Partendo da Eames e dal suo celebre motto “Prendi sul serio il tuo divertimento”, Alexander von Vegesack ha costruito una scuola estiva dove, da più di 30 anni, insegna come affrontare il progetto in modo “olistico”.
Alexander von Vegesack
Se vuoi essere un buon designer, impara dalla natura
Vivere in campagna insieme a perfetti sconosciuti, osservare la natura, divertirsi e mettere le mani dentro i materiali aiuta a diventare un designer migliore?
View Article details
- Elena Sommariva
- 09 agosto 2018
- Lessac
A Lessac, nel centro della campagna francese, la tenuta storica di Boisbuchet dal 1986 continua ad accogliere, studenti e professionisti da tutto il mondo. In 150 ettari di terreno, dove oggi sono sparpagliati 20 edifici (tra architetture storiche e nuovi padiglioni progettati dai designer negli anni), ogni estate 400 tra studenti, designer, architetti e creativi di tutti i tipi lavorano al fianco di designer e artisti internazionali in workshop di una o più settimane. È una parentesi estiva che giova alla professione. E insegna un modo radicalmente diverso di affrontare il progetto. Alexander von Vegesack, che nel 1986 ha fondato questa scuola singolare – che lui definisce “olistica” – ci racconta come lasciarsi alle spalle la vita urbana (almeno per un po’), vivere con perfetti sconosciuti condividendo un unico obiettivo creativo e lavorare insieme divertendosi potrebbe cambiare radicalmente il modo di affrontare un progetto.
A Boisbuchet abbiamo la tendenza a insegnare in modo olistico, siamo convinti che la fantasia sia molto importante. E la fantasia diventa ancora più ricca quando si lavora divertendosi.
Quali sono gli aspetti peculiari che caratterizzano i workshop di Boisbuchet e che lo rendono un luogo unico?
A Boisbuchet abbiamo la tendenza a insegnare in modo olistico, siamo convinti che la fantasia sia molto importante. E la fantasia diventa ancora più ricca quando si lavora divertendosi. Un’esperienza come quella di Boisbuchet ti fa pensare come risolvere i problemi in modo completamente diverso. Un altro punto molto importante per noi è il contatto con la natura, abbandonare per un po’ la vita di città. Se frequenti un workshop in città, non sarai mai concentrato al 100% su quello che stai facendo. Ci sarà sempre qualcuno che ti mette sotto pressione per ottenere risultati realistici. Essere in mezzo alla campagna vuole invece dire rilassarsi, dimenticarsi del tempo che passa, gli altri obblighi sono lontani. Il terzo punto fondamentale è condividere la tua esperienza con studenti e professionisti di diverse culture, provenienti da ogni parte del mondo. Ognuno parte dal proprio punto di vista, ma deve discutere con gli altri il progetto da sviluppare insieme. Per stare a Boisbuchet devi essere anche disposto a condividere la stanza con uno sconosciuto. In questo modo, si crea una comunità: perfetti estranei che hanno il medesimo obiettivo creativo. Non abbiamo quasi mai avuto scontri, né discussioni poco piacevoli. Nemmeno ora che sempre più professionisti frequentano i nostri workshop. Nemmeno la differenza d’età non è un problema. Nessuno si è mai lamentato perché voleva andare a letto presto o per il volume della musica troppo alto. Prevale il desiderio di condividere esperienze e idee. Condividere la stanza con altre persone, andare al di là delle proprie abitudini e abbandonare l’ambiente urbano sono tre decisioni che influenzano moltissimo il proprio modo di pensare, aprono la mente e invitano a guardare ai problemi in modo olistico.
A volte, basta fare una passeggiata e osservare come la natura risolve i problemi: il 65% dell’innovazione nel mondo proviene dal mondo vegetale e animale.
Perché la campagna aiuterebbe ad affrontare meglio un progetto?
A volte, basta fare una passeggiata e osservare come la natura risolve i problemi. Lo confermano il MIT o le maggiori università tecniche: il 65% dell’innovazione nel mondo proviene dal mondo vegetale e animale. E grazie a microscopi, macchinari e computer sempre più precisi e sofisticati, oggi non possiamo limitarci a osservare e sorprenderci di quello che vediamo. Possiamo per esempio analizzare le tecniche usate dalle piante per ottenere risultati sorprendenti e possiamo copiarle. Due anni fa, il MIT e la TU Stuttgart hanno preso parte a un worskshop a Boisbuchet: hanno cominciato a lavorare su fibre di nuova concezione, per realizzare una cupola che possa fare a meno di un sistema di ventilazione. Se l’ambiente si surriscalda e diventa umido, le fibre si aprono con un sistema meccanico, che non consuma energia.
Imparare facendo, imparare gli uni dagli altri, lo scambio è continuo...
Certo: devi essere curioso, imparare dagli altri, ascoltare prima. Devi anche avere l’opportunità di mettere le mani dentro il materiale. Toccarlo, annusarlo. Se stai seduto davanti allo schermo del computer, non saprai mai se il materiale che vuoi usare per un progetto è quello giusto. Non sai come si sta comportando. All’università non puoi fare questa esperienza.
Devi essere curioso, imparare dagli altri, ascoltare prima. Devi anche avere l’opportunità di mettere le mani dentro il materiale. Toccarlo, annusarlo.
E poi c’è il discorso di progettare divertendosi…
Charles Eames (1907-1978) diceva sempre: “Prendi sul serio il tuo divertimento”. Credo che questo approccio giocoso sia davvero importante: “divertiti e imparerai un bel po’ di cose”. E la maggior parte delle persone che lavora nel campo del design lo dovrebbe fare. Invece, sono sempre nei loro uffici, sotto la pressione di scadenze imminenti. Scelgono i materiali al computer invece di sperimentare. Prendiamo, per esempio, il punto di vista antroposofico, quello di Rudolf Steiner. Credo che molte delle sue idee siano quanto mai attuali e rendano la nostra vita sociale molto più semplice. Nella scuola Wardorf da lui fondata, oltre allo studio e agli esami nel senso più classico del termine, hai anche la possibilità di diventare altro: un falegname esperto, un ebanista o qualcos’altro ancora. L’approccio pratico è molto importante. Anche in Germania, per fare un altro esempio, se hai almeno tre anni di esperienza lavorativa come falegname o ebanista, guadagni punti per essere accettato alla facoltà di Architettura. Anche senza un diploma di maturità. Ritengo che sia un ottimo sistema. Gli architetti e i designer con una formazione da ebanisti hanno una qualità completamente diversa nei loro prodotti.
Come sei arrivato a creare Boisbuchet, qual è stato il percorso che ti ha portato fin qui?
Da ragazzo, sono stato in collegio per tre anni e lì mi sono abituato a vivere in comunità. In quel periodo avevo dato vita a una piccola agenzia di lavoro temporaneo per studenti, lavoretti che ognuno poteva fare per guadagnare qualcosa. Ho anche però lasciato la scuola molto presto, a 13 anni: ero sempre troppo occupato con le mie cose e questo creava conflitti con gli insegnanti. Non ho più studiato – non in modo strutturato almeno –, ma sono sempre stato interessato a certi argomenti. Appena qualcosa m’incuriosiva o attirava la mia attenzione cercavo tutto il materiale possibile per approfondire e fare qualcosa alla perfezione. Ho continuato a vivere in comunità. Di solito, anzi ne ero il responsabile: della pianificazione economica soprattutto. Negli anni Settanta ho vissuto ad Amburgo in un grande appartamento con 6-10 persone, una situazione che richiedeva molti compromessi. Abbiamo iniziato ristrutturando vecchi appartamenti, ma questa attività non ha funzionato. In seguito, in otto, abbiamo occupato una ex fabbrica e fondato la Fucktory, un luogo di sperimentazione culturale. Organizzavamo spettacoli di teatro, concerti e film e, per finanziare i progetti culturali, gestivamo anche una discoteca per tre giorni alla settimana. Ho imparato molto da tutte queste attività.
Nel 1989, l’apertura del Vitra Design Museum che hai guidato fino al 2011…
Anche quando ho fondato il Vitra Design Museum, siamo partiti come una famiglia. C’era un solo storico dell’arte, Mathias (Schwartz-Clauss, oggi direttore di Boisbuchet, ndr), che aveva appena finito l’università. C’erano, tra gli altri, un ex calciatore, un ingegnere ferroviario, persone completamente diverse tra loro, che avevano però in comune un serio interesse nel realizzare questo museo. Abbiamo affittato tutti insieme un appartamento vicino alla Vitra tra le montagne della Foresta Nera. Per l’azienda è stato un incubo, ma, dovendo autofinanziarci, questa organizzazione ci ha permesso di contenere notevolmente i costi. Qui ho messo a frutto tutte le esperienze maturate ad Amburgo. Queste cose non si imparano a scuola o all’università. Questo è stato il mio background e sono sicuro che non sarei riuscito a fondare il Vitra Design Museum e a organizzarlo per 23 anni o a creare una realtà come Boisbuchet in nessun altro modo.