Quando ho incontrato Ling Hao, architetto malese che vive e lavora a Singapore – durante i workshop estivi di Porto Academy nel 2018 – abbiamo lungamente parlato dell’esperienza del vivere, nella casa e nella città, in Italia e a Singapore: due parti del mondo con consuetudini e climi molto diversi. Parte dell’esercizio degli studenti del suo corso, che consisteva nel ‘raccogliere’ la matericità della città usando semplicemente un foglio di carta e una matita. Questa operazione non veniva però effettuata tramite il disegno, ma appoggiando invece la carta su una superficie urbana e sfregandoci sopra una mina. La consistenza delle superfici di Porto – una pavimentazione di uno spazio pubblico, o di un muro di una casa in un vicolo – sono state così riportate dagli studenti in scala 1:1, con un risultato tanto vero nella scala quanto astratto figurativamente, ma infine soprattutto poetico.
Quell’operazione è diventata per me uno strumento di lettura del lavoro di Ling Hao che lo scorso aprile Domus ha inserito nella pubblicazione 100+ best architecture firms. I suoi lavori, dai 2,000 m2 di Satay by the Bay (2012, con Kok-Meng Tan e Satoko Saeki di KUU architects) alla scala più ridotta delle sue T House e House 11, convivono con il clima tropicale di Singapore e con un ambiente costruito sviluppatosi in modo quasi violento, dal 1965 in poi.
Quando ho ricevuto il progetto della casa a Highland Road, a Singapore, rimango colpita perché –fatta eccezione per il muro che la cinge, per i bagni e per le stanza da letto – è completamente aperta: una radicalizzazione rispetto alle case precedenti. Gli chiedo se sia comune vivere in uno spazio così aperto e permeabile alle condizioni atmosferiche, a Singapore; ma l’architetto mi risponde che no, non lo è.
Ling Hao mi racconta che la casa nuova è pensata e costruita a partire dalla casa preesistente, realizzata negli anni Cinquanta, una tipologia a schiera tipica di Singapore, a un piano e col tetto a falde. Di quel frutto della produzione industriale e speculativa del paesaggio urbano – che ha portato con sé il costume americano dell’aria condizionata – Hao ha mantenuto principalmente il muro di mattoni esterno, poi intonacato. Ha rimodellato la sagoma di questa sorta di ‘bozzolo’ raccordandone i vari punti con delle forme curvilinee, mantenendo la traforatura che permetteva alla casa di arearsi. “Qui, i venti sono frequenti e la temperatura si attesta tutto l’anno sui 25-30°C. Questo genere di traforature” spiega “erano presenti solo nelle prime realizzazioni di questa tipologia, appunto perché l’aria condizionata non era ancora così diffusa negli anni Cinquanta, come è stato poi a partire dagli anni Ottanta. L’aria condizionata ha avuto degli effetti disastrosi sul tessuto urbano: i retri e i tetti degli edifici e i vicoli più stretti si sono trasformati in mondi alieni, dove gli impianti riversano rumorosamente il loro calore di risulta”.
La casa preesistente, costruita negli anni Cinquanta
“Allora questa casa è una dichiarazione contro l’aria condizionata?”. Hao ride, poi mi racconta della convergenza fra lui e i clienti, una coppia con tre bambini: entrambe le parti volevano sperimentare, con l’obiettivo di dar forma a una casa in cui la vita potesse essere ‘naturale’, nel senso di spontanea e confortevole. Questo è il presupposto di un progetto di uno spazio domestico in cui è centrale l’esperienza fisica e il rapporto con l’ambiente – dal contatto con la pioggia e il vento, alle chiacchiere dei passanti. La fotografie esprimono infatti il senso del progetto, hanno una qualità estetica legata all’esperienza più intima dello spazio abitato, più che – come accade il più delle volte – alla spettacolarizzazione di ciò che si presenta.
- Progetto:
- Casa a Highland Road
- Luogo:
- Highland Road, Singapore
- Programma:
- Edificio residenziale
- Architetti:
- Ling Hao Architects
- Ingegnere strutturale:
- KH Consultants
- Paesaggio:
- Stable Unstable
- Cosruttore:
- Coreform Builder Pte Ltd
- Area del sito:
- 106,14 mq
- Area costruita:
- 152,67 mq
- Altezza edificio:
- 7,3 m