Razer è una azienda americano-singaporese che nasce con un mouse per il gaming e dentro quel mondo, che era una nicchia e non lo è più, si evolve come uno dei brand di elettronica di consumo più affermati, credibili, amati.
Oggi il videogioco è ovunque, guardare una giocata su Twitch in metro o sul treno è come aprire una puntata di una serie su Netflix. Ieri poteva sembrare strampalato, un po’ da nerd o invasati, oggi è entrato nella normalità. E molti, moltissimi meccanismi dei videogiochi sono entrati nella nostra quotidianità, che quasi senza che ce ne accorgessimo è stata gamificata.
Razer ha fiutato questa evoluzione e ha spostato il suo bacino d’utenza, forte della credibilità guadagnata tra i gamer. Del resto, se fai ottimi dispositivi per giocare, perché non usarli per il tempo libero e soprattutto per il lavoro? Se poi il lavoro è quello del creator, figura creativa mitologica dell’internet anni di tiktok, che spesso usa proprio laptop da gamer perché assicurano prestazioni migliori, scaldano meno, hanno supporto grafico avanzato, il gioco è fatto. Il cavallo è entrato a Troia.
Razer sta cambiando pelle. Reinveste le competenze acquisiste nel segmento del gaming per mettere sul mercato un set di dispositivi lifestyle ottimi soprattutto per lo smart working, pensati per lavorare, giocare, lavorare, come se non ci fosse una soluzione di continuità tra le cose – possiamo aspettarci che prima o poi vadano in convergenza? Del resto Razer è il brand fatto dai gamer per i gamer, ma chi non è un giocatore oggi giorno?
Quindi, dopo i laptop per giocare, ecco il Razer Book, un 13” potentissimo e con un tot di GPU pensato per i creators, con la Iris Xe integrata di Intel; ci sono poi gli auricolari senza cavi Hammerhead, in versione X e Pro, tutti con il logo Razer in bella vista e molto bold, perché pare che ai gamer piaccia così, agli altri bisognerà capirlo; un mouse dedicato alla produttività, il Pro Click, per viaggiare tra le celle excel con la stessa spavalderia che applichi facendo frittelle di mostri in Doom Eternal.
Ma il dispositivo sicuramente più interessante della linea sono gli Anzu, un paio di occhiali con audio aumentato e controlli touch che possiamo considerare tra i precursori di un universo di lenti e lenticole AR che prima o poi potrebbero spuntare sul mercato. Gli occhiali risultano utili in contesti precisi: stanze senza troppo rumore, l’angolo del bar dove stai preparando una presentazione, in aeroporto o stazione. L’audio non è potentissimo, l’isolamento acustico scarso; la montatura invece risulta un po’ pesante e a qualcuno potrebbero non sembrare una bellezza, anche se ci sono due modelli (con lenti rettangolari o tonde) e diverse taglie. Il problema più grande come ci si poteva aspettare sorge con le lenti: gli Anzu vengono venduti di default con un paio che schermano la luce blu, più lenti da sole da montare in alternativa – per farlo si deve manipolare la montatura, un processo che pare abbastanza delicato. Se hai dei problemi di vista, puoi ordinare delle lenti correttive da lettura. Hai problemi di vista da vicino e vuoi per guardare la tv a distanza, approfittando dell'audio connesso? Un problema. Vorresti usarli come occhiali da sole? Meglio comprarne un secondo paio. E poi sostituiscono gli auricolari? Purtroppo no. Però è pur sempre un tuffetto nel futuro, per chi volesse investirci.
Ultime arrivate alla corte di Razer sono le Barracuda X, un paio di cuffie che hanno il vantaggio di avere un dongle proprietario per la connessione wireless, e quindi si possono usare facilmente con PC, Android e Switch, la console portatile Nintendo che misteriosamente non utilizza nativamente la connessione bluetooth per gli auricolari, semplicemente inserendolo in una presa USB-C. Le cuffie, dotate di ogni possibile cavetto di collegamento – come si fa a non perderli, mi chiedo sempre – sono disegnate per essere usate sia a casa, sia in movimento, e per essere il più comode possibile; si avvantaggiano di driver che arrivano direttamente dall’esperienza gaming di Razer e hanno anche un microfono ad asticella staccabile. Sappiamo tutti che il microfono è il vero punto debole delle cuffie, soprattutto quando si è in call.
Nelle Barracuda X è evidente il tentativo di Razer di staccarsi finalmente da certe forme “astronave di Alien ma tutti in acido” che sono un po’ lo stereotipo del design del gaming per ambire a un pubblico eterogeneo, complesso, e – senza volere essere offensivi verso nessuno – adulto. Certo, quella patina di sudaticcio gamer addosso ce l’hanno ancora e resta evidente il gap con marchi per giovani di tutte le età come Beats e Skullcandy. Ma l’ergonomia e la funzionalità ci sono e la strada di Razer, anche se tutta in salita, sembra sempre più chiara.
Tutte le immagini: courtesy Razer 2021