Il futuro del design è nella realtà aumentata?

Abbiamo incontrato Snap, l’azienda di Snapchat che ha presentato un paio di occhiali che fanno vedere il mondo in realtà aumentata, per farci spiegare una tecnologia che presto riguarderà tutti, ma i progettisti per primi.

Le Big Tech e i social media sono stati fra i primi a cogliere il potenziale di intrattenimento della realtà aumentata (AR) e hanno cominciato a sperimentare modi per applicarla alle loro piattaforme con l’intenzione di monetizzarla su larga scala. Per ora, non ci sono ancora riusciti.

Un primo passo in questa direzione, però, è arrivato nel maggio scorso con il lancio di un nuovo prodotto da parte di Snap, la compagnia-genitore della piattaforma social Snapchat, che ha attraversato i suoi anni d’oro in Italia verso la metà dei 2010s ma che rimane, tuttora, molto forte in altri mercati, come quello statunitense.

Il CEO dell’azienda Evan Spiegel ha infatti catturato l’attenzione del settore AR con l’annuncio degli Spectacles 4, l’ultima generazione della linea di smart glasses di Snap (ormai immancabile vezzo di qualsiasi grande compagnia di tech) che sono ad oggi il suo esperimento più ambizioso.

La lente creata da Clay Weishaar per gli Spetacles 4

Si tratta infatti di lenti che permettono di vedere il mondo fisico in realtà aumentata, un traguardo ambito anche dai grandi come Apple e Facebook, i quali parlano di smartglasses AR da tempo ma non hanno ancora portato un prodotto finito sul mercato.

“Questi occhiali permetteranno alle persone di sperimentare l’AR nei loro occhi senza la necessità di utilizzare una fotocamera del cellulare”, ci spiega Jimena Soledad Depresbiteris, una dei creators ufficiali di Snap e fra i pochi ad aver effettivamente utilizzato gli occhiali. Con gli Spectacles 4, infatti, la compagnia non ha guardato alla vendita per il grande pubblico, distribuendoli inece in edizione limitata a selezionati Lens Creators del proprio network, i professionisti che disegnano e codificano le lenti AR, allo scopo di avvicinarli ancora di più al mondo della realtà aumentata e favorire la ricerca nel campo.

“Questa invenzione potrebbe cambiare il modo in cui usiamo l’AR e può avere tanti usi pratici nella nostra vita quotidiana”, continua Depresbiteris. “Immaginate di scannerizzare un prodotto al supermercato semplicemente guardandolo, o di imparare alcune nuove competenze con indicazioni date direttamente davanti ai vostri occhi. Si può anche immaginare uno studente di medicina in grado di vedere l’anatomia di un corpo in tempo reale, o un architetto che trasforma una pianura 2D in una rappresentazione 3D di un appartamento”.

Una creatrice di Snap che indossa gli Spectacles 4

Le lenti come esperienza  

Il caso di impiego della realtà aumentata di Snapchat è particolarmente interessante, in quanto la piattaforma è stata la prima a rendere popolari i filtri in realtà aumentata – così come anche il concetto stesso delle Stories. In poco tempo poi, più o meno tutti gli altri social hanno riprodotto e velocemente padroneggiato le stesse features, come nello spudorato caso di Instagram che ha ormai fatto proprie tutte le funzioni dell’app di Evan Spiegel.

Snap ha allora cominciato a promuoversi, non tanto come social media, quanto come lente. “Snap ha evoluto la macchina fotografica da un pezzo di hardware che salva i ricordi di momenti speciali a un dispositivo che autorizza la comunicazione”, spiega a Domus Alejandro Arenas, Head of Southern Europe a Snap.

L’idea era che offrendo una serie di filtri che alterano l’immagine delle telecamere di un comune smartphone, la piattaforma riesca a creare engagement fra gli utenti che si scambiano immagini o short clips arricchiti dagli effetti delle lenti AR. E Snap (insieme a tutti gli altri) ci è riuscito. Mandarsi foto in cui si appare invecchiati di una 30ina d’anni di botto o clip in cui la nostra immagine si è trasformata in quella del personaggio di un cartone animato è ormai diventata una forma di comunicazione comune, soprattutto fra i Gen Zs e i Millenials più techy.

Alejandro Arenas, Head of Southern Europe a Snap

“La Snap Camera connette il mondo fisico e quello digitale, agendo come una porta d’accesso a internet per la generazione degli smartphone”, continua Arenas. “L’AR ci ha permesso di sviluppare la fotocamera come un’esperienza, per essere intrattenuti, conoscere il mondo intorno a noi, ma anche per attività pratiche come fare acquisti o provare vestiti”.

Infatti, negli ultimi anni, l’azienda ha cominciato a tessere relazioni commerciali con una serie di brand nel settore del beauty, della moda e del lusso, offrendo le proprie lenti (e chiaramente anche il bacino di utenza della piattaforma) come uno strumento importante per la visualizzazione del prodotto, il coinvolgimento del cliente e lo storytelling. Una strategia di marketing e vendita che sembra essere sempre più in espansione.

Per quanto alla nascita l’AR sembrasse principalmente una forma di espressione e intrattenimento, oggi è presto diventato uno strumento applicabile in modi molto vantaggiosi anche alla produttività, al design e all’e-commerce. Secondo un rapporto di ARtillery Intelligence, dopo il Covid, il mercato crescerà a un tasso esponenziale, prevedendo che gli investimenti per l’utilizzo di realtà virtuale e realtà aumentata all’interno delle aziende arriveranno a 4,26 miliardi di dollari entro il 2023.

La lente di Zach Leiberman per gli Spectacles 4

Nuove figure professionali 

È chiaro che le applicazioni di una tecnologia così avanzata, se e quando prenderanno piede nella quotidianità, saranno del tutto rivoluzionarie. Ad accorgersene in fretta è stato l’Istituto Marangoni, la cui School of Design Milano la scorsa primavera ha avviato una serie di workshops dedicati al tema della realtà aumentata, proprio in collaborazione con Snap.

“In questi ultimi anni, stiamo portando all’interno della scuola una serie di attività extra didattiche legate alle nuove tecnologie che possano arricchire le conoscenze degli studenti e mostrare loro quali sono le nuove opportunità offerte dal mondo del digitale”, spiega Sergio Nava, Direttore dell’Educazione alla Marangoni School of Design Milano.

La lente sviluppata da Lauren Cason

L’istituto sta infatti tentando di esplorare come queste tecnologie possano entrare all’interno delle dinamiche di un’azienda. Un processo che è culminato con la creazione di un nuovo master in Digital Art Direction,  incentrato sulla formazione di una figura professionale completamente nuova, denominata il “Nexter”. “Perché questo? Perché, non c’è ancora una grandissima conoscenza di quelle che sono, fino in fondo, le opportunità portate da tecnologie come la realtà aumentata, c’è una gran confusione”, spiega Nava. “Il ruolo del Nexter all’interno delle aziende e delle società di comunicazione sarà quello di integrare e sfruttare al meglio le nuove tecnologie, soprattutto quelle legate ai nuovi media”.

Il corso avviene in aule specificamente pensate per l’utilizzo dell’AR, vantando un corpo insegnanti eclettico e innovativo, raggruppando esperti da più campi che vanno dal product design al coding.
 
A detta di Nava non si è ancora pronti né a livello strutturale, né a quello culturale ad accogliere pienamente il potenziale della realtà aumentata e la scuola dovrà diventare uno dei luoghi in cui queste questa cultura si può formare, “in modo da agevolare l’inserimento degli studenti nel mondo del lavoro con una maggiore comprensione di quello che può essere l’impiego di queste tecnologie”.

Progettazione e vendita di prodotti AR-native

Uno degli effetti della pandemia sul mondo del lavoro è stato l’utilizzo esponenziale dei visori in realtà aumentata come diretta risposta alle nuove necessità dei team in remoto. Nel mondo del product design in particolare, nuovi device e software come Microsoft Mesh offrono delle soluzioni di impiego molto pragmatiche.
 
“Per esempio, in progetti complessi dove ci sono delle componenti articolate, i visori AR permettono  di navigare meglio il prodotto e di condividere il lavoro anche con altri membri del team di sviluppo”, aggiunge Nava. Un rapporto di PwC dell’anno scorso ha previsto che quasi 23,5 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo avrebbero utilizzato AR e VR entro il 2030 per la formazione, le riunioni di lavoro o fornire un migliore servizio clienti.
 
“Un altro utilizzo importante, a maggior ragione in questo momento storico, è nel mondo del retail. La vendita al dettaglio in un luogo fisico sta andando a morire superata da quella online, anche in funzione di queste nuove tecnologie che permettono un’esperienza di acquisto molto più coinvolgente, seppur digitale, attraverso la realtà aumentata”, conclude Nava.

BlackSoul Gallery by Leighton McDonald, creata per gli Spectacles 4 di Snap

Ma l’AR non si fermerà solo a facilitare la produzione e valorizzare la vendita di prodotti fisici destinati al  mondo reale. La tecnologia ha già fatto un passo più in là, dando vita a prodotti che vengono disegnati specificamente per esistere nel mondo dell’AR. Con l’arrivo del cosiddetto metaverse, quella realtà virtuale in cui ci stiamo sempre più spostando per giocare, chattare, lavorare e fare nuove conoscenze, la necessità di prodotti nativi del digitale è sempre più impellente.
 
La moda digitale ha velocemente trovato una via di ingresso a questo mercato, con esempi come quello di Gucci, che quest’anno ha lanciato una linea di scarpe AR con l’unico fine di essere sfoggiate nella realtà aumentata. Svariati brand come Nike, Vans, Adidas ora pubblicizzano i loro capi direttamente su piattaforme di gaming come Roblox, dove sanno che il loro pubblico target è più attento a questo genere di stimoli.

La matta corsa agli NFT di quest’anno è un’altra testimonianza della vera e propria fame per tutto ciò che esista esclusivamente nel mondo virtuale, e quindi per sua stessa natura, eterno, non riproducibile, facilmente trasferibile e sempre accessibile.

Dall’intrattenimento ai social media,all’e-commerce,  fino all’ingresso nel mondo del lavoro e accademico, l’avanzata della realtà aumentata e i suoi svariati impieghi stanno ormai affascinando anche i più scettici. E mentre solo un paio di anni fa lavorare con i nostri colleghi a distanza o partecipare ad eventi virtuali ci sembrava una prospettiva distopica, ormai abbiamo imparato che potremmo non essere così lontani dall’acquistare capi digitali su base regolare o andare a fare la spesa indossando degli smart glasses.