“Noi andiamo avanti per approssimazioni e divisioni. Ma nella realtà le cose non stanno così, le cose sono distribuite in uno spazio unico. Non c’è divisione tra città, campagna, periferia, paesaggio. È tutto unico, è tutto lo stesso spazio. Quella che chiamiamo realtà non è diversa da quello che chiamiamo sogno, dove puoi essere a Roma, in bocca a un leone e in un bosco. Siamo noi che pensiamo che il sogno è irreale e la realtà è reale, ma nell’essenza delle cose non è affatto così. La separazione è un difetto del nostro percepire il mondo, mentre tutto è fluido e scorrevole”. Franco Arminio è un poeta e un regista che fa pensare pochissimo a Cartesio e moltissimo a Bergson. O meglio al Salvador Dalì della nascita dei desideri liquidi. Per questo, per Arminio, tutta la cultura occidentale, ma soprattutto l’Italia, non è un’esperienza frammentata in città, paesaggi, colline e aggregati, ma un continuum spaziotemporale che rappresenta la matrice dell’esperienza e la bussola della vita. Da qui la categoria di ‘catastrofe’, che coincide con quelle dei luoghi violentati ovunque, ma soprattutto in Italia. “Il recente culto di Matera non è solo marketing. È la rivincita dell’arcaico, dell’aura che purtroppo si sta perdendo in Sicilia dove l’esperienza dei luoghi somiglia sempre più a quella di Roma, Milano o Settimo Torinese più che a certe parti della Basilicata e della Calabria”. Nel sentire di Arminio, alla base della caduta c’è una mutazione antropologica fatale che ha prodotto una spinta economica folle.
“Ma, soprattutto, c’è un errore culturale, l’idea del paese arretrato di cui vergognarsi rispetto alle città, soprattutto quelle medie che non guardano più ai paesi come standard. Oggi Avellino guarda Napoli e Foggia guarda Bari, come forse Lione guarda Parigi e Manchester invidia Londra. Il problema è solo questo, oggi: che un luogo per essere bello e attraente deve assomigliare a Londra, deve promettere Londra, che è bella perché è Londra, proprio come Catanzaro è bella perché è Catanzaro. Bisognerebbe tornare bambini: tua madre è bella per come è, non perché assomiglia a Monica Bellucci”. Per Arminio il progresso come l’abbiamo conosciuto è molto pericoloso non soltanto perché crea reddito solo per un numero limitato di persone, ma soprattutto “perché fa danni alla salute dei luoghi, anche quando investe. Questo non vuol dire stare fermi, ma capire che ciò che serve a Catania non può essere lo stesso che serve a Mumbai. E le piazze e i marciapiedi di Isernia dovranno sempre essere diversi da quelle di Imperia”.
Franco Arminio (Bisaccia, Avellino, 1960) è un poeta, scrittore e regista italiano. Si autodefinisce ‘paesologo’. È documentarista e animatore di battaglie civili. Tra i suoi libri più recenti, Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra (Chiarelettere, 2017), Resteranno i canti (Bompiani, 2018), Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia (Laterza, 2018).