Dopo una lunga stagione di impiego disinibito di fonti energetiche fossili e di consumi spropositati e indifferenti all’impatto ambientale, l’epoca contemporanea vive un nuovo entusiasmo “rivoluzionario” (dopo quello per la macchina a vapore e l’elettricità): è la (s)volta della sostenibilità ambientale che, soprattutto nel settore edile (tra i più climalteranti ed energivori), apre il campo a tecniche di progettazione e tecnologie per ridurre l’impronta ecologica del costruito massimizzandone efficienza energetica e confort microclimatico a fronte dell’ abbattimento di consumi e costi gestionali. Una sensibilità condivisa dalle attuali politiche di contrasto al consumo di suolo che, per ragioni di limiti fisici (ed etici) connessi alla sempre minore disponibilità di territorio libero, spingono alla rigenerazione del patrimonio edilizio esistente e a prolungarne il ciclo di vita utile, laddove in passato si sarebbe più disinvoltamente proceduto alla demolizione. Il termine “retrofitting”, a differenza del più riduttivo “ristrutturazione”, è stato adottato dal mercato per indicare gli aggiornamenti di edifici esistenti agli standard tecnici attuali non solo dal punto di vista spaziale ma anche tecnologico, attraverso la sostituzione o il miglioramento di partizioni, chiusure, elementi e impianti per potenziare la funzionalità, le prestazioni energetiche e talvolta anche la fisionomia architettonica del fabbricato. L’involucro, quale interfaccia tra interno ed esterno e superficie potenzialmente a rischio delle massime dispersioni, è un tema centrale nella progettazione di interventi di retrofit: isolamento termoacustico, tenuta degli infissi, schermatura solare, riduzione dei ponti termici sono questioni progettuali imprescindibili nel processo compositivo. Domus ha rintracciato alcuni esempi celebri di architetture in attesa di rinnovamento e resuscitate da brillanti operazioni di retrofitting: dagli interventi “filologici” su edifici iconici (Park Associati, Gioiaotto; Bg&k, Torre GalFa; McAslan+Partners e Arup, Burrell Collection; G-Studio, Villa Rossi), a quelli “sbrigliati” da vincoli formali che riscrivono completamente l’identità visiva e fruitiva di edifici anonimi o degradati (Lacaton&Vassal, Grand Parc; Mvrdv, Haus1). Immagine di apertura: Studio bg&k associati, Torre GalFa, Milano, Italia 2021. Foto Courtesy of Studio bg&k associati
Che cos’è il retrofitting, in 6 progetti d’autore, dalla Torre Galfa a Mvrdv
Per esplorare il ruolo chiave del retrofitting nella definizione delle città, Domus ha selezionato sei progetti contemporanei che hanno riqualificato spazialmente ed energeticamente immobili obsoleti, instillandovi nuove energie funzionali e valorizzandone (o riscrivendone) l’identità visiva.
Foto Nicola Colella
Foto Nicola Colella
Domus 1067, aprile 2022
Domus 1067, aprile 2022
Foto Courtesy of bg&k associati
Foto Courtesy of bg&k associati
Foto Jean-Pierre Dalbéra da Flickr
Foto Anthony O’Neil da wikimedia commons
Foto Paolo Mazzo
Foto Paolo Mazzo
Foto courtesy of Fabrix
Foto courtesy of Fabrix
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- Chiara Testoni
- 01 aprile 2025
Il progetto scaturisce da un’analisi filologica dell’esistente, il “Residence Porta Nuova” progettato da Marco Zanuso e Pietro Crescini e completato nel 1973, che ha segnato una tappa importante nel processo trasformativo dell’area di Porta Nuova. Nell’ambito dell’intervento di riuso a destinazione direzionale e ricettiva, lo studio ha inteso migliorare la flessibilità e la luminosità degli ambienti e riqualificare energeticamente il complesso attraverso la revisione di impianti e involucro edilizio, preservando i caratteri costruttivi e figurativi originari (dalle facciate scandite da marcapiano in cemento prefabbricato, agli elementi in cemento a vista, vetro, acciaio e legno). Particolare attenzione è stata rivolta alla riprogettazione dell’involucro con fasce vetrate continue. La facciata a piano terra ha un ritmo di moduli trasparenti in alternanza a parti opache strutturali coperte da serramenti serigrafati; al piano tipo, il serramento si tripartisce in verticale in una parte superiore, opaca ed inclinata per indirizzare la luce naturale verso il soffitto, in una parte centrale trasparente e apribile e in una parte inferiore per archivi e fancoil. Gioiaotto è stato il primo edificio certificato Leed Platinum a Milano.
Il progetto riguarda la trasformazione di tre edifici tra i 10 e i 15 piani nel quartiere Grand Parc di Bordeaux, sorto agli inizi degli anni ’60 su impostazione urbanistica ispirata alle teorie di Le Corbusier in termini di viabilità ortogonale, dotazione di aree verdi e edifici multipiano con alloggi standardizzati e tecniche prefabbricate. L’intervento di retrofit ha inteso migliorare la qualità abitativa e il confort microclimatico degli alloggi, attraverso un approccio “additivo” ad alta efficienza e basso costo senza “stravolgere” il contesto esistente. L’apposizione sul fronte di un nuovo volume traslucido, profondo 3,80 m, non riscaldato e sostenuto da una struttura autoportante prefabbricata, connesso agli alloggi attraverso nuove vetrate ricavate dalla parziale demolizione dei fronti, consente di incrementare lo spazio abitabile e incide sul suo comportamento energetico: d’inverno il volume si comporta come una serra a guadagno diretto in cui la captazione della radiazione solare avviene attraverso l’ampia superficie trasparente in pannelli scorrevoli di policarbonato con tende ombreggianti; durante l’estate, l’apertura dei pannelli scorrevoli e delle vetrate interne favorisce flussi di ventilazione naturale.
L’iconico grattacielo per uffici progettato da Melchiorre Bega e completato nel 1959 all’incrocio tra via Galvani e via Fara (dalla cui crasi trae il nome), dopo alterne vicende connesse a cambi di proprietà, decenni di abbandono e un’occupazione abusiva (nel 2012), è stato restituito alla città grazie al progetto di bg&k (arch. Maurice Kanah) che ha preservato la proporzione compositiva, l’eleganza strutturale e la semplicità dei fronti del progetto originario. L’intervento di restauro, risanamento e rifunzionalizzazione ha riguardato un nuovo mix funzionale: ricettivo/alberghiero (hotel 4 stelle da 145 camere, fino al 12° piano), residenziale (75 appartamenti di taglio variabile dal 13° al 30° piano) e commerciale (al piano interrato, una palestra). Le tecnologie rinnovabili (micro-eolico, fotovoltaico e geotermico), insieme al nuovo involucro altamente performante (oggetto di un re-cladding di facciata, con nuove cellule altamente performanti), conferiscono alla torre efficienza energetica e rinnovata funzionalità. La torre è stata dichiarata conforme al sistema di classificazione Beem® In-Use e ha ottenuto un giudizio “excellent”, raggiungendo una classe energetica A (27 kWh/mq anno).
L’ edificio post-bellico in arenaria rossa del Dumfriesshire, cemento, acciaio inossidabile, legno e vetro che ospita uno dei musei più ricchi ed eclettici del Regno Unito ha riaperto i battenti grazie al progetto di rinnovamento a firma di John McAslan + Partners per il progetto architettonico e del paesaggio, e Arup per l’ingegnerizzazione degli involucri. L’intervento rispecchia i valori di trasparenza, accessibilità e connessione tra arte e natura perseguiti dal fondatore. Punto cardine del progetto è stato il miglioramento delle prestazioni dell’edificio attraverso un approccio “fabric first” che incrementa le prestazioni dell’esistente in relazione ad efficienza energetica, riduzione dei consumi e caratteristiche termo-igrometriche: dall’impiego di pannelli fotovoltaici in copertura, al riutilizzo dei telai in alluminio esistenti reintegrati con nuove guarnizioni su misura e tagli termici, al riciclo integrale del vetro reimpiegato nel processo edilizio, all’inserimento di un nuovo involucro vetrato ermetico che permette di risparmiare 200 tonnellate di emissioni di carbonio all'anno, consentendo di raggiungere la valutazione Breeam Excellent (risultato significativo per la ristrutturazione di un edificio classificato di Categoria A).
La casa destinata a residenza per i dirigenti dell’Olivetti, completata nel 1961 su disegno di Emilio A. Tarpinio, rientra nel complesso della moderna città industriale di Ivrea, sito UNESCO dal 2018. L’intervento di retrofit a cura di G-Studio ha riguardato una serie di operazioni su singole componenti per adeguare l’edificio ai requisiti contemporanei di confort termo-igrometrico, senza alterare le caratteristiche materiche e figurative originali. Per raggiungere la classe energetica B, si è agito sui tamponamenti, restaurando i serramenti e dotandoli di vetri a bassa emissività, correggendo i ponti termici di pareti e copertura e aumentando la coibentazione. L’immagine della villa è stata preservata attraverso azioni di pulizia, ripristino e consolidamento degli elementi di facciata; negli interni, gli arredi fissi sono stati restaurati e il layout mantenuto con poche modifiche, tra cui l’ampliamento della zona cucina e pranzo e del bagno di servizio.
L’intervento ha riguardato il rinnovamento di un’anonima palazzina di quattro piani di metà degli anni ’90, trasformata in un hub per iniziative ambientali e socioculturali nell’ambito del più vasto progetto degli Atelier Gardens, di cui funge da “cancello” di ingresso. L’edificio, completamente ripensato e connotato da un acceso e insolito colore giallo (soprattutto nella periferia berlinese), ospita al piano terra un caffè/co-working, ai piani superiori uffici e un rooftop con un padiglione in legno clt e un giardino affacciati su Tempelhof e sul paesaggio urbano. Elemento di forte riconoscibilità è la ciclopica scala lunga 57 m che, oltre a servire da scala di sicurezza e fornire accesso diretto alla copertura dedicata ad eventi, è disseminata di sedute e tavolini per incoraggiare la socialità. Il progetto è realizzato con grande attenzione alla sostenibilità ambientale: dai materiali bio-based, al legno sostenibile, agli elementi ad alta componente di riciclo, alle luci a led ad alta efficienza energetica.