Situato nel cuore di Kamwokya – un quartiere povero ai margini della città di Kampala, in Uganda – il nuovo parco giochi progettato Francis Kéré, vincitore del Pritzker Prize, è una parentesi di spazio pubblico ritagliata nel fitto tessuto urbano, composto da case fatiscenti e vicoli caotici.
Completato quest’estate, il progetto è cresciuto tra spazi all’aperto per l’incontro, sale polivalenti per laboratori e corsi serali, una piccola palestra, un internet café, uno studio musicale, un campo multisport e servizi igienici. La Kamwokya Christian Caring Community, un’organizzazione locale no-profit che ha collaborato con Ameropa Foundation per la realizzazione del progetto, supervisionerà anche la gestione del sito, e Kéré ha donato i suoi servizi.
Cresciuto nel villaggio di Gando, in Burkina Faso, Kéré, che ora vive a Berlino, ha sviluppato un orecchio per ascoltare i bisogni degli altri, e per lui ogni commissione inizia da una conversazione. Così, nel 2016 sono stati organizzati i primi incontri aperti a Kamwokya e dopo quattro anni di progettazione e due anni di costruzione, il complesso appare oggi come infrastruttura sensibile, che influenza la vita locale a diversi livelli.
Anche se racchiuso su tutti i lati da muri allo spazio e al campo da gioco resta comunque un’atmosfera di apertura. Il campo è fiancheggiato da bassi padiglioni, con tettoie in lamiera leggermente sollevate, che forniscono una barriera contro il sole migliorando la ventilazione. Sul lato ovest del campo, invece, una zona coperta offre ombra per riposarsi, guardare le partite, mangiare o ballare. Un edificio in mattoni, oltre il campo, ospita invece spazi dedicati all’apprendimento e all’esercizio fisico.
Kéré, parlando della sua idea di architettura, ricorda spesso la figura tradizionale dell’albero di Palaver, di solito un baobab. Nelle comunità dell’Africa occidentale, infatti, gli abitanti dei villaggi si riuniscono sotto il Palaver: un’istituzione egualitaria per discutere di questioni pubbliche, fare affari o mantenere legami sociali. L’albero, con la sua ombra, è infatti un’architettura essenziale per la vita del villaggio: un luogo che accoglie tutti e in cui c’è posto per tutti.