Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1069, giugno 2022.
Francis Kéré ha posto le fondamenta della propria eccezionale carriera nel 2001 con l’edificio della scuola elementare di Gando, il suo villaggio natale in Burkina Faso. Il progetto, ideato durante gli studi presso la Technische Universität di Berlino, richiama l’attenzione internazionale già appena ultimato grazie alla pubblicazione su riviste di settore e al premio Aga Khan Award for Architecture, conferitogli nel 2004. In linea con questo primo lavoro pionieristico, Kéré continua a progettare edifici destinati all’istruzione, alla sanità e alla cultura, principalmente nell’Africa subsahariana.
La scala dei suoi progetti è cresciuta gradualmente, ma negli ultimi anni ha raggiunto nuove dimensioni e uno slancio maggiore, non solo per quanto riguarda la grandezza degli edifici, ma soprattutto per la rilevanza che acquisiscono oltre i confini regionali. In occasione della Biennale di Architettura del 2016 a Venezia, Francis Kéré presenta il progetto per un nuovo edificio parlamentare a Ouagadougou: una costruzione piramidale che sorge nel mezzo di un ampio spazio pubblico e che svetta sul paesaggio urbano della capitale del Burkina Faso. L’obiettivo è permettere ai cittadini di radunarsi davanti al Parlamento e accedervi attraverso un complesso di scalinate e giardini terrazzati. Il richiamo alla cupola accessibile al pubblico che sormonta l’edificio del Reichstag a Berlino realizzata da Norman Foster nel 1999 non è affatto casuale: anche a Ouagadougou si vuole lanciare un forte segnale di democrazia.
SKF-RTL Centro di Apprendimento per Bambini, Nyang'oma Kogelo, Kenya, 2020
Il centro didattico accoglie bambini di età compresa tra i quattro e i 14 anni, tutti provenienti da Nyang’oma Kogelo e dalla regione circostante. È stato commissionato dalla Fondazione Sauti Kuu per promuovere lo sviluppo personale attraverso l’acquisizione di competenze in ambito sportivo e agricolo. L’edificio è composto da due aule, una cucina, un ufficio e servizi igienici. Le diverse funzioni sono ospitate in volumi a pianta circolare disposti in modo organico l’uno rispetto all’altro, come nelle strutture tradizionali della regione. Le pareti curve collegano le unità circolari per definire una serie di spazi interstiziali, che assumono caratteristiche specifiche, prestandosi ad attività diverse e invitando i bambini a riunirsi e giocare. L’ambiente direttamente adiacente alla cucina è caratterizzato da un ovale ribassato nella soletta del pavimento, dove i bambini possono sedersi a gruppi durante i pasti. I muri sono stati realizzati con mattoni di terra pressata lavorati in loco e sono interrotti da aperture schermate da pannelli fatti con fusti di bambù. Le forme fluide definite dalla pianta contrastano con le linee decise della copertura di acciaio a farfalla. Questa fornisce un’ampia zona d’ombra e permette all’aria di circolare in tutta la struttura, creando un clima interno piacevole. Il tetto si estende anche oltre l’impronta dell’edificio, circondando le pareti esterne con una generosa zona d’ombra.
SKF-RTL Centro di Apprendimento per Bambini, Nyang'oma Kogelo, Kenya, 2020
Il centro didattico accoglie bambini di età compresa tra i quattro e i 14 anni, tutti provenienti da Nyang’oma Kogelo e dalla regione circostante. È stato commissionato dalla Fondazione Sauti Kuu per promuovere lo sviluppo personale attraverso l’acquisizione di competenze in ambito sportivo e agricolo. L’edificio è composto da due aule, una cucina, un ufficio e servizi igienici. Le diverse funzioni sono ospitate in volumi a pianta circolare disposti in modo organico l’uno rispetto all’altro, come nelle strutture tradizionali della regione. Le pareti curve collegano le unità circolari per definire una serie di spazi interstiziali, che assumono caratteristiche specifiche, prestandosi ad attività diverse e invitando i bambini a riunirsi e giocare. L’ambiente direttamente adiacente alla cucina è caratterizzato da un ovale ribassato nella soletta del pavimento, dove i bambini possono sedersi a gruppi durante i pasti. I muri sono stati realizzati con mattoni di terra pressata lavorati in loco e sono interrotti da aperture schermate da pannelli fatti con fusti di bambù. Le forme fluide definite dalla pianta contrastano con le linee decise della copertura di acciaio a farfalla. Questa fornisce un’ampia zona d’ombra e permette all’aria di circolare in tutta la struttura, creando un clima interno piacevole. Il tetto si estende anche oltre l’impronta dell’edificio, circondando le pareti esterne con una generosa zona d’ombra.
L’idea per il progetto è nata in seguito alle rivolte scoppiate in Burkina Faso nel 2014. Durante le sommosse, il Parlamento era stato dato alle fiamme, riportando danni gravi. Il progetto di Kéré avrebbe dovuto sostituire quell’edificio diventando emblema di una nuova rinascita democratica e, soprattutto, grazie alla sua struttura aperta, avrebbe dovuto rappresentare un un allontanamento radicale dall’eredità architettonica del periodo coloniale che nel Paese è ancora molto presente, in particolare negli edifici istituzionali e di rappresentanza. A causa dei successivi sviluppi politici in Burkina Faso, il progetto dell’edificio parlamentare non è ancora stato realizzato ma, insieme al concept per il Memorial Thomas Sankara (2017), indica chiaramente la volontà di Kéré di farsi carico, in veste di architetto, di un ruolo di responsabilità nella ricostruzione del suo Paese e di creare, soprattutto per la sua capitale, i simboli di una nuova identità emergente.
Nel confinante Benin, invece, Kéré sta riuscendo a realizzare una struttura analoga: nel 2019 il suo studio vince infatti il concorso per il nuovo edificio parlamentare per la capitale Porto-Novo, attualmente in costruzione. Sarà il primo edificio di questo tipo a essere progettato e realizzato da un architetto africano nel continente. Qui, Kéré prende ispirazione dall’albero di Palaver riproponendo l’antica tradizione delle comunità rurali dell’Africa subsahariana d’incontrarsi all’ombra della maestosa chioma vegetale, oggi come un tempo, per prendere decisioni collettive. La sede istituzionale assume così una funzione importante, ovvero quella di dare al Paese una nuova coscienza di sé.
Il successo di Francis Kéré in Africa e, sempre di più, anche in altri continenti, è profondamente legato alla sua doppia identità culturale. Nato e cresciuto in Burkina Faso, è rimasto legato al tessuto sociale e alle tradizioni del suo Paese natale, ma ha strutturato, fin da giovanissimo, legami anche in Europa grazie al percorso scolastico e universitario svolto in Germania. É qui che, nel 2005, ha fondato a Berlino lo studio Kéré Architecture, mentre a Monaco, dal 2017, ha una cattedra presso la Technische Universität (TUM).
Villaggio Opera, Laongo, Burkina Faso, 2010-ongoing
Opera Village è stato immaginato per la prima volta nel 2009 ed è il risultato della collaborazione tra Kéré e Christoph Schlingensief (1960-2010), regista teatrale e cinematografico, figura chiave della scena culturale tedesca. Schlingensief si è avvicinato al lavoro di Kéré perché affascinato dall’elemento partecipativo alla base di molti progetti del nostro studio, che lui paragonava alla scultura sociale teorizzata da Joseph Beuys. Punto d’incontro tra arte e architettura, il progetto è manifestazione tangibile di un concetto poderoso e utopico: un teatro dell’opera nel cuore di un villaggio africano. Così come Schlingensief era convinto che lo spettacolo vero e proprio avvenisse oltre il palcoscenico, il villaggio diventa così lo sfondo su cui si svolgono la commedia e la tragedia della vita quotidiana. Le idee centrali del concept sono che l’insediamento debba essere inteso come perennemente incompiuto e in continuo sviluppo e che vi siano il rispetto per l’importanza della lentezza oltre all’apprezzamento per il processo di maturazione. Il compromesso tra la fluidità dell’arte e la natura formale dell’architettura si manifesta nel fatto che, nonostante vi sia un progetto, la costruzione avvenga per gradi, adattandosi all’evoluzione continua delle esigenze. Questo implica che alcuni elementi inizialmente previsti forse non verranno mai realizzati. Il progetto prevede che la struttura principale del teatro dell’opera sia circondata da abitazioni, laboratori, atelier, una scuola e un centro sanitario. In più fasi, a partire dal 2011, alcuni edifici sono stati costruiti per e in collaborazione con la comunità locale, utilizzando argilla, legno e pietra lateritica del luogo. Il teatro dell’opera, non ancora realizzato, è concepito come una spirale, forma che vuole simboleggiare la libertà di aprirsi a ogni possibilità.
Villaggio Opera, Laongo, Burkina Faso, 2010-ongoing
Opera Village è stato immaginato per la prima volta nel 2009 ed è il risultato della collaborazione tra Kéré e Christoph Schlingensief (1960-2010), regista teatrale e cinematografico, figura chiave della scena culturale tedesca. Schlingensief si è avvicinato al lavoro di Kéré perché affascinato dall’elemento partecipativo alla base di molti progetti del nostro studio, che lui paragonava alla scultura sociale teorizzata da Joseph Beuys. Punto d’incontro tra arte e architettura, il progetto è manifestazione tangibile di un concetto poderoso e utopico: un teatro dell’opera nel cuore di un villaggio africano. Così come Schlingensief era convinto che lo spettacolo vero e proprio avvenisse oltre il palcoscenico, il villaggio diventa così lo sfondo su cui si svolgono la commedia e la tragedia della vita quotidiana. Le idee centrali del concept sono che l’insediamento debba essere inteso come perennemente incompiuto e in continuo sviluppo e che vi siano il rispetto per l’importanza della lentezza oltre all’apprezzamento per il processo di maturazione. Il compromesso tra la fluidità dell’arte e la natura formale dell’architettura si manifesta nel fatto che, nonostante vi sia un progetto, la costruzione avvenga per gradi, adattandosi all’evoluzione continua delle esigenze. Questo implica che alcuni elementi inizialmente previsti forse non verranno mai realizzati. Il progetto prevede che la struttura principale del teatro dell’opera sia circondata da abitazioni, laboratori, atelier, una scuola e un centro sanitario. In più fasi, a partire dal 2011, alcuni edifici sono stati costruiti per e in collaborazione con la comunità locale, utilizzando argilla, legno e pietra lateritica del luogo. Il teatro dell’opera, non ancora realizzato, è concepito come una spirale, forma che vuole simboleggiare la libertà di aprirsi a ogni possibilità.
Questo vissuto gli permette di farsi mediatore fra questi due mondi attraverso i suoi progetti. Già per la realizzazione della scuola elementare a Gando, Kéré aveva trasferito la consapevolezza diffusa in Europa sulla necessità di un’architettura sostenibile applicandola alle condizioni della vita nella savana, ancora ben radicate in lui. Nonostante lo scetticismo iniziale della sua comunità, lo ha fatto, scegliendo dei materiali come l’argilla, il più economico ed ecologico disponibile in loco. Grazie al successo riscosso dal progetto, Kéré procede poco tempo dopo con la realizzazione degli alloggi per gli insegnanti (2004) e con l’ampliamento della struttura con aule scolastiche (2008), a cui si aggiungono la scuola secondaria Naaba Belem Goumma e la biblioteca della scuola primaria oggi in costruzione.
Oggi il suo villaggio natale è diventato un campus didattico di rilevanza interregionale. Da qui emerge un altro principio cardine del suo lavoro: la progettazione incrementale, che prevede la possibilità di un ampliamento architettonico di un elemento funzionale. Fra gli esempi ricordiamo anche l’Opera Village, i cui lavori sono stati avviati da Christoph Schlingensief a Laongo nel 2010 con i due edifici scolastici, i laboratori e altri 16 edifici, e l’annesso centro per la salute e la previdenza sociale (2014), ma anche l’ambulatorio chirurgico e centro sanitario a Léo (2014). Rientra in questa casistica anche il campus didattico di Koudougou, la cui costruzione è iniziata nel 2014 con la realizzazione del Lycée Schorge, è stato ampliato nel 2020 e incorpora oggi il Burkina Institute of Technology. Questi progetti hanno un denominatore comune: sono complessi didattici, culturali o sanitari per le comunità di un Paese in cui tali servizi sono carenti.
Centro per la Salute e il Benessere Sociale, Laongo, Burkina Faso, 2014
Il centro è parte di Opera Village ed è stato pensato per fornire servizi sanitari e medici di base per le esigenze della popolazione di Laongo e delle aree circostanti. L’edificio è composto da tre unità, organizzate attorno a una sala d’attesa centrale: odontoiatria, ginecologia e ostetricia, e medicina generale. Il complesso è dotato di sale per le visite, aree di degenza e uffici per il personale. Diversi cortili ombreggiati sono concepiti per accogliere visitatori e familiari nei momenti di attesa e d’incontro con i propri cari. Il disegno giocoso delle finestre è derivato dai diversi punti di vista di chi si trova all’interno della struttura: sono ricalcati, infatti, i possibili coni visivi di chi sta in piedi, seduto o costretto a letto, compresi i bambini. Le aperture sono composte come cornici e ciascuna offre una vista su una parte unica del paesaggio circostante. In linea con l’estetica dei materiali e la visione ecologica di Opera Village, per la costruzione delle pareti a doppio involucro sono state utilizzate argilla e pietra lateritica per offrire una maggiore protezione dalla pioggia. Il legno di eucalipto locale, una pianta considerata un problema ambientale poiché contribuisce alla desertificazione, è stato usato come rivestimento per i controsoffitti e per le coperture delle passerelle.
Centro per la Salute e il Benessere Sociale, Laongo, Burkina Faso, 2014
Il centro è parte di Opera Village ed è stato pensato per fornire servizi sanitari e medici di base per le esigenze della popolazione di Laongo e delle aree circostanti. L’edificio è composto da tre unità, organizzate attorno a una sala d’attesa centrale: odontoiatria, ginecologia e ostetricia, e medicina generale. Il complesso è dotato di sale per le visite, aree di degenza e uffici per il personale. Diversi cortili ombreggiati sono concepiti per accogliere visitatori e familiari nei momenti di attesa e d’incontro con i propri cari. Il disegno giocoso delle finestre è derivato dai diversi punti di vista di chi si trova all’interno della struttura: sono ricalcati, infatti, i possibili coni visivi di chi sta in piedi, seduto o costretto a letto, compresi i bambini. Le aperture sono composte come cornici e ciascuna offre una vista su una parte unica del paesaggio circostante. In linea con l’estetica dei materiali e la visione ecologica di Opera Village, per la costruzione delle pareti a doppio involucro sono state utilizzate argilla e pietra lateritica per offrire una maggiore protezione dalla pioggia. Il legno di eucalipto locale, una pianta considerata un problema ambientale poiché contribuisce alla desertificazione, è stato usato come rivestimento per i controsoffitti e per le coperture delle passerelle.
Con questi lavori, in parte anche molto complessi, Kéré Architecture ha sviluppato una particolare competenza strategica attraverso un modello architettonico più economico e sostenibile, che ricorre all’impiego mirato e intelligente di materiali locali, come mattoni di argilla e laterite, e alle maestranze del luogo, pur conservando una forte ambizione strutturale e progettuale. Attraverso questi interventi, Kéré punta anche a reimmettere nell’economia locale i fondi ottenuti a sostegno della loro realizzazione e a inserire l’attività e la gestione di scuole e ospedali all’interno del sistema statale. Realizzando edifici analoghi, come il più recente Startup Lions Campus a Turkana (2021), il SKF-RTL Children Learning Centre nel villaggio di Nyang’oma Kogelo (2020), entrambi in Kenya, e il Kamwokya Community Playground a Kampala, in Uganda (2022), Kéré dimostra che i progetti realizzati in Burkina Faso e nelle regioni subsahariane possono essere adottati con successo anche in altre aree dell’Africa.
Grazie alla visibilità ottenuta da questi suoi progetti, Kéré è diventato un esempio per la nuova generazione di architetti in Africa, fra cui l’architetta Mariam Kamara in Niger. Con la realizzazione attualmente in corso del Goethe-Institut di Dakar, in Senegal, lo studio sta poi compiendo un ulteriore passo avanti. Gli istituti di cultura tedesca sono finanziati principalmente dal Ministero federale degli esteri e rappresentano una vetrina della politica culturale del Paese nel mondo. Il programma attuale, più che puntare alla diffusione e promozione della cultura tedesca è incentrato in primis sulla realizzazione e messa a disposizione di piattaforme pubbliche per lo scambio culturale. L’edificio dell’istituto di Dakar è il primo del Goethe-Institut a essere costruito appositamente e, in questo caso, addirittura su progetto di un architetto africano.
Molti Stati africani sono da tempo alla ricerca di modalità per superare il trauma e le conseguenze del colonialismo, e contrastare le tendenze di una nuova colonizzazione di matrice economica. Il contributo a Dakar di Kéré è molto importante in questo senso: il dialogo, infatti, trova espressione già nella forma, mostrando come sia possibile concepire la nuova architettura postcoloniale proprio attraverso la relazione fra culture. Accanto alla progettazione di edifici, negli ultimi anni Francis Kéré si è fatto conoscere, sempre di più e in tutto il mondo, per l’ideazione di padiglioni, mostre e installazioni per musei.
Startup Lions Campus, Turkana County, Kenya, 2021
Il centro di formazione sulle tecnologie informatiche e della comunicazione (TIC) è situato sulle rive del Lago Turkana. Il progetto, nato in risposta al pressante problema della disoccupazione giovanile nella regione, offre una formazione di alto livello e l’accesso a opportunità di lavoro internazionali, consentendo ai giovani imprenditori di crescere senza dover abbandonare il luogo d’origine. Il campus fornisce 100 nuove postazioni di lavoro ed è il primo passo di un’ambiziosa iniziativa tesa a diffondere le reti ICT nelle aree più remote. Il complesso omaggia la particolare morfologia e bellezza del sito. Costruito su due livelli che seguono il profilo del pendio, il complesso ha grandi terrazze con un’ampia vista sul lago, ombreggiate da pergolati con piante rampicanti che offrono piacevoli spazi per l’incontro all’aperto e per lo scambio informale. L’edificio s’ispira agli imponenti tumuli costruiti dalle colonie di termiti in tutta la regione. Le caratteristiche torri di ventilazione creano un effetto camino che raffredda in modo naturale gli spazi di lavoro principali estraendo l’aria calda verso l’alto, mentre l’aria fresca entra attraverso apposite aperture vicino al pavimento. Questo sistema permette al campus di far fronte alle temperature alte ed è particolarmente indicato in quanto impedisce alla polvere di danneggiare le apparecchiature elettroniche. Oltre al loro ruolo funzionale, le torri diventano un punto di riferimento nel paesaggio circostante. Le strutture sono realizzate con pietra proveniente da cave locali e finite con gesso. Nella scelta dei materiali e delle tecniche di costruzione, abbiamo cercato il miglior compromesso valutando i fattori di sostenibilità ecologica, costo e disponibilità. Fondamentale in questo processo decisionale è stata la collaborazione con la comunità locale, alla cui esperienza e competenza si è fatto ampio ricorso.
Startup Lions Campus, Turkana County, Kenya, 2021
Il centro di formazione sulle tecnologie informatiche e della comunicazione (TIC) è situato sulle rive del Lago Turkana. Il progetto, nato in risposta al pressante problema della disoccupazione giovanile nella regione, offre una formazione di alto livello e l’accesso a opportunità di lavoro internazionali, consentendo ai giovani imprenditori di crescere senza dover abbandonare il luogo d’origine. Il campus fornisce 100 nuove postazioni di lavoro ed è il primo passo di un’ambiziosa iniziativa tesa a diffondere le reti ICT nelle aree più remote. Il complesso omaggia la particolare morfologia e bellezza del sito. Costruito su due livelli che seguono il profilo del pendio, il complesso ha grandi terrazze con un’ampia vista sul lago, ombreggiate da pergolati con piante rampicanti che offrono piacevoli spazi per l’incontro all’aperto e per lo scambio informale. L’edificio s’ispira agli imponenti tumuli costruiti dalle colonie di termiti in tutta la regione. Le caratteristiche torri di ventilazione creano un effetto camino che raffredda in modo naturale gli spazi di lavoro principali estraendo l’aria calda verso l’alto, mentre l’aria fresca entra attraverso apposite aperture vicino al pavimento. Questo sistema permette al campus di far fronte alle temperature alte ed è particolarmente indicato in quanto impedisce alla polvere di danneggiare le apparecchiature elettroniche. Oltre al loro ruolo funzionale, le torri diventano un punto di riferimento nel paesaggio circostante. Le strutture sono realizzate con pietra proveniente da cave locali e finite con gesso. Nella scelta dei materiali e delle tecniche di costruzione, abbiamo cercato il miglior compromesso valutando i fattori di sostenibilità ecologica, costo e disponibilità. Fondamentale in questo processo decisionale è stata la collaborazione con la comunità locale, alla cui esperienza e competenza si è fatto ampio ricorso.
Nel 2012, con la realizzazione del segmento espositivo “Restoring Family Links”, all’interno della mostra permanente “The Humanitarian Adventure” del Museo della Croce Rossa Internazionale di Ginevra, lo studio si era già interrogato sulle modalità per rappresentare le complesse questioni sociali mediante strutture spaziali. Nel 2014, l’installazione interattiva Sensing Spaces alla Royal Academy of Arts di Londra era caratterizzata da una potente dinamicità e cromaticità, in grado di creare un forte effetto plastico, poi ulteriormente sviluppata nel 2016 per l’evento Colorscape al Museum of Art di Philadelphia. La mostra “Francis Kéré. Radically Simple” all’Architekturmuseum della Pinakothek der Moderne della TU München (2016-2017) ha invece offerto la prima panoramica sulla fase creativa iniziale dell’architetto.
Quest’occasione ha rappresentato anche il tentativo di Kéré di realizzare una retrospettiva sulla propria opera ambientata in un’architettura degli spazi espositivi da lui progettati. Il Serpentine Pavilion del 2017 era, invece, la riproposizione in contesto europeo della metafora dell’albero di Palaver come luogo d’incontro della comunità nel mondo africano.
Il conferimento del premio Pritzker a Francis Kéré in questo 2022 ha segnato un momento storico: il fatto che per la prima volta venga insignito un progettista nato in Africa e lì impegnato da oltre due decenni nel sociale e nella sostenibilità è la prova dell’eccezionale evoluzione architettonica in corso nel continente africano nella ricerca di un’identità postcoloniale. Al contempo, il premio rappresenta un riconoscimento dell’approccio distintivo di Kéré nello sviluppare, a partire dalla sua doppia identità culturale, nuove strategie progettuali, efficaci non solo nei Paesi subsahariani, ma anche in altre regioni del mondo.