NON NON NON è la prima retrospettiva in Italia dedicata alla coppia di artisti Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Compongono le tre sezioni della mostra sette film e un gruppo di acquerelli e disegni provenienti dal corpus di opere prodotto dagli artisti negli ultimi quarant'anni. Mentre si cammina tra le monumentali navate dell'Hangar Bicocca, le installazioni di Gianikian e Ricci Lucchi invitano a un percorso iniziatico di comprensione della condizione umana, attraverso l'analisi e la decostruzione delle immagini presentate. Complice di questa esperienza è il calibratissimo dialogo tra opere e spazi, creato dai curatori della mostra Andrea Lissoni e Chiara Bertola. Il titolo NON NON NON riprende il testo-manifesto redatto in uno degli acquerelli di Ricci Lucchi, nel quale, rifuggendo da categorizzazioni semplicistiche del loro lavoro, gli artisti sottolineano la loro urgenza primaria a riflettere sulla contemporaneità. Può sembrare una contraddizione, ma è proprio questa prospettiva che spinge Gianikian e Ricci Lucchi a collezionare, scandagliare, catalogare, ri-fotografare e manipolare centinaia di pellicole di archivi abbandonati della prima metà del XX secolo.
I filmati, provenienti da diversi Paesi europei, sono in parte amatoriali, girati da colonizzatori europei in Africa o in Estremo Oriente o da soldati al fronte durante la Prima Guerra Mondiale; e in parte realizzati da operatori professionisti, come Luca Comerio (1878-1940), pioniere del cinema documentario italiano. Il dispositivo della "Camera Analitica" inventato dagli artisti permette di riproiettare, ri-fotografare e rimontare i delicati fotogrammi originali collezionati e farli diventare matrici dei loro film. Analizzati uno per uno, i singoli fotogrammi compongono film che ricorrono alle tecniche del cinema sperimentale: ingrandimento di sezioni specifiche del fotogramma, colorazione diretta del film, cambio di velocità dello scorrere della pellicola, ecc. Dall'analisi del materiale storico inizia la comprensione del presente.
Gianikian e Ricci Lucchi: NON NON NON
Riapre l'Hangar Bicocca con la prima retrospettiva italiana della coppia di artisti, un percorso iniziatico di comprensione della condizione umana attraverso la collezione, catalogazione e manipolazione di centinaia di pellicole di archivi abbandonati della prima metà del XX secolo.
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- Stefano Collicelli Cagol
- 11 aprile 2012
- Milano
Entrando nella navata dell'Hangar Bicocca, un sottofondo musicale magmatico accoglie i visitatori e anticipa la maestosa installazione La Marcia dell'Uomo, commissionata da Harald Szeemann per la Biennale di Venezia del 2001. Tre grandi schermi posizionati a terra uno dietro all'altro a scandire la navata di destra, invitano il visitatore stesso a mettersi in cammino lungo le tappe di questa marcia. Il primo film – realizzato con 32 fotogrammi (due secondi), del 1895, tratti dal materiale di ricerche cronofotografiche del pioniere del cinema Etienne-Jules Marey – mostra un gruppo di Africani sfilare di fronte alla macchina da presa contro un telo bianco. La neutralità della ripresa scientifica sembra suggerire un'ingenuità ancora presente nel mezzo cinematografico, già perduta nel film del secondo schermo: Africa, 1910, in parte ridipinto con un giallo acido, una scena di caccia e un banchetto in cui un gruppo di africani è costretto a vestire con fogge occidentali, il film mette in evidenza la consapevolezza della cinepresa nel rappresentare le relazioni di potere esistenti tra colonizzatori e colonizzati. La marcia si conclude negli anni Sessanta: immerso in un fortissimo colore fuxia, il terzo film presenta un turista con occhiali da sole che, fiero, si fa fotografare tra due donne africane a seno scoperto. Ecco che la violenza del secondo film si banalizza nell'atteggiamento beota del turista che ci guarda e ci riguarda.
La seconda sezione della mostra è nel Cubo, uno spazio voltato a botte, occupato da tre schermi giganteschi, inquadrati da eleganti cornici nere che concorrono a restituire la dimensione pittorica dei film proiettati. Cinque opere diverse si alternano sugli schermi, utilizzando di volta in volta un numero differente di proiezioni e regalando un'esperienza che lascia senza fiato. L'insensatezza della guerra, delle logiche colonialiste e della violenza dell'uomo sull'uomo viene presentata nei cinque film non solo nei suoi aspetti più visibili e crudeli, ma anche attraverso la messa a fuoco di piccoli gesti senza importanza compiuti dai protagonisti: gesti che svelano come la violenza sia iscritta nella quotidianità stessa dei dominatori. Gianikian e Ricci Lucchi si prendono cura delle immagini nascoste tra i veloci passaggi di fotogramma, dando forma visiva al concetto di pietas: è a un nuovo esercizio della vista che queste opere ci chiamano.
Analizzati uno per uno, i singoli fotogrammi compongono film che ricorrono alle tecniche del cinema sperimentale: ingrandimento di sezioni specifiche del fotogramma, colorazione diretta del film, cambio di velocità dello scorrere della pellicola. Dall'analisi del materiale storico inizia la comprensione del presente.
Riemersi dal Cubo, un padiglione temporaneo all'estremità opposta della navata di sinistra (opportunamente lasciata vuota dai curatori, sorta di camera di decompressione) ospita una serie di acquerelli realizzati da Angela Ricci Lucchi e la proiezione Carrousel de Jeux (2005). Il film presenta la sterminata collezione di giocattoli dei primi del Novecento appartenente alla coppia di artisti. Un documento sulla capacità delle ideologie di iscriversi dentro gli oggetti più insignificanti, Carrousel de Jeux riecheggia anche l'installazione Shadow Play di Hans-Peter Feldmann, presentata all'inizio degli spazi espositivi dell'Hangar. La serie di acquerelli di Ricci Lucchi restituisce il massiccio lavoro di ricerca e documentazione eseguito dalla coppia in preparazione di ogni film. Alcuni acquerelli servono da guida per l'organizzazione dei materiali dei film, altri nascono da alcune immagini estrapolate dai fotogrammi. Preziosissimo è poi il rotolo con minuti disegni ispirati alle storie armene raccontate ad Angela dal padre di Yervant. NON NON NON è una mostra potente, che inserisce definitivamente l'opera di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi tra le pietre miliari dell'arte del nostro tempo.