interno della percezione umana, imminente, quasi fossero iper-reali. In questo contesto i visitatori si trovano nella particolare condizione di non percepire inizialmente tutti gli elementi presentati, come se fossero già parte del luogo. Ma, mano a mano che ci si addentra nel cortile, che si ritorna ad avere una memoria o solo un’impressione di quel che realmente è, o è stato, quando si torna ad abitarne il suo tempo ci si rende conto dei continui cedimenti strutturali del sensibile, apportati liminalmente da Conoci.
Da un lato c’è l’azione sotto copertura di un mondo speculativo che dirotta e controlla la nostra sfera fisica ed emotiva al solo scopo di espropriarla. Dall’altro è presente un diverso modo di essere dell’oggetto, costretto sotto copertura perché esposto al rischio di diventare una moda o una forma di spettacolo – come succede al bouquet di fiori appassiti – al solo scopo di far risorgere la sua intrinseca poesia. Quante mostre vediamo realizzate al solo scopo di massimizzare i propri risultati ed entrare efficacemente nel sistema produttivo dell’arte? Quanto velocemente vengono consumati artisti e opere? Non lo sapremo mai, ma le risposte di “Undercover” risiedono nel tempo della sua fruizione, nell’attimo che ci rende vigili.
- Undercover
- Marco Conoci
- Armada
- 8 giugno – 31 luglio 2018
- via Privata Don Bartolomeo Grazioli 73, Milano