Dopo cinque anni, tre edifici costruiti, innumerevoli progetti e grande apprezzamento critico, Bjarke Ingels e Julien De Smedt di PLOT si sono separati, fondando BIG e JDS. Domus presenta i loro ultimi edifici realizzati insieme. Testo di Joseph Grima. Fotografia di Gaia Cambiaggi
Per Bjarke Ingels e Julien De Smedt, co-fondatori dell’ormai defunto studio di architettura PLOT, la notizia della vittoria nel concorso per l’ospedale psichiatrico di Helsingør dev’essere arrivata come la manna dal cielo. Era il febbraio 2003, e tutte le altre commissioni erano già state portate a termine oppure sospese; il progetto di Helsingør veniva completato solo per riempire i tre mesi di preavviso che i collaboratori avevano ricevuto prima di dichiarare la cessata attività. Si è trattato di una vittoria conquistata con fatica, seguita ad un lungo periodo di incontri e conversazioni telefoniche con psichiatri, medici, pazienti e personale della clinica. Ingels definisce il risultato di quegli scambi di idee “una lunga lista di desideri contrastanti e in gran parte priva di requisiti precisi”. Le linee guida del concorso, d’altra parte, si mostravano non meno ambigue: esse indicavano infatti la necessità di creare un edificio centralizzato, ma libero da sensi di gerarchia, protetto e riparato ma aperto all’ambiente circostante, conchiuso ma non carcerario, disposto su due piani ma con accesso esterno a tutte le stanze. “Dopo tutto”, ironizza oggi Ingels, “Helsingør è la città dell’Amleto shakespeariano. Il problema è che le direttive erano essere e non essere”.
Il risultato del progetto si presenta come una deflagrazione stellare a volo radente, un fascio di corsie rettilinee e di spazi terapeutici che si intersecano in un punto centrale. Il paesaggio scolpito che circonda l’edificio declina a rivelare un piano interrato che ospita le camere per i pazienti e stanze aggiuntive per il personale, mentre i piani superiori delle tre ali sono riservati alle terapie dei pazienti della clinica. Per l’architetto, l’obiettivo principale era svincolarsi dai cliché associati agli spazi ospedalieri, come corridoi claustrofobici che incrociano corsie serrate l’una contro l’altra e disposte simmetricamente. Qui, invece, i lunghi corridoi dai colori accesi presentano pareti vetrate per massimizzare la penetrazione della luce e offrire agli occupanti una “galleria di panorami”, una condizione di costante contatto visivo con l’esterno. Gli spazi che circondano le tre ali sono punteggiati da una serie di cortili seminterrati che offrono ai pazienti degli spazi al tempo stesso aperti e riparati. Come nella gran parte del lavoro di PLOT, la pianta a quadrifoglio ha subito innumerevoli alterazioni, aggiustamenti, amputazioni e migliorie.
Questo approccio alla progettazione, che espone ostinatamente la più vasta gamma possibile di iterazioni formali e programmatiche a un fitness test darwiniano, è stato ereditato da OMA, dove Bjarke Ingels e Julien De Smedt si sono conosciuti. La loro strategia di progetto presuppone che ogni restrizione eserciti una forza sul prodotto architettonico, ma non necessariamente in senso negativo; al contrario, le “restrizioni ottimizzate” sono viste come uno strumento che scolpisce la peculiare identità di un progetto riuscito. A bilanciare questo approccio è la determinazione a sostituire spassionatamente un programma con un altro nel corso di una sequenza di alterazioni di piccola entità dell’architettura stessa; il progetto per l’ospedale psichiatrico di Helsingør, per esempio, deriva da una proposta – rimasta sulla carta – per un parco acquatico.
I risultati di questo processo antidogmatico di inesauribile sperimentazione incrinano i preconcetti secondo cui certe tipologie costruttive sono incompatibili con un’espressione architettonica creativa. Un piano recentemente completato a Ørestad, una delle zone suburbane di Copenhagen a più rapido sviluppo, apre ad esempio il fuoco sulla bestia nera dell’architettura contemporanea europea: la produzione commerciale di insediamenti abitativi ad alta densità e dai costi accessibili. Le VM Houses (il nome deriva dal fatto che in pianta il blocco rivolto a sud forma una V e quello rivolto a nord una M) sono il risultato di direttive piuttosto ordinarie, che richiedevano la realizzazione di 230 unità residenziali in due blocchi alla luce delle limitazioni imposte dall’altezza standard decisa per la zona, della necessità di massimizzare le viste sui canali vicini e di considerare l’effetto visivo sugli insediamenti circonvicini. Il successo del progetto ha sorpreso anche l’immobiliarista danese Per Høpfner: tutti gli appartamenti sono stati venduti in sole tre settimane, la maggior parte lo stesso giorno della loro immissione sul mercato. Un risultato così eccezionale potrebbe benissimo avere a che fare col fatto che il progetto di PLOT schiva una delle caratteristiche meno attraenti di gran parte degli insediamenti residenziali: anziché replicare lo stesso modulo in tutti i blocchi, le VM Houses vanno infatti a formare una specie di puzzle tridimensionale che offre una stupefacente varietà di piante differenti (75), nessuna delle quali si ripete più di una dozzina di volte. Tra queste, numerose sono quelle che, specialmente negli ultimi piani sezionati dai tetti pendenti, presentano caratteristiche uniche, come per esempio le terrazze. Un’ulteriore dimostrazione che le trite regole del lavorare con gli operatori immobiliari non sono necessariamente immutabili è data dalla presenza di veri e propri tocchi umoristici nel progetto, come il ritratto pixellato dell’immobiliarista stesso (eseguito con piastrelle da bagno dai colori brillanti) sulle pareti dell’ingresso comune.
Le soluzioni architettoniche proposte da PLOT negli ultimi cinque anni – e oggi portate avanti individualmente dagli studi di Ingels e De Smedt (rispettivamente BIG e JDS) – mettono continuamente e ingegnosamente in discussione il consueto approccio all’intervento urbanistico, come dimostrano i progetti non realizzati presentati nelle pagine seguenti. Progetti che esplorano nuove aree di intervento assumendo una posizione attiva nella ricerca di nuove commissioni: piuttosto di assicurare continuità al lavoro dello studio affidandosi a concorsi o commissioni dirette, PLOT ha spesso presentato di propria iniziativa delle proposte ad amministrazioni pubbliche in Danimarca e all’estero, ricevendo spesso dei responsi sorprendentemente positivi.
Alcune idee, come la proposta per un muro di tre chilometri formato da blocchi di appartamenti da realizzare intorno a un’area aperta dedicata allo sport, da realizzarsi nel quartiere di Klovermarken a Copenhagen, (progetto che estinguerebbe di colpo la sete di abitazioni della città) sono diventate il perno di un acceso dibattito politico accompagnato da petizioni favorevoli e contrarie. Il grande merito di PLOT, infatti, è stato quello di aver saputo offrire – nei suoi cinque brevi anni di vita – un esempio di uno studio di architettura che sapesse conciliare la ricerca progettuale d’avanguardia con le reali esigenze di economia dei committenti, pubblici o privati che fossero. A BIG e JDS la sfida di trovare ancora nuovi ambiti di intervento. J.G.
Work In Progress
Una selezione dei progetti concepiti da PLOT che ora saranno realizzati indipendentemente da BIG (Bjarke Ingels Group) e lo studio di Julien De Smedt, JDS Architects
Mountain Dwellings, Ørestad
Mountain Dwellings è la seconda fase delle VM Houses, completate l’anno scorso e presentate nelle pagine seguenti. È composto per due terzi da parcheggi e un terzo da unità abitative, combinando queste due funzioni in un unico edificio che ottimizza vedute, esposizione solare, accessibilità e densità urbana. Gli appartamenti sono disposti in una griglia pendente che si affaccia verso sud come sulle pendici di una montagna, in netto contrasto col paesaggio piatto di Copenhagen. Bjarke Ingels e Julien De Smedt lo descrivono come un esercizio di “vita suburbana con densità urbana”.
People’s Building, Shanghai
L’edificio RÉN è una proposta per un albergo, centro sportivo e di conferenze per il World Expo 2010 a Shanghai. La torre, progettata in associazione con ARUP, è concepita come una coppia di edifici che si uniscono in uno sopra l’acqua. Il primo è dedicato al corpo e ospita un centro sportivo e di cultura acquatica, mentre il secondo contiene un centro conferenze. Il punto in cui i due edifici si uniscono in uno sarà occupato da un albergo con mille camere. Dopo che il progetto era stato completato, gli architetti hanno scoperto una somiglianza involontaria fra l’edificio e il carattere cinese che indica “il popolo”, che gli ha dato il nome.
Dolphinarium + Wellness Centre
Il Wellness Centre è stato concepito in seguito ad una commissione che richiedeva idee per un villaggio turistico che offrisse l’opportunità di nuotare con i delfini. Gli architetti hanno proposto un’isola a forma di disco capace di relazionarsi al suo contesto dovunque si trovasse. I bordi del disco sono stati sollevati per rivelare zone protette sotto l’isola dove è possibile fare il bagno; i pendii diventano così camere d’albergo per gli ospiti e aree verdi. Sono in corso trattative per la costruzione della prima isola in Singapore.
The Battery, Copenhagen
The Battery è un progetto di intervento urbano che mira a integrare tre quartieri disconnessi di Copenhagen (Islands Brygge, Amagerbro e Ørestaden) ricucendoli con un “centro di attività urbana”. Il nuovo quartiere condensa tutte le funzioni urbane principali in un’unica striscia: appartamenti, uffici, negozi, asili nido, centri sportivi e centri culturali. Comprende anche la prima moschea della Danimarca, favorendo così l‘integrazione delle minoranze etniche della città. Anche se l’architettura del nuovo quartiere è in apparenza di ispirazione geologica, la forma degli edifici-montagna traccia l’altezza massima edificabile in ogni punto, ottimizzando in questo modo la densità del sito.
Reinventando PLOT
da Domus 896 ottobre 2006Dopo cinque anni, tre edifici costruiti, innumerevoli progetti e grande apprezzamento critico, Bjarke Ingels e Julien De Smedt di PLOT si sono separati, fondando BIG e JDS. Domus presenta i loro ultimi edifici realizzati insieme. Testo di Joseph Grima. Fotografia di Gaia Cambiaggi
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- 04 ottobre 2006