“Fondere tutte le campane per farne altrettante rotaie di nuovi treni ultra-veloci”: se fosse ancora tra noi, a Filippo Tommaso Marinetti brillerebbero gli occhi nel vedere i treni e le stazioni dell’Alta Velocità, manifesto dello spettacolare progresso della tecnologia meccanica e infrastrutturale da lui tanto auspicato.
In effetti, per quanto oggi siamo abituati a un flusso sempre più rapido di informazioni e spostamenti – sia materiali sia immateriali - non è comunque insolito stupirsi ancora di come i tempi di trasporto si siano radicalmente ridotti. Siamo certamente “anni luce” dal compiacimento dei viaggiatori romantici del Grand Tour settecentesco che assaporavano il viaggio nella dimensione della lentezza e come fine stesso al di là della meta finale: ma i tempi cambiano, gli umori anche, e oggi è più importante “arrivare prima” che godersi la trasferta.
Nonostante questa “caduta dell’aura” dello spirito del viaggiatore che farebbe storcere il naso a Chatwin, certamente le stazioni dei treni dell’Alta Velocità sono diventate una presenza strategica nel territorio che va ben oltre la necessità di prendere un treno: “cattedrali” iper-tecnologiche spesso progettate con raffinati criteri all’insegna della sostenibilità ambientale, si ergono come “motori” propulsori di sviluppo socio-economico e come strumenti di ricucitura di tessuti urbani disconnessi.
Così, dall’Italia (Stazione di Roma Tiburtina di ABDR; Stazione di Torino Porta Susa di AREP, D’Ascia e Magnaghi; Stazione Mediopadana di Calatrava; Stazione di Napoli Afragola di Hadid), alla Cina (Hong Kong West Kowloon Terminus di Bromberg architects), al Marocco (stazione di Kénitra di D’Ascia), all’Olanda (Rotterdam Centraal Station di Team CS), le architetture per i treni “iper – veloci” stupiscono per grandeur ed efficienza ma resta sempre l’idea un po’ sentimentale che, al di là dei tanti benefici, forse qualcosa di più intimo ed emozionale in una percezione “accelerata” dello spazio da dietro il finestrino vada inevitabilmente perduto: luoghi di vita e di incontro, di integrazione e interazione, o pur sempre “non-luoghi” anonimi e solitari, seppure patinati, come li vedeva Marc Augé?
Immagine in apertura: Santiago Calatrava architects & engineers, Stazione Mediopadana, Reggio Emilia, Italia 2013. Courtesy Santiago Calatrava architects & engineers