L’annuncio dell’addio di Jonathan Ive dalla Apple è stata accolta da buona parte della stampa internazionale come la fine di un’era, quella che con la visione di Steve Jobs e la concezione materialistica del suo caro amico designer ha portato l’azienda di Cupertino in cima al mondo. Non solo quello tecnologico, intendiamoci, perché parliamo della prima compagnia capace di toccare una capitalizzazione superiore ai mille miliardi di dollari. Se Jobs era la mente che tracciava la strada da seguire, Ive è stato il braccio che ha permesso di poter viaggiare sulla strada indicata a velocità sostenuta.
L’unicità del personaggio l’ha raccontata più volte lo stesso co-fondatore Apple, con le sue parole ma più ancora dedicandogli gran parte del suo tempo trascorso in azienda, dai meeting mattutini ai pranzi consumati a quattr’occhi. Sposato sin da principio con il disegno industriale, grazie alla precoce passione per le auto, Ive è la mente che ha progettato i dispositivi che hanno trasformato la tecnologia, cambiandone la percezione agli occhi dell’uomo. Non più i consueti strumenti per eseguire un compito, bensì un oggetto bello ed efficace, pensato e curato in ogni suo aspetto per essere qualcosa non solo da usare ma anche da sfoggiare.
Fedele ai due motti che hanno permeato la sua filosofia - “Less is more” e “Form follows function” – a Ive si deve la nascita di prodotti che hanno ridisegnato la fruizione di tanti servizi, rivoluzionando la nostra quotidianità. È difficile immaginare che ci sia qualcuno nel mondo Occidentale che non abbia mai preso in mano o visto da vicino un iPhone, un Mac, un iPod o un iPad, dispositivi figli del pensiero di Ive e della sua capacità di dare forma alle idee spesso troppo avanguardistiche del temuto (dagli altri) e fidato compagno Steve.
E pensare che tutta la grandezza, tecnica ed economica, di Apple si deve in parte al caso, cioè al ritorno in sella di Jobs giusto in tempo per far tornare sui propri passi Ive, che agli inizi degli anni Novanta aveva lasciato l’Inghilterra per la California. Dopo le difficoltà iniziali e il flop dell’Apple Newton, Ive voleva solo voltare pagina ma Jobs ne fece invece il faro del team di designer. Dalle loro chiacchierate è nato il rovesciamento del concetto di causa-effetto su cui si basava la produzione delle aziende rivali: creare prodotti che le persone desiderino avere è stato il credo, farne uno status symbol è stata l’abilità, consentendo alla Apple di dominare il mercato e dettare le regole del gioco.
Con la scomparsa di Jobs e l’ascesa di Tim Cook l’azienda ha intrapreso gradualmente un nuovo cammino. Il baronetto Jony Ive (divenuto Sir nel 2012) è rimasto libero di sfogare la sua creatività in più direzioni concertando le attenzioni hardware sul Watch, unico prodotto inedito del dopo Jobs. Un oggetto che ha subito avuto impatto sul fin allora deludente mercato della wearable technology, con l’immediata impennata di vendite che ha trainato il segmento, ma che soprattutto riveste un’importanza strategica nel futuro a medio e lungo termine di Apple. Con l’orologio smart si può al momento controllare la frequenza cardiaca e tracciare un elettrocardiogramma, ma più avanti sarà un telecomando (come altri device simili) per tenere sotto controllo lo stato di salute delle persone e per riscrivere (tramite appositi software) la relazione tra paziente e medico; insomma l’Apple Watch sarà una delle chiavi di volta per garantire assistenza sanitaria ai clienti-pazienti.
Su quest’ultimo punto è d’accordo anche Ive, che con la sua LoveFrom - studio di design che lo vedrà affiancato a Marc Newson (pure lui ex Apple) che si dedicherà anche allo sviluppo di prodotti legati al mondo sanitario, considerato uno dei prossimi settori più redditizi del ramo tech. A proposito di futuro, con l’evento del marzo scorso in cui è arrivato l’annuncio di Apple Arcade, Card, News+ e Apple Tv+, Apple ha confermato come la priorità sia ampliare l’ecosistema proprietario introducendo servizi diversi tra loro e in grado di attirare la vastissima platea di possessori iPhone/iPad/Mac. Una prospettiva che pone in secondo piano, almeno provvisoriamente, la necessità di ideare nuovi dispositivi anche perché, nonostante il calo di vendite, l’iPhone resta una garanzia per le casse societarie.
Ecco, quindi, che l’uscita di scena di Jony Ive non sorprende, considerando pure che negli ultimi anni il designer inglese si è occupato dell’Apple Park, la nuova sede aziendale caratterizzata dalla forma simile a una astronave. Alla fine dell’anno Ive lascerà il suo celebre quanto misterioso ufficio (dove non potevano entrare neppure i suoi famigliari) ma non Apple, che sarà il principale cliente di LoveFrom ma non più l’unica a godere delle visioni e delle intuizioni del designer che ha ideato, realizzato e reso i suoi prodotti i più venduti e imitati al mondo.