Francesca Picchi:
Abbiamo cominciato col chiederci cos'è il denaro. Anche soltanto
dal punto di vista di materiale e tecnologico, il denaro è un oggetto
sofisticato: basta considerare i metodi anticontraffazione adottati
dalle più recenti emissioni di biglietti da 5 dollari o dal nuovo corso
delle banconote giapponesi, con le tecnologie delle filigrane, degli
inchiostri cangianti o dei tipi di carta.
Senza entrare nel merito del fatto se il denaro sia da considerare
segno o merce, in ogni caso, convenzionalmente gli vengono
riconosciute tre funzioni principali: misura dei valori, mezzo
di circolazione, riserva di valore. Innanzitutto cioè il denaro deve
essere prezioso, nel senso che deve esprimere valore.
È significativo, in questo senso, che gli indiani del Nord America,
per esempio, usassero come denaro la pelle di castoro che corrispondeva
all'oggetto di maggior valore in grado di circolare all'interno
di quel ristretto gruppo sociale. Per sua natura, poi, il denaro deve
essere omogeneo e durevole: è progettato per mantenere inalterate
nel tempo le sue caratteristiche fisiche per salvaguardare la funzione
di misura dei valori. Infine deve essere accettato da tutti in cambio
di qualunque merce in quanto mezzo di circolazione.
Venendo alla questione della durevolezza del denaro, in molti
dei tuoi lavori hai messo alla prova questo carattere di resistenza
della cartamoneta, arrivando a classificare i processi per manomettere
la sua consistenza fisica. Mi riferisco al lavoro Metodi per una
alterazione irreversibile del denaro, che hai firmato con Paul Griffiths.
Cesare Pietroiusti:
Metodi per una alterazione irreversibile del denaro è il primo dei
lavori in cui affronto il tema del denaro. È consistito in una specie
di open call attraverso la quale abbiamo chiesto, a chiunque volesse,
di mandarci una banconota a corso legale, ciascuno dal proprio
paese, con l'unica clausola che il valore di questa banconota fosse
considerato rilevante dalla persona che la stava mandando.
Nel frattempo abbiamo studiato tutti i possibili metodi fisici, chimici
e biologici per alterare irreversibilmente queste banconote. Il nostro
impegno era che avremmo restituito a ciascun mittente i residui
di questa 'trasformazione', corredati da un certificato.
Abbiamo ricevuto un centinaio di banconote da ogni angolo
del pianeta e, nel corso di una performance che si è tenuta alla galleria
Trafo di Budapest, le abbiamo distrutte, o comunque siamo intervenuti,
su di esse in vari modi. Dopodiché tutte le banconote sono state
esposte, ciascuna con una didascalia che definiva la modalità della
trasformazione, e dopo la mostra sono state restituite a coloro che
ce le avevano mandate.
le avevano mandate.
A un primo livello si trattava di intervenire su un tabù, ossia
mettere in discussione, sfidare, un valore condiviso – quello economico,
del denaro appunto – attraverso l'interferenza e la sovrapposizione
di un altro valore, quello artistico.
A un secondo livello il denaro, proprio in quanto equivalente
generale si porta appresso una componente feticistica. Esso
è un oggetto fisico, ma anche un oggetto astratto e possiede delle
caratteristiche che vanno ben al di là della sua materialità. Il nostro
lavoro in qualche modo restituisce al denaro la sua componente
materiale mettendone in evidenza il colore, la carta, le colle, il design
ecc. A posteriori direi che è addirittura emersa una componente
nostalgica per ciò che il denaro si avvia a non essere più (così almeno
sembrava fino a poco tempo fa...). Proprio in quello stesso periodo,
casualmente, è accaduto che le transazioni elettroniche per la prima
volta superassero le transazioni in denaro reale.
FP
Dato l'approccio scientifico all'opera di distruzione, qual è stata
la reazione fisica della materia delle banconote?
CP
Nessuna carta che io conosca è in grado di resistere agli acidi quanto
la carta moneta, soprattutto le banconote di più recente emissione,
gli euro o i nuovi dollari. L'acido solforico, per esempio, su qualsiasi
tipo di carta produce istantaneamente danni evidentissimi, sulle
banconote, invece, deve agire a lungo prima di produrre un'azione
corrosiva. Questa resistenza però consente, per così dire, di attuare,
attraverso la cancellatura, un tipo di disegno "per sottrazione".
Nel corso del progetto abbiamo sperimentato diversi strumenti
e metodi per "trasformare" le banconote: le forbici per tagliare,
il fuoco per bruciare, le mani per stropicciare – una, due volte,
15 volte, un'ora di stropicciamento – e così via.
Uno di questi sistemi era la masticazione. Partendo da ciò,
abbiamo messo a punto il lavoro chiamato Eating Money. Abbiamo
organizzato un'asta in cui le offerte dovevano essere corrispondenti
alla somma di due banconote: dall'offerta minima di 10 euro (5+5)
si può salire fino a 1.000 euro (500+500). Quando la persona che ha
fatto l'offerta più alta ci consegna le due banconote corrispondenti,
noi in diretta, di fronte al pubblico, le mastichiamo un po' e, aiutandoci
con un bicchiere d'acqua, le deglutiamo. Insomma le mangiamo, con
la promessa però che, una volta recuperate dalle feci, le restituiremo
alla persona che si è aggiudicata l'asta. La transazione è siglata da un
certificato che assicura l'autenticità dell'opera.
Una cosa interessante per me è stato il pensiero associato al
'sentire' l'attraversamento di questo corpo estraneo. L'incorporazione,
la nausea, l'attesa, l'espulsione, la cura… in qualche modo mi sono
sentito 'gravido' ed era come se la nascita di quest'opera fosse, non
solo metaforicamente, un parto. Al di là di ogni aspetto ideologico
contro il denaro come segno e simbolo, insomma, questo pezzo
di carta chiuso dentro di te stimola una dimensione affettiva
inaspettata.
Nel lavoro invece che ho fatto per la mostra "Arte, Prezzo
e Valore", a Palazzo Strozzi a Firenze, all'azione distruttiva sulla
banconota, si accompagna un'altra pratica che ho sperimentato
negli ultimi anni, che è quella della distribuzione gratuita delle opere.
In mostra, una parete di 9 metri per 3 raccoglie 3.000 banconote
in dollari di piccolo taglio su cui sono intervenuto singolarmente
con l'acido solforico. Ogni visitatore può scegliere una banconota,
staccarla dalla parete e portarsela via.
L'idea che la sintesi estetica, rappresentata dalla composizione
unitaria delle tremila banconote, venga intaccata pezzo dopo pezzo,
fino a essere letteralmente svuotata, mette in discussione l'opera
d'arte quale oggetto museale immodificabile, offerto alla
contemplazione feticista del pubblico. In qualche modo si tratta
di un secondo livello 'distruttivo'. Dopo l'aggressione alla
banconota: l'aggressione all'opera. Allo stesso tempo, però, l'atto di distribuzione rappresenta anche una moltiplicazione
dell'opera stessa. Quell'installazione non può più stare in un museo,
in compenso sta nelle tasche di tremila persone. Con questo non
voglio sostenere che bisognerebbe portarsi via un pezzo di un quadro
di Pollock ogni volta che si va al MoMA. Penso però che questo lavoro
esprima una funzione alternativa a quella della contemplazione.
FP
La questione del valore, dell'autorialità e della partecipazione in
generale mi sembra centrale anche nel lavoro Disponibilità della
cosa che stai curando con Stefano Arienti al MAMbo di Bologna.
Ce ne vuoi parlare?
CP
Conosco Stefano Arienti da molto tempo e ricordavo un suo lavoro
con i Dinari jugoslavi negli anni Ottanta: mi aveva colpito per come
agiva sul tabù del denaro. Così quando il MAMbo ci ha proposto di
fare un lavoro insieme, è nata l'idea di una scultura la cui materia è
costituita interamente da banconote da cinquanta euro. Si tratta di
un'opera a partecipazione collettiva perché chiunque, dandoci una
banconota, entra nell'operazione e diventa, secondo la terminologia
legale, "conferente". In cambio riceve un contratto e un certificato
numerato e firmato dagli artisti che può essere considerato, a tutti
gli effetti, un multiplo. Da parte nostra ci impegniamo, nel caso in
cui questa scultura venga venduta (ovviamente a un prezzo superiore
a quello della somma delle banconote che la compongono), a dividere
con i conferenti gli utili derivanti dal plusvalore artistico. In questo
lavoro abbiamo coinvolto, in qualità di coautore, Paolo Bergmann,
un avvocato che ha curato tutto l'aspetto contrattuale e ci ha aiutato
a definire questa raccolta di denaro come un'associazione con
compartecipazione agli utili: la "disponibilità della cosa" consiste
nel fatto che in qualsiasi momento la persona che ci ha dato la cosa –
cioè la banconota – la può riavere indietro.
FP
Germano Celant ha scritto recentemente che "per il suo valore astratto
e aperto, apparentemente indipendente dal contesto sociale, l'arte è
il medium perfetto per una libera circolazione del 'valore finanziario'.
Siccome non appartiene a un luogo, a un'etnia, a una nazione o a una
religione, è destinata a entrare nei flussi che
attraversano l'intero pianeta e può diventare la vera moneta globale".
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi perché tra valore artistico e valore
dell'opera in termini di quotazioni di mercato si genera un'ambiguità
difficile da sciogliere.
CP
Indubbiamente, è molto interessante quello che dice Celant, però io
affronterei il problema da un punto di vista leggermente diverso.
Il problema non è tanto "sostituire il denaro con l'arte", quanto quello
di provare a pensare che la misurazione del valore attraverso il denaro
non sia l'unica possibile. Proviamo a sperimentare qualcos'altro,
proviamo a vedere cosa succede quando le regole vengono messe
in gioco, proviamo a fare giocare l'arbitro!
Nel sistema dell'arte, per esempio, persiste l'idea che il valore
dell'opera sia legato alla rarità del pezzo. Allora io dico: "Proviamo
a vedere se produrre un numero spropositato di opere corrisponderà
a una diminuzione del valore economico di questi lavori, o del mio
lavoro in generale come artista". Io non credo che la legge della
domanda e dell'offerta possa regolare i meccanismi dell'arte.
Su questo punto si possono sperimentare innumerevoli variazioni.
Una delle ultime distribuzioni gratuite di disegni che ho organizzato
a Lubiana, per la Moderna Galerija, riguarda, per esempio, il tema
del possesso temporaneo. Ho distribuito per tutta la città 10.000
disegni su cui è scritto che ogni possessore, in qualsiasi momento,
si impegna a cedere il disegno stesso a chiunque si mostri interessato
a possederlo. Forse nel caso di quest'opera il valore non consiste
tanto nell'oggetto artistico di per sé, quanto nella sua libera
circolazione fra le persone. L'operazione artistica non consiste nello
stabilire nuovi rapporti sociali, quanto nel far riflettere sui meccanismi
che li determinano e nel modificare i punti di vista da cui siamo
abituati a guardarli, nell'invito a mettersi di lato, invece che restarci
sempre e necessariamente dentro.
Metodi per una alterazione irreversibile del denaro
Intervista a Cesare Pietroiusti.
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- 18 febbraio 2009