Lisa Licitra Ponti
"The brain has corridors" (Emily Dickinson) era il titolo che volevo dare a queste note su Arakawa architetto. Ma Arakawa dice: "Non è corretto. 'The brain has corridors' presume un cervello solo, mentre il corpo ne ha tanti: le mani hanno un cervello, le gambe, i piedi hanno un cervello… Anche Leonardo pensava a 'dove' ha davvero sede il cervello".
Parto dagli appunti presi da Carla Pellegrini a New York mesi fa, quando preparava la mostra che tiene ora a Milano, e interrogava Arakawa. È bello ascoltare Arakawa in diretta. E meglio ancora sarebbe ascoltarlo qui. Perché non si tratta solo di una mostra: qui Arakawa propone la sua architettura anche a chi può costruirla. È un'architettura che, nell'intento di ricondursi al 'corpo', si riconduce al singolo, all'abitante, al 'vivente' (mentre intorno a noi crescono giganteschi ermetici 'cristalli'): è un segnale. Arakawa è un segnale. Anche per il suo impulso al "fondere le discipline". Speranza geniale. "Architecture ought to be designed for the actions it invites" (L'architettura dovrebbe essere progettata per le azioni che porta a compiere).
Quando Arakawa parla (a Carla) di "case per anziani" pensa al corpo, pensa ad "ambienti destabilizzanti in cui l'anziano debba, ogni momento, sperimentare le proprie facoltà, con ciò scoprendole". Arakawa: "Certi miei movimenti mi conoscono, prima che io mi muova". A East-Hampton, nella "Bioscleave House" (o "casa di Angela") che Arakawa sta costruendo, il pavimento obliquo risveglia l'equilibrio… Abitare è una funzione attiva. Si può pensare a una casa che venga 'indossata' come una pelle… 'Humansnails': la chiocciola come esempio di abitazione perfetta: aderisce a chi l'abita, fa parte della persona… (Merz: "Il concetto di casa è la lumaca, la chiocciola, il guscio").
Dalla chiocciola all'astronauta: che destino ha la specie? "L'architettura è lo strumento migliore che la nostra specie possiede per rappresentarsi, ma anche per re-inventarsi". E per costruirsi un "reversible destiny". Così dicono Arakawa e Madeline Gins. Coppia pensante, Arakawa e Gins – lui artista, lei poeta-filosofo – da anni progettano insieme. Ed è di Gins e Arakawa Architectural body (2002), il libro/manifesto che lancia la loro "sfida etica" all'umana specie affinché, re-inventandosi, "rinunci alla rinuncia" (la morte è una rinuncia al vivere). Se si adottano, per l'abitare, delle appropriate "architectural procedures" si potrà arrivare, come con le "medical procedures", a una estensione del vivere, non solo temporale… (Madeline ama postulare un heideggeriano "abitare in quanto non-mortali").
E Arakawa: "Di che cosa abbiamo più paura, in verità? Non della guerra ma della vita. Molte sono le cose che ci spaventano – luoghi, ambienti, suoni – perché non sono in scala con noi… queste mie architetture si prendono cura di noi" (Sottsass diceva: "L'architetto è quello che si cura degli altri").
So che Arakawa in Giappone ha fatto studi di medicina e biochimica. E la pittura? Arakawa: "Duchamp always urged me to re-invent myself, to always search" (Duchamp mi spingeva sempre a reinventarmi, a tenere gli occhi aperti). Duchamp è l'amato 'granddaddy' per Arakawa, sbarcato giovane a New York. Cenavano insieme. "Un giorno potrei anche rimettermi a dipingere, più di quanto non faccia ora. Ma ora sono troppo coinvolto nelle 'architectural procedures' e nei Reversible Destiny Hotels… Può succedere che un architetto dipinga, è più raro che sia un pittore a diventare architetto ma… Anni fa lo dicevo a Carla: 'L'architettura è l'arte più completa, ci si può entrare!'. Il mio scopo ora è costruire: case, alberghi, città".
Per Manhattan e per Atlanta, Georgia, Arakawa ha progettato i Reversible Destiny Hotels: luoghi pensati "to extend lifespan" (per vivere più a lungo), anche in soggiorni brevi. Per Tokyo ha progettato "una intera città da costruirsi sul fiume". (In Giappone, Arakawa e Gins hanno costruito già negli anni Novanta dei "siti architettonici": l'"ubiquitous site" del Nagi Museum of Contemporary Art e il grande Parco di Yoro, "site of resersible destiny", ormai luoghi storici). Arakawa desidera costruire in Italia. Perché è l'Italia. "Leonardo aveva capito tutto: bisogna fondere le discipline. Penso ai suoi studi sul corpo, sull'acqua…". (C'è stato un progetto di Arakawa per Venezia, quando Cacciari era Sindaco, ma "le Belle Arti non consentono di costruire con materiali non tradizionali, a Venezia"). "Vorrei", dice Arakawa, "progettare una città-satellite: a Vinci, a Siena… a Bologna (per Bologna, dove c'è stata la prima università, penso a Cofferati)".
L'idea è costruire con materiali tutti prefabbricati, come si fa con le carrozzerie delle auto, delle moto… "The most philosophical house can be built like a car-body". Si può. "Honda è in grado di farlo. In due settimane può costruire una stanza come una carrozzeria d'auto, solo più grande. Anche Fiat lo può fare". Progetti vulcanici. Ma "i vulcani hanno creato i Paesi… anche se poi non è vero…". Arakawa ride. E per la mostra a Milano pensa di invitare un poeta, un critico d'arte (uno solo) e un 'grande' che non appartenga al mondo dell'arte. "We, Italy, Milano. We have to make a drastic cut, Carla".
C'è di fatto un "contagio Arakawa" operante, straordinario. L'entusiasmo è la prima architettura. Ed è entusiasmo anche l'accendere un firmamento intero di pensatori e poeti intorno a sé, come fanno Arakawa e Gins: Pascal come Foucault, Einstein come Swift, in contiguità atemporali. E c'è anche Calvino, che indica traiettorie, e Agnetti che le nega… Con entusiasmo Arakawa e Gins riavvicinano l'Europa, dopo anni di USA e Giappone, chiamati a Milano per la mostra e in Francia per incontri universitari interdisciplinari. E in Domus riappaiono (dopo una lontana prima comparsa negli anni Settanta, presentati da Schwarz e da Trini) con i progetti di architettura più recenti: i Reversible Destiny Hotels, già quasi in atto.