Prima di entrare nella sala espositiva un cartello ci avvisa che è bene prepararci all’oscurità, per esplorare un ambiente profondamente diverso da quello in cui siamo abituati a muoverci. Il passaggio, superata una tenda nera, è netto rispetto al resto del museo. Il buio totale, interrotto da poche luci che segnano la presenza di opere d’arte e strumenti scientifici, ci costringe a costruire un nuovo orientamento, in un luogo in cui è l’apparente vuoto a far da protagonista. Un ambiente che ci invita a prendere bruscamente le distanze dal caos cittadino per immergerci in una dimensione altra, sacrale. Stiamo visitando la mostra “Gravity. Immaginare l’universo dopo Einstein”, curata al MAXXI di Roma da un team interdisciplinare formato dalla storica dell’arte Luigia Lonardelli in sinergia con Vincenzo Napolano dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Andrea Zanini dell’Agenzia Spaziale Italiana, con la consulenza scientifica di Giovanni Amelino-Camelia.
Al MAXXI, Tomás Saraceno immagina una nuova era dopo l’Antropocene
Arte, scienza e le relazioni che compongono l’universo sono al centro della mostra al MAXXI di Roma. La recensione di Emilia Giorgi anticipa i temi del numero di aprile: vuoto, spazio e ignoto.
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- Emilia Giorgi
- 30 marzo 2018
- Roma
Alcune delle menti più brillanti della ricerca italiana a lavoro insieme per un grande obiettivo: “A 100 anni dalla Teoria della relatività generale di Albert Einstein che ha modificato radicalmente la cosmologia, la mostra analizza e mette in scena le molteplici connessioni tra arte e scienza, evidenziando l’influenza che ancora oggi la visione dello scienziato tedesco ha sul pensiero e la cultura contemporanea”, ci spiega Luigia Lonardelli. “L’esposizione è frutto di un lavoro serrato durato due anni” – continua la curatrice – “in cui la dialettica tra indagine artistica e scientifica è stata essenziale per tentare di svelare a un pubblico vasto le profondità sottese all’universo conosciuto e i complessi meccanismi che legano, con un ruolo ugualmente determinante, scienziati, artisti e filosofi nella ricerca della conoscenza.”
Il viaggio inizia con 3 stoppages étalon, un’opera del 1913 con cui Marcel Duchamp, influenzato dalle ricerche dell’epoca mette in discussione l’oggettività della conoscenza scientifica, ripensando l’unità di misura standard, il metro. Nel percorso, punteggiato da reperti e strumenti scientifici come il cannocchiale di Galileo o lo Specchio di Virgo, installazioni educative interattive come la Buca gravitazionale e Curvare lo spazio, attraverso cui il pubblico può sperimentare le dinamiche gravitazionali ed “entrare” nello spazio-tempo, emergono nel buio le opere di artisti come Laurent Grasso, Allora & Calzadilla, Peter Fischli e David Weiss. Ma nella mostra il vero protagonista è l’argentino Tomás Saraceno che qui veste il ruolo inedito di autore e curatorial advisor al contempo, ideatore della vasta e composita installazione Cosmic Concert – The Tuning Illusion che mette in risonanza una costellazione di opere e oggetti scientifici provenienti dalla sua collezione privata, per tentare di dare una forma concreta con suoni, vibrazioni e segnali visivi alla struttura di relazioni di cui è composto l’universo.
Come ci racconta Luigia Lonardelli, “L’idea è quella di superare il concetto di opera d’arte come didascalia descrittiva del pensiero scientifico. Abbiamo chiesto a Tomás Saraceno, un autore con un importante background scientifico, d’interpretare la nostra idea curatoriale. Tomás ha avuto una funzione decisamente originale perché ci ha offerto idee generali su come impostare la mostra sin dai primi passi, soprattutto nella costruzione dello spazio espositivo, in relazione alla luce e al suono, centrali nel suo lavoro. L’artista ha potuto lavorare con assoluta libertà, dando vita a un’unica grande opera punteggiata da oggetti diversi, che si può attraversare come quando si passa da un pensiero all’altro, senza soluzione di continuità.” Tra le installazioni, una delle più suggestive è Echoes of the Arachnid Orchestra with Cosmic Dust, che ruota intorno a un sistema di ragnatele abitate da una Nephila Senegalensis il cui lavorio di tessitura è amplificato da una sofisticata tecnologia audio. L’opera dialoga con Social Supernova Catcher che si basa su un interferometro modificato dallo stesso Saraceno per visualizzare gli impercettibili movimenti del ragno sulla tela e del pubblico in sala, mentre KM3NeT è capace di svelare i suoni captati dagli abissi dal telescopio sottomarino Km3, posizionato a 3.500 metri di profondità a largo delle coste siciliane. Quest’ultima opera è l’esito di una collaborazione inedita con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Nel periodo di apertura della mostra, grazie al contributo di Alessandro Coco a Roma e di Studio Folder (Marco Ferrari ed Elisa Pasqual) sulle Alpi della Valgardena, lo Studio Saraceno ha gestito il lancio in Italia di due Aerocene Explorer, sculture fluttuanti che si librano verso il cielo, utilizzando l’energia del Sole e del vento, per dichiarare la possibile indipendenza dai combustibili fossili e celebrare la potenza della natura. Il progetto Aerocene è una ricerca portata avanti da un collettivo interdisciplinare che fa capo allo studio per esplorare l’aria in cui siamo immersi e aprire la strada per la futura creazione di veicoli eccezionalmente sostenibili. Saraceno, come artista, in dialogo con il mondo della ricerca scientifica, ha la libertà unica d’immaginare una nuova era, dopo l’Antropocene.
- Gravity. Imaging the Universe after Einstein
- 2 dicembre 2017 – 29 aprile 2018
- Luigia Lonardelli, Vincenzo Napolano, Andrea Zanini
- Giovanni Amelino-Camelia
- MAXXI, Gallery 4
- via Guido Reni 4A, Roma