In tempi di Olimpiade, e di ritorni di fiamma globali come quello per il tennis, è facile guardare allo sport come ad una lente capace di ispirare altri ambiti del quotidiano. Tra questi, il design di arredo non è immune al fascino della specificità sportiva. Eppure, si direbbe guardando i pezzi di questa selezione, non punta mai ad assecondarne lo spirito di competizione che pur lo caratterizza. Al contrario, in un meccanismo progettuale che comincia spesso con un prestito – un sellino al posto di una seduta, una ruota al posto della gamba di un tavolo – è la libertà del movimento che viene esaltata, e con essa la libertà del progettista: di stravolgere tipologie predefinite, di cambiare le proporzioni, di immaginare destinazioni d’uso stravaganti.
L’effetto collaterale, sempre cercato, è di conseguenza quello dell’ironia. Un paradosso, se vogliamo, visto che lo sport dovrebbe innanzitutto fare sudare, e solo dopo sorridere. Ma assecondandone il surrealismo, e spingendo estetiche e funzioni fino ai limiti delle loro possibilità – ecco, abbiamo trovato una possibile metafora dello spirito competitivo – il design sublima lo sport in un modo tutto suo: trasformandolo in un’occasione per generare azzardate, imprevedibili icone.
Immagine di apertura: Courtesy Atelier Biagetti