Negli ultimi 150 anni, l’accelerazione nel ritmo dei cambiamenti socioeconomici, ambientali, tecnologici ha fatto spazio all’idea che sia il movimento, più che la stasi, a decodificare le complessità dell’epoca moderna e contemporanea. Una mostra al Maxxi di Roma, curata dallo studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro, ha voluto allora indagare cosa questo significhi in architettura. Sotto giudizio oggi è la firmitas della costruzione (uno dei principi fondativi di Vitruvio), intesa come obsoleta staticità, e messa in discussione da diverse forme di pensiero: dagli approcci meccanicistici affascinati da velocità e progresso tecnico-scientifico – che ritroviamo nelle Avanguardie, nel Movimento Moderno, nelle megastrutture radicali degli anni ’60 e nell’ High Tech – fino a quelli più “organicamente” sensibili alle trasformarsi dei sistemi urbani, tra il Metabolismo giapponese degli anni ‘60 e il grattacielo di Neri Oxman, ecologicamente programmato come simbionte dell’ambiente .
La grande mostra di Diller Scofidio + Renfro a Roma
Dalla Nagakin Capsule Tower a Zaha Hadid, “Architettura instabile”, curata dallo studio newyorkese al Maxxi, analizza il tema del movimento in architettura e offre uno spunto di riflessione sul costruire.
View Article details
- Chiara Testoni
- 29 ottobre 2024
La mostra “Architettura instabile” si inserisce in questo tracciato non nuovo al pensiero architettonico, offrendo un’occasione per fare il punto su un tema ancora oggi attuale, che intravede nell’architettura in movimento una risposta efficace ai flussi della società liquida, alla ricerca perpetua di innovazione e alle emergenze di guerre e disastri naturali.
Non è un caso che a occuparsi di curatela e progetto allestitivo sia lo studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro, e che la location sia proprio il Maxxi.
Con le sue forme saettanti, già l'edificio di Zaha Hadid esprime un’idea di architettura come “campo di linee di forza” (dalle parole della stessa progettista), animato da percorsi articolati, cambi di prospettive e angolazioni inaspettate da cui scaturisce un’unitarietà spaziale dinamica ed energizzante.
Tra performance “cinetiche”, coreografie, architetture mobili e meccaniche, installazioni robotiche, invece, lo studio Diller Scofidio + Renfro ha costruito in oltre 40 anni un ricco portfolio di opere ispirate al movimento, all’insegna della contaminazione tra architettura e altre discipline artistiche. Ricordiamo il “disordine” indotto in elementi e funzioni nell’ambiente domestico tradizionale di Kinney House (1981), la rilettura dell’esperienza della promenade architecturale e della visione in movimento di The Slow House (1991) e dell’ Institute of Contemporary Art (2002), il sovvertimento dei riferimenti visivi e acustici nella percezione dello spazio di The Blur Building (2002) e il cinematismo della struttura telescopica di The Shed che si espande e si contrae a seconda delle esigenze (2019).
La mostra non è un’esposizione “sul” lavoro dello studio ma una riflessione “insieme" allo studio sugli aspetti teorico-culturali del movimento in architettura, in questa sede maturata attraverso un approfondito lavoro di ricerca che confluisce in una raccolta ampiamente documentata di 26 progetti di diversi autori tra l’utopico e il pragmatico, lo sperimentale e l’ecologico. Come afferma la curatrice Elizabeth Diller: “l'invito a curare e progettare una mostra sull'architettura in movimento al Maxxi è stata un'opportunità per coinvolgere la dinamica dell'edificio di Zaha Hadid e, allo stesso tempo, per collocare il lavoro del nostro studio all'interno di una più ampia costellazione di progetti architettonici definiti dalla loro resistenza all'ostinazione dell'inerzia dell'architettura. La stabilità non è sempre una virtù per l'architettura. Il nostro mondo dinamico è plasmato dall'incessante susseguirsi di sconvolgimenti politici, fluttuazioni economiche, riforme sociali, cambiamenti climatici e innovazioni tecnologiche, che rendono l'inerzia dell'architettura una sua responsabilità. Perché l'architettura dovrebbe stare ferma?”.
L'allestimento è pensato allora come una coreografia “cinetica”. In sincronia con i suoni e le immagini, un sistema di tende si muove nella galleria ridefinendone continuamente lo spazio e offrendo al visitatore prospettive mutevoli.
La mostra si articola in quattro sezioni interrelate che declinano l’architettura “instabile” in diverse chiavi: “adattiva”, in grado di evolversi attraverso elementi cinetici, assemblabili e variamente combinabili (dal già citato The Shed, alla Nagakin Capsule Tower di Kisho Kurokawa, all’irrealizzato Fun Palace di Cedric Price); “mobile”, come chi la vive (dall’ufficio gonfiabile di Hans Hollein, al veicolo per senzatetto di Krzystof Wodiczko, alla Makoko Floating School di NLÉ/Kunlé Adeyemi); “azionabile”, i cui elementi possono essere regolati dalla tecnologia (dalla prigione rotante di Montgomery County, alla Maison à Bordeaux di Oma); “ecodinamica”, in dialogo biunivoco con l’ambiente (dalla Villa Girasole di Angelo Invernizzi, all’Institut du Monde Arab di Jean Nouvel).
I modelli in esposizione vengono scolpiti da un’illuminazione calibrata, e troneggiano nello spazio fluido ed essenziale, attirando lo sguardo sulle loro forme, che sarebbero sfidanti per qualsiasi esperto di modellistica.
La mostra vuole contribuire alla riflessione su di un costruire che non sia subordinato concettualmente ad un paradigma di permanenza nello spazio e nel tempo; va anche però ad arricchire la collezione di architettura del museo, con il progetto The Shed di Diller Scofidio + Renfro e la Nakagin Capsule Tower di Kisho Kurokawa, di cui una preziosa “capsula” sopravvissuta alla demolizione verrà esposta nella piazza Alighiero Boetti, in coerenza con il programma di acquisizioni del Maxxi Architettura e Design contemporaneo.