Domus di maggio 2020 è incentrato in particolare su ciò che tutela la qualità della vita e sull’inaccettabile disuguaglianza delle condizioni di vita nel mondo. David Chipperfield nel suo editoriale si focalizza sul dramma dei senzatetto, problematica spinta ai margini durante la pandemia. Il guest editor afferma che “abbiamo reso normale un’emergenza in cui il temporaneo diventa permanente e il provvisorio definitivo”.
Domus 1046 è in edicola: “Stare separati, stare insieme”
In questo numero: David Chipperfield visita lo studio di Jo Noero; Jasper Morrison e Francesca Picchi tracciano una genealogia della cassetta di legno; i lavori del regista giapponese Hirokazu Kore-eda e altro ancora. Sfoglia la gallery e scopri i contenuti del numero di maggio.
Testo Tomà Berlanda. Foto Nerea Amoros Elorduy
Testo Richard Sennett. Foto Viennaslide/Construction Photography/Avalon/Getty Images
Testo Vittorio Magnago Lampugnani. Foto Canadian Centre for Architecture© Estate of Ilse Bing
Testo David Chipperfield. Foto Michael Ellis
Testo Deborah Berke. Foto Rafael Gamo
Testo Deborah Berke. Foto Florian Holzherr
Testo Deborah Berke. Foto Sandra Pereznieto
Testo Jonathan Olivares. Foto Frank Benson, Extrusion IV (single ribbon, square tube), 2011. Ceramica, base in MDF
Testo Jasper Morrison con Francesca Picchi. Foto Tabouret progettato da Le Corbusier nel 1959 per la Maison du Brésil, nella Cité Internationale Universitaire di Parigi (© Galerie Patrick Seguin/SIAE 2020)
Testo Graham Pullin. Foto © Ottobock
Testo Robin Monotti Graziadei. Foto BIM Distribuzione
Testo Balkrishna Vithaldas Doshi. Foto Vastushilpa Foundation
Testo Samira Shackle. Foto Sabir Mazhar / Anadolu Agency / Getty Images
Testo Peter Schneider. Foto Jean Claude Castor, Berlin Potsdamer Platz Panorama
Testo Fulvio Irace. Foto Archivio Domus
Testo Jonathan Griffin. Foto © Erwin Hauer, courtesy Erwin Hauer Studios, 1973 ca
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- La redazione di Domus
- 05 maggio 2020
Nell’Agenda di questo mese Tomà Berlanda sostiene che gli architetti e i designer debbano prima di tutto chiarire il discorso sul termine ‘ricovero’ e la sua associazione a un prodotto di qualità inferiore. Richard Sennett ammonisce alla cautela sul controllo autoritario e l’isolamento sociale in cui potrebbero sfociare. Vittorio Magnago Lampugnani si chiede se sia il caso di abbandonare totalmente il progetto del Movimento moderno, che mal si adatta alle nuove necessità.
David Chipperfiled incontra nel suo studio Jo Noero, mentre Deborah Berke sceglie per Affinità tre progetti americani di riuso innovativo ma differenti per scala e funzione, che offrono una serie di risposte a strutture tradizionali.
Nella sezione Design e Arte, Jonathan Olivares analizza il design nato sulla base di collezioni soggettive, mentre Jasper Morrison e Francesca Picchi tracciano una genealogia della cassetta di legno. Esplorando l’interazione tra design e tecnologie robotiche, Graham Pullin ci accompagna nel terreno della protesistica. Infine Robin Monotti Graziadei mette in rilievo l’opera del regista giapponese Hirokazu Kore-eda. Tra le Riflessioni, Balkrishna Doshi ritrae con disegni a carboncino il suo studio, ispirato al suo maestro Louis Kahn, rivelando la fluidità del suo modo di lavorare e il desiderio di creare “qualcosa di vivo”. Samira Shackle scrive da Karachi, dove metà della popolazione non dispone di acqua potabile, descrivendo un progetto-pilota in uno degli insediamenti spontanei. Peter Schneider riflette sulle grandiose piazze di Berlino che conferiscono “a una città la sua fisionomia” e ci danno il senso di essere saldamente collocati in un luogo. Fulvio Irace termina ricordando i progetti prefabbricati di Jean Prouvé, strutture domestiche di metallo che privilegiano “l’agilità della tecnica come strumento per soddisfarne la vocazione sociale”.
Nel Diario, dedicato all’attualità, Walter Mariotti parla della cultura del narcisismo e del dovere dell’estetica. Nelle pagine dedicate all’arte Valentina Petrucci dialoga con il collezionista d’arte Michele Marocchino, mentre Silvana Annicchiarico presenta, come ogni mese, tre giovani designer. Antonio Armano, per la rubrica Storie di aziende, narra la storia di Mario Pedrali, collezionista e innovatore. Conclude la sezione di questo mese un caffé virtuale tra Walter Mariotti e Clarice Pecori Giraldi, parlando delle future problematiche del mercato dell’arte.
Tomà Berlanda sostiene che gli architetti e i designer devono prima di tutto chiarire il discorso sul termine ‘ricovero’ e la sua associazione a un “prodotto di qualità inferiore” per un “utente di livello inferiore”, con lo scopo di ricordare che “il dovere dell’architetto è progettare spazi per la vita e le attività umane, non importa dove”.
Riflettendo sull’impatto della pandemia sulla vita urbana Richard Sennett ammonisce alla cautela sul controllo autoritario e l’isolamento sociale “in cui potrebbero sfociare” e ci sfida a riprendere in considerazione l’architettura della densità.
L’edilizia di massa del Moderno con il richiamo ai “requisiti minimi” e alla produzione in serie mal si adattano a questi criteri, ma Vittorio Magnago Lampugnani si chiede se sia il caso di abbandonare totalmente il progetto del Movimento moderno. A un’analisi più attenta, la sua ambizione di fornire riparo a tutti e l’ideologia che sottendeva rimangono comunque importanti per i nostri tempi.
L'atteggiamento vitale di Jo Noero nei confronti della professione rivela un sincero entusiasmo per le qualità materiali dell’architettura, accanto a una profonda consapevolezza che il suo potere politico risiede in prevalenza nei processi in cui l’architettura viene creata – dentro gli studi come fuori di essi – e nell’autonomia dei suoi utenti. Di fronte all’ingiustizia, alla discriminazione e alla corruzione del Sudafrica, nei decenni della sua carriera, Noero è rimasto fedele alla convinzione del potere della piccola scala in contrasto con le grandi iniziative, soprattutto nella realizzazione delle abitazioni.
PRO Peterson Rich Office, Perrotin, New York
Davidson Rafailidis, Big Space Little Space, Buffalo, USA
Cadaval & Solà-Morales, CH-Reurbano, Città del Messico/Mexico City
In un momento in cui molti di noi riscoprono interessi personali, Jonathan Olivares parla del caso del design realizzato sulla base di collezioni soggettive di riferimenti e di valutazioni, spesso collegate al settore solo tangenzialmente. Le grandi invenzioni, afferma, si fondano su “materiali e tipologie che s’incrociano in fase di produzione, inventando nuove strutture sintattiche”.
Al fine di sviluppare un repertorio collettivo di fonti, Jasper Morrison e Francesca Picchi analizzano la cassetta di legno – oggetto spesso trascurato, “così essenziale, privo del minimo elemento superfluo” – e il suo influsso su designer e artisti che hanno cercato di coglierne le qualità in forme nuove.
Esplorando l’interazione tra design e tecnologie robotiche, Graham Pullin ci accompagna nel terreno della protesistica. Pur trattandosi di un settore tradizionalmente dominato da tecnologi e clinici, il designer qui ha un ruolo evidente nell’attenzione al significato profondo degli aspetti materiali e dell’identità personale.
Robin Monotti Graziadei mette in rilievo l’opera del regista giapponese Hirokazu Kore-eda, i cui film esplorano quei rituali e quelle interazioni che danno forma alla famiglia e il modo in cui un contesto spaziale diventa una casa.
I disegni a carboncino con cui Balkrishna Doshi ritrae il suo studio, ispirati al suo maestro Louis Kahn, rivelano la fluidità del suo modo di lavorare e il desiderio di creare “qualcosa di vivo”: un susseguirsi di esperienze, più che una forma dalle funzioni predefinite.
Samira Shackle scrive da Karachi, dove la crisi non è una novità. Metà della popolazione non dispone di acqua potabile e di scarichi fognari nelle proprie case, ma un progetto-pilota in uno degli insediamenti spontanei combatte il caos amministrativo, la violenza e la corruzione aiutando i residenti a creare collegamenti grazie alle competenze tecniche e a prendere così in mano la propria situazione.
Peter Schneider, che descrive le strade di Berlino vuote nelle ultime settimane, riflette sulle grandiose piazze che conferiscono “a una città la sua fisionomia” e ci danno il senso di essere saldamente collocati in un luogo. Schneider ci accompagna in una Berlino le cui complessità, le cui contraddizioni e i cui errori risaltano più nettamente nell’attuale condizione di spopolamento.
I progetti di Jean Prouvé per strutture domestiche prefabbricate di metallo privilegiano “l’agilità della tecnica come strumento per soddisfarne la vocazione sociale”. Fulvio Irace ricorda come dell’indagine che Prouvé ha condotto per tutta la vita sulla “architettura del montaggio” Domus abbia dato conto dagli anni Quaranta agli anni Settanta.
Il Salone del Bagno ed Eurocucina portano ogni due anni a Milano, all’interno del Salone del Mobile, soluzioni di arredamento per quelli, tra gli ambienti domestici, che più sono chiamati a rispondere a istanze tecniche e funzionali. Annullati quest’anno a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, confluiranno nel Salone del Mobile 2021 (dal 13 aprile al 18 aprile) che sarà un’edizione importante sia perchè il Salone compirà sessant’anni sia perchè si terranno in concomitanza con gli altri due appuntamenti biennali dedicati all’illuminazione e all’ufficio.
All’architetto Victor Bisharat si devono parecchie sedi aziendali di Stamford, nel Connecticut, tra cui la direzione centrale della GTE (General Telephone and Electronics Corporation), completata nel 1973. L’edificio fu il primo quartier generale di un’azienda a essere costruito ed effettivamente utilizzato a Stamford, quando la città era in rapida espansione. Nel 1999 fu acquistato dalla società farmaceutica Purdue Pharma, recentemente bersaglio di forti critiche e di azioni legali per la commercializzazione dell’ossicodone, farmaco collegato all’attuale crisi degli oppioidi negli Stati Uniti.
Autore Thomas Demand