In circa 150 anni di storia (l’età varia a seconda che si sostenga il partito Meucci o il partito Graham Bell) il telefono ha vissuto moltissime vite. Un’evoluzione e una storia lunghissima, fatta di tante piccole rivoluzioni tecnologiche. Nel telefono c’è in nuce il germe della globalizzazione, nel concetto di “telefonata” c’è tutto il senso della comunicazione contemporanea, e nell’idea di potersi mettere in contatto istantaneamente con (quasi chiunque) nel mondo c’è la consapevolezza del parallelismo delle nostre esistenze individuali. C’era e ancora c’è qualcosa di incredibilmente nuovo e magico nella possibilità di sentire una voce lontana, di imbastire una conversazione tra New York e Londra, nell’avere accesso quasi istantaneo alle informazioni da una parte all’altra del globo. L’oggetto telefono nel corso della sua lunga storia ha subito un numero enorme di mutazioni ed è uno di quegli elementi del contemporaneo che artisti e designer hanno sempre aspirato a ripensare, ridisegnare, a smontare e rimontare, interpretando lo zeitgeist o talvolta anticipandolo. Dal telettrofono di Meucci all’iPhone, in questa raccolta proviamo a ripercorrere una storia ultracentenaria con i design di telefoni più iconici di sempre, per raccontare la storia della forma di un oggetto che in più di un’occasione ha contribuito a dare forma alla nostra storia.
I telefoni che hanno fatto la storia del design
Dall’invenzione a fine Ottocento fino alla rivoluzione smartphone, passando per i telefoni da auto e i cellulari: la storia di un mezzo che ha unito le nostre vite attraverso i modelli indimenticabili.
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- Andrea Nepori
- 14 ottobre 2022
Chi fu il vero inventore del telefono? Se lo chiedete agli americani vi risponderanno inevitabilmente “Alexander Graham Bell”. Ma per le autorità italiane l’invenzione va attribuita ad Antonio Meucci, l’immigrato italiano che nel 1871 fondò la sua Telettrofono Company e mise a punto i prototipi di quello che si potrebbe definire a tutti gli effetti il primo apparecchio telefonico. Tuttavia la storia è nota: Meucci non brevettò correttamente la sua invenzione, come invece farà qualche anno più tardi Alexander Graham Bell, perdendo così la prelazione sul titolo di inventore del telefono.
Il titolo viene invece viene generalmente riconosciuto ad Alexander Graham Bell, che nell’estate del 1876 stupì i partecipanti dell’esposizione internazionale di Philadelphia con la “sua” invenzione, brevettata nel marzo dello stesso anno: una specie di telegrafo per la voce, capace di trasmettere una conversazione a distanza grazie all’elettromagnetismo.
Nel giro dei vent’anni successivi nasce quella che conosciamo come industria del telefono, con una copertura sempre maggiore del territorio. Una nuova grande innovazione arriva alla fine dell’ottocento, con l’ideazione della selezione automatica del numero de ricevente. La inventò Almon Stowger, un gestore di onoranze funebri di Kansas City che doveva risolvere un problema concreto: l’operatrice della compagnia telefonica dirottava le chiamate dei clienti all’azienda di suo marito, principale concorrente di Stowger. Il primo telefono con la rotella per la selezione automatica, il Candlestick Potbelly, arriverà nel 1905, ma a Stowger si deve anche l’ideazione del design “upright” con microfono e auricolare separati, che rimarrà in voga fino agli anni trenta.
Per il primo telefono con un design contemporaneo bisogna aspettare il 1931, quando l’ingegnere Johan Christian Bjerknes e l’artista e designer norvegese Jean Heiberg creano il modello 1001. Il prodotto era un progetto nato dalla collaborazione di Lars Magnus Ericsson, l’Elektrisk Bureau di Oslo e la Televerket svedese. Il modello 1001 è il primo telefono in bachelite, con una scocca integrale, la rotella di selezione e il campanello per le chiamate in ingresso. Il design era considerato estremamente all’avanguardia per il periodo, tanto che poi si affermerà in tutta europa e “ispirerà” a Henry Dreyfuss il modello 500 della Western Electric. In Europa veniva normalmente indicato come telefono “di tipo svedese”.
Nel secondo dopoguerra spetterà agli svedesi di Ericsson l’onere e l’onore di provare a ripensare, ancora un volta, il design dell’oggetto telefono. L’Ericofon è il primo apparecchio a incorporare la cornetta e la rotella di selezione in un’unica scocca. Oggi esposto al MoMa, l’Ericofon venne soprannominato “telefono cobra”, per la forma simile a quella di un serpente raggomitolato e la testa alzata e pronta a… rispondere alla chiamata.
Negli anni del boom il design dei telefoni continua ad evolvere, ma è negli anni ‘50 che si comincia davvero a sperimentare con le forme e con i colori, in un primo assaggio delle variazioni sul tema di stampo optical e modernista degli anni ‘60.
L’emblema di questo spirito nuovo nel design telefonico dei fifties è il Princess. Progettato dallo studio di Henry Dreyfuss, era un modello compatto pensato per “i comodini delle signore”, dove si adattava meglio del pesante e massiccio modello 500.
L’equivalente italiano del modello 500 della Western Electric in America e dell’Ericsson 1001 è senza alcun dubbio il famoso Siemens S62, il telefono a rotella per eccellenza per tre generazioni di italiani. Il progetto era del designer Lino Saltini per conto di Siemens, ma nei decenni successivi il l’apparecchio fu prodotto anche da FATME, Italtel e Face Standard in vari modelli. Veniva scherzosamente indicato come bigrigio perché la cornetta e il corpo dell’apparecchio erano realizzati in materiale plastico in due tonalità di grigio differenti.
Nello stesso decennio in cui iniziò la distribuzione del famoso Bigrigio, la Sit-Siemens affidò a Marco Zanuso e Richard Sapper la commessa per la progettazione di un apparecchio dal design rivoluzionario: il grillo. Era un prodotto audace, che sovvertiva alcuni degli elementi tipici dell’oggetto telefono. La cornetta era pieghevole, ad esempio, e una volta riposto sulla base l’oggetto non tradiva in alcun modo la sua natura di apparato per la comunicazione, se non per il filo. Nel 1967 il Grillo vincerà un meritatissimo compasso d’oro
Sebbene alcuni dei telefoni di casa di questa lista erano già degli indicatori di stato sociale (non tutti si potevano permettere un Grillo sul comodino), è solo con l’avvento della telefonia mobile che l’apparecchio telefonico diventerà uno status symbol. L’idea di poter chiamare ed essere raggiungibili sempre, in ogni luogo e qualsiasi momento, si addiceva perfettamente all’estetica iperproduttiva degli Yuppie degli anni ‘80, esattamente come le speculazioni borsistiche e la cocaina. Un’estetica incarnata perfettamente dal DynaTac, il cellularone di Gordon Gekko in Wall Street. Nonostante un prezzo esorbitante (costava circa 4000$ all’uscita nel 1983), fu un enorme successo. Nel giro di pochi anni più di 300.000 americani attivarono un servizio di telefonia mobile e l’unico cellulare disponibile era “il mattone” di Motorola.
I figli degli anni ‘80, in Italia, hanno imparato a telefonare su due apparecchi distinti. Il Bigrigio di cui sopra, a casa di nonna, e il Pulsar, con il suo design più moderno, che i genitori potevano mettere in casa pagando qualche spicciolo in più alla SIP per il comodato d’uso. Il design incarnava certe linee automobilistiche degli anni ‘80, e così i colori, con una versione bordeaux audace e impossibile da accostare al resto dell’arredamento. Il motivo in cui lo si preferiva al Bigrigio, però, era il tastierino numerico, molto più comodo e veloce della rotella del modello S62.
Più del cellulare Dynatac, il vero status symbol telefonico italiano di fine ‘80 era il telefono da automobile che si poteva anche trasportare con una tracolla. Il “radiomobile da conversazione”, poi indicato come autotelefono, era molto più affine all’estetica italiana del manager in carriera pre-Mani Pulite, con la Lancia Thema e il vestito Armani.
I modelli di fine anni 80 e inizio anni 90 sono protagonisti di alcuni spot, oggi spassosissimi, che si possono ancora godere su YouTube. Gli autotelefoni più avanzati funzionavano su rete RTMS, basata su ponti radio e celle che permettevano di mantenere la conversazione anche durante l’handover, cioè la transizione del collegamento da una cella alla successiva.
Solo due anni più tardi, al Pulsar seguirà un altro modello con un nome di ispirazione cosmica, il Pulsar. È forse uno dei design in assoluto più noti tra i telefoni forniti in dotazione dalla SIP. Non è raro trovarlo ancora in molte case italiane in una delle ultime versioni prodotte. Le linee del Sirio (nome che SIP e poi Telecom riproporranno in molte salse differenti) erano più morbide e anticipavano il gusto degli anni ‘90 e i grandi cambiamenti della tecnologia telefonica in Italia nel corso del decennio: la selezione del numero in multifrequenza DTMF, l’arrivo della teleselezione su tutto il territorio nazionale (vi ricordate quando per chiamare il Bigrigio di nonna non serviva il prefisso?) e soprattutto i primi esperimenti di doxa collettiva applicata al mondo dello spettacolo: il famigerato televoto.
La miniaturizzazione del cellulare nei primi anni ‘90 procedeva speditissima. Sarà ancora Motorola a dettare il passo con un altro costoso status symbol: lo StarTac. Lanciato nel gennaio del 1996, era il primo flip phone della storia, una rivoluzione nel design e nell’ingegnerizzazione del telefono cellulare senza precedenti. Lo StarTac era il successore del MicroTAC, modello a design semi-flip del 1989.
Fu uno dei cellulari di maggior successo della sua epoca: ne furono venduti 60 milioni di esemplari.
Mentre Motorola sfornava i suoi telefoni rivoluzionari, i finlandesi di Nokia certo non stavano a guardare. L’azienda nel 1996 presentò il modello 8110, che per la sua forma viene ricordato da molti come il Bananaphone. Anche in questo caso, come già per Wall Street e il Dynatac, il cinema contribuirà a rendere questo modello ancora più iconico: l’8110 è infatti il cellulare su cui Morpheus chiama Neo in una famosa scena del film Matrix. Poco più tardi il telefono volerà giù da un grattacielo in un’inquadratura perfetta da far impallidire i più spudorati product placement di Netflix. Nokia lo ha riproposto nel 2018 in una versione modernizzata, 4G e colorata.
Alla fine degli anni 90, mentre il cellulare stava già rivoluzionando il nostro modo di comunicare, le linee telefoniche di casa erano ancora vive e vegete e così i design dei telefoni da mettere in salotto. La vera novità, l’oggetto a cui aspirare era però il cordless, che in fondo non era altro che un cellulare da casa. Uno dei più interessanti del periodo è senz’altro il BeoCom 6000 di Bang & Olufsen, il primo ad implementare in maniera completa il DECT, lo standard di comunicazione senza fili domestica usato dai cordless ancora oggi.
Il design, apprezzato da molti, è oggi un po’ âgée: risente delle linee e dello stile della fine degli anni 90. Lo si poteva certamente accostare bene a un Twentieth Anniversary Macintosh, uno dei pochi design di Jony Ive che non verrà ricordato per aver fatto la storia.
Con il nuovo millennio alle porte e nonostante il crash delle dot com, lo sviluppo di nuovi prodotti nel settore della telefonia mobile subisce un’accelerazione senza precedenti. L’anno chiave è il 2000, in cui viene presentato il Nokia 3310. Di cellulari iconici ce ne sono sicuramente molti, ma tra tutti il 3310 è certamente l’emblema della democratizzazione della telefonia mobile. Dotato di un’ottima qualità costruttiva nonostante il prezzo relativamente contenuto, il Nokia 3310 era considerato un telefono indistruttibile. Spesso cadendo si scomponeva in tre pezzi: il telefono da una parte, la cover posteriore e la batteria da un’altra. Bastava ricomporre il puzzle e il telefono si accendeva come nulla fosse successo.
Sempre al 2000 risale anche il lancio del primo Blackberry, che allora portava ancora il nome dell’azienda canadese che lo aveva inventato e commercializzato. Il Blackberry diventerà un successo planetario e aprirà l’epoca dei palmari, i primi cellulari che aspiravano a metterci in tasca un vero strumento di comunicazione con funzioni da computer, prima tra tutte la possibilità di utilizzarli come terminali per le email. È anche il primo smartphone associato in maniera netta al concetto di dipendenza dagli strumenti di comunicazione: in America nel corso degli anni zero gli fu affibbiato il nomignolo di CrackBerry. Il riferimento era ovviamente alla droga di strada, il crack, perché la possibilità di gestione delle comunicazioni di lavoro da ogni luogo incentivava la naturale tendenza del workaholic americano a sbarazzarsi una volta per tutte del work-life balance. I Blackberry verranno spazzati via dall’iPhone e dagli smartphone, perché RIM sbagliò completamente la propria strategia, continuando a spingere sulle tastiere fisiche.
Ancora nel 2000, Nokia lancia la sua versione del palmare, con un’altro design tanto improbabile quanto iconico che incarnava perfettamente lo spirito innovativo delle invenzioni dei finlandesi. Era il modello 9210 Communicator: quando era chiuso sembrava un normale telefono, ma bastava girarlo di 90° e aprirlo come un laptop in miniatura per svelare una tastiera e uno schermo che permettevano di controllare e inviare email in tutta comodità.
Anche in questo caso il product placement cinematografico giocherà un ruolo fondamentale: il 9110 è infatti il telefono speciale di James Bond (Pierce Brosnan) in “Il domani non muore mai”.
L’ultimo vero “cellulare” dal design iconico prima della rivoluzione degli smartphone è il Motorola Razr, lanciato dall’azienda americana nel 2004. Sottile e stiloso, a partire da quel nome tagliente, il Razr fu lanciato inizialmente come fashion phone destinato a un pubblico ricco ed elitario (costava tantissimo, circa 500$). Motorola però abbassò il prezzo dei modelli successivi con il risultato che al luglio 2016 l’azienda era già riuscita a venderne più di 50 milioni di esemplari. È tornato nel 2019 in versione smartphone con schermo pieghevole, in un’operazione a metà tra nostalgia e innovazione.
La presentazione dell’iPhone nel gennaio del 2007 e il lancio, poi, a giugno dello stesso anno, fanno della prima metà del 2007 uno dei momenti storici più rilevanti nella storia della telefonia. Sull’iPhone, sul suo design, sulla rivoluzione tecnologica, culturale e sociale che ha innescato si potrebbero scrivere interi trattati. Impossibile, insomma, sintetizzare dieci anni di evoluzione della tecnologia degli smartphone in una singola didascalia. Ci limiteremo a ricordare perché quel dispositivo fu rivoluzionario, con le parole di Steve Jobs, durante la presentazione del gennaio 2007.
“Well, today, we’re introducing three revolutionary products. The first one: is a widescreen iPod with touch controls.The second is a revolutionary mobile phone. And the third is a breakthrough Internet communications device. So, three things: a widescreen iPod with touch controls; a revolutionary mobile phone; and a breakthrough Internet communications device. An iPod, a phone, and an Internet communicator. An iPod, a phone … Are you getting it? These are not three separate devices, this is one device, and we are calling it iPhone. Today, Apple is going to reinvent the phone, and here it is.”
Anche per l’altra parte della barricata, quella dei telefoni Android, ci limiteremo a citare l’HTC Dream, il primo smartphone dotato del sistema operativo di Google. In risposta al lancio dell’iPhone, Google fu veloce a rivedere le specifiche del suo sistema per integrare il supporto al touch screen, ma il primo modello porta ancora i segni dell’era pre-smartphone, con una tastiera fisica e una rotellina di selezione. Fu comunque uno smartphone storicamente rilevante, con un design iconico e antesignano di alcuni elementi di design (come i tasti di controllo) che faranno parte del linguaggio della UX di Android per molti anni ancora. L’HTC Dream è importante soprattutto perché testimonia come, a differenza di altre aziende come RIM e Microsoft, Google capì immediatamente la portata storica dell’iPhone. È per questo che oggi il duopolio iOS-Android domina il settore.