Quando un’istituzione apre al pubblico una mostra che prova a riquadrare l’arte contemporanea italiana, il concetto di identità nazionale e di appartenenza si modifica repentinamente, si sposta rispetto auna visione iniziale, e cambia all’istante, diventando sovraesposto. Quasi a segnalare il limite di una nuova, piccola estinzione di genere, e comprendendo la messa in crisi di una identità. Ma in fondo, in questi ultimi anni, “potremmo forse conoscere qual sia l’arte che migliora l’uomo se non sapessimo chi siamo noi stessi?” (Socrate, Alcibiade Maggiore 128 C – 129 B). Una plausibile risposta a questa domanda, nonostante le premesse iniziali, potrebbe essere fornita dalla multiforme mostra collettiva dal titolo “That’s IT! Sull'ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine”, a cura di Lorenzo Balbi, che inaugura la nuova era del MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna. “That’s IT!” a partire dal proprio sottotitolo, cita alcuni versi di Arte e confini di Bruno Munari (Codice ovvio, 1971): “In Italia l’arte ha da essere italiana / in Polonia polacca / in Turchia turca e se un turco va a dipingere in Polonia / che arte ha da fare? / e se la Polonia occupa la Turchia? in Italia arte italiana e a un metro e ottanta dal confine francese? […]”
MAMbo. Ritratto di una de-generazione: 56 artisti italiani emergenti
Autori nati tra il 1980 e il 1996 installano i loro lavori più significativi nella mostra “That’s IT! Sull'ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine”.
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- Ginevra Bria
- 23 luglio 2018
- Bologna
Il neo-direttore Balbi, nella Sala delle Ciminiere, lo spazio a piano terra, a sinistra rispetto alla sala d’ingresso, convoca cinquantasei artisti, nati tra il 1980 e il 1996. Sebbene il primo nucleo preventivamente selezionato dal curatore/direttore, fosse rappresentato da appena dieci presenze, gli artisti sono aumentati, nell’arco di diversi mesi, arrivando ad un numero totale di una quarantina di ragazzi e sole diciassette ragazze. Comunità che prova a rendere il concetto di identità italiana non tanto una convenzione, quanto, piuttosto, un documento di riconoscimento. L’essere italiani, infatti, lungo l’affollatissimo percorso espositivo, come un vero e proprio passaporto, si smagnetizza in continuazione e deve essere sostituito da risalite non necessarie lungo l’identificazione anagrafica; origini che modificano ogni plausibile validità, lavoro per lavoro, e che rintracciano, seppure in breve, anche partecipazioni di artisti stranieri operanti in Italia. Le collezioni Novecentesche del museo Bolognese, in parallelo, pur rappresentando un’eredità culturale e una testimonianza nel tempo, sembrano creare dialoghi a distanza, con “That’s IT!” (IT come codice dell’Unione Europea che individua la sigla dell’Italia) che preferisce starsi a guardare, creando sistemi dialettici talvolta chiusi e talvolta aperti, ma pur sempre intra-generazionali.
Benché la selezione della mostra proponga i lavori più rappresentativi di 56 diversi artisti, che hanno deciso liberamente come presentare loro stessi, non crea analogie, ma all’opposto provoca ridondanza, amplificando un’entropia di media e di letture che ne rendono incomprensibile, inudibile una voce interiore; sottolineando, infine, la multi-individualità di andature teoretiche e tematiche. La geografia mappata complessivamente, da tutti i lavori, posti all’interno di metrature densificate, non lascia, ad esempio, spazio per una ricerca più approfondita dei lavori prodotti dal museo e realizzati appositamente per l’occasione, dando luogo a diverse stratificazioni e processi produttivi della Contemporaneità. Nonostante il prisma visivo, creato da fotografie, segnali a LED, interventi sonori, installazioni aperte al pubblico, sculture, performance e opere su carta, disposti senza barriere, alcuni lavori descrivono il paesaggio-Italia aderendo ad esso, mentre altri si astraggono, o si allontanano, come succede per il lavoro multivideo presentato da Margherita Moscardini (1xUnknown (1942-2018, to Fortress Europe with Love), 2012-2018) dedicato all’Atlantic Wall, una linea difensiva di 15000 fortificazioni costruite lungo la costa atlantica europea, dai Pirenei alla Norvegia, riconosciute dall’artista come sculture e analizzate attraverso la loro presenza spaziale. Come dunque, ad esempio, identificare l’ultima generazione di artisti in Italia, attraverso opere monumentali in bronzo (Margherita Raso, Bianco Miele, 2016), calchi di precedenti, più coraggiose installazioni; oppure attraverso lavori ben noti come l’installazione video a tre canali di Danilo Correale (We Are Making History, 2010) oppure Catch Me When I Fall (2004, video M2V, 10’02” e 2’26”) degli Invernomuto?
Le pratiche ultime, si innestano e crescono al di là degli alter-ego ben codificati di Diego Marcon (ToonsTune (Four Pathetic Movements), 2016) e Beatrice Marchi (Ruffiana la Mafalda, 2017, legno, acrilico su vetro) come testimonia il Wall Painting (2018) di Ian Tweedy, che arriva a dissipare l’identità stessa del raggruppamento. A testimonianza del fatto che qualsiasi comunità, pur avendo coscienza di sé, modifica lentamente e necessariamente la propria consapevolezza, nel corso dei processi storici, sociali, culturali, economici, linguistici e anagrafici all’interno del quale diventa movimento.
- That’s IT! Sull'ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine
- 11 novembre 2018
- Lorenzo Balbi
- MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna
- via Don Minzoni 14, Bologna