Istruzione a Kigali

Kigali, Ruanda, coordina la riforma del sapere in Africa. Le iniziative comunitarie sono potenti strumenti di riforma delle città, che fanno richiesta di ospitarle.

Spacial Solutions, Kigali Congress Centre, 2016
Al Centro congressi di Kigali si è tenuto di recente un convegno sull’istruzione terziaria, intitolato Mobilising African Intellectuals towards Quality Tertiary Education (“La mobilitazione degli intellettuali africani in favore di un’istruzione terziaria di qualità”).

“Uno dei punti forti del convegno è stata la presentazione dell’‘Iniziativa Kigali’, diretta a mobilitare classi dirigenti e società africane a favore di forti e coordinati investimenti per il miglioramento dell’istruzione terziaria in Africa, con l’obiettivo di ottenere un alto livello di risultati in tutto il continente.

‘L’obiettivo è inserire entro il 2030 almeno 25 università africane nella lista delle 300 migliori università del mondo, sulla base di classifiche internazionali e criteri relativi alle esigenze africane, e favorire il ruolo guida delle università africane per il conseguimento degli obiettivi degli SDG [UN Sustainable Development Goals] e dell’Agenda 2063 [dell’African Union] attraverso una ristrutturazione dei curricoli, dei corsi di laurea, della formazione professionale, della ricerca, dell’imprenditorialità e della consulenza strategica’, dichiara Belay Begashaw, direttore generale del Sustainable Development Goals Centre for Africa (SDGC/A). Begashaw sottolinea che, con questa iniziativa, si intende creare una rete di rettori delle università africane, mobilitare gli intellettuali, gli imprenditori e la popolazione della diaspora africana per sostenere l’iniziativa e lavorare insieme per il suo successo.” (New York Times: http://www.newtimes.co.rw/section/read//215673/)

 

Questo ambizioso programma di ristrutturazione dell’istruzione terziaria africana, di recente reso pubblico, è significativamente incentrato su Kigali, una città che punta a diventare la base della mobilitazione del mondo accademico e scientifico, e del coordinamento delle competenze e dei sistemi di qualificazione di tutto il continente. Sotto questo aspetto Kigali si può paragonare alla città di Bologna, che grazie alla sua antica università si è fatta carico della nuova configurazione delle università europee in funzione delle attuali esigenze di competenza e di attenta gestione delle risorse didattiche e di ricerca in una dimensione coordinata che ha l’estensione dell’Unione Europea. È fin troppo facile sottovalutare la quantità di nuovi programmi molto efficienti e di portata continentale varati e gestiti dagli enti di coordinamento africani. Questi ultimi appaiono spesso alquanto fantasmatici dal punto di vista istituzionale perché le loro sedi direzionali si spostano regolarmente a rotazione tra una città e l’altra invece di stabilirsi in una singola base operativa come Washington o Bruxelles. Questa rotazione dei centri di mobilitazione dei programmi continentali, benché comporti alcuni inconvenienti e talvolta qualche ambiguità, garantisce anche un’elasticità per cui le città africane possono richiedere il ruolo di centri direzionali temporanei e sostenitrici di questa o quest’altra iniziativa a carattere continentale. Ciò spinge le città africane a una coerente autovalutazione, in termini di capacità di mobilitazione, tutela di certi valori e disponibilità di competenze adeguate. Inoltre garantisce che città come Kigali si vedano inserite in una prospettiva cosmopolita che contribuisce attivamente a dar forma alla loro immagine di sé come poli, portali o analoghi modelli metaforici di connessione delle idee, delle energie e delle capacità.

Mentre New York e Roma sono per consuetudine associate alla presenza dei centri direzionali di programmi fondamentali delle Nazioni Unite, non è chiaro quale impatto avrà sulle città africane la presenza di iniziative mirate all’equità di livello mondiale: se cioè queste ultime abbiano dati vita a specifiche istituzioni per articolare dibattiti, accordi, iniziative diplomatiche e organizzative di così ampia portata strategica, o se invece questi centri di cosmopolitismo non siano paradossalmente diventati dei recinti ermeticamente chiusi. Tra le città africane non c’è consuetudine né molta disponibilità nei confronti del ruolo di centro direzionale di iniziative di ampia portata, e anzi si è sviluppato un mercato di offerte di amichevole competizione in cui le città inventano e propongono iniziative per il bene comune del continente e si trasformano per poter ospitare questi programmi, alla stessa maniera in cui altre città si trasformano per ospitare campionati mondiali di calcio o giochi olimpici. La recente alleanza tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica va oltre la pura esigenza di svincolare i prestiti agli Stati dalla Banca Mondiale e dall’IMF, e riflette invece il modo in cui iniziative nate in continenti diversi possono facilmente integrare i loro programmi per raggiungere una dimensione mondiale apprezzabile.

È significativo che la città di Kigali si metta al servizio del cambiamento dell’istruzione superiore e della ricerca in tutta l’Africa. La città infatti ha riprogettato se stessa intorno a transazioni regionali e continentali ancor prima di venirne a conoscere gli esempi più prestigiosi. Kigali si è futuristicamente immaginata come un polo anche se ciò significava in qualche misura concentrarsi su mercati, opportunità di sviluppo e ruoli che avevano origine oltre i suoi confini. Il che è quasi l’opposto della situazione di Bruxelles o di Ginevra, dove la presenza dei nodi delle organizzazioni mondiali resta perennemente in questione. Così come in Europa e dovunque sono stati fatti progressi nell’accessibilità all’istruzione terziaria, la conseguenza indesiderata in Africa è l’aumento del numero di laureati disoccupati. È improbabile che il settore pubblico oppure il settore privato adeguatamente incentivato possano mai raggiungere le dimensioni necessarie a dare lavoro a questi laureati. Se il capitale umano non vuole essere costretto ad affrontare la sottooccupazione o la migrazione dovrà rianalizzare consapevolmente le opportunità di sviluppo delle città e delle regioni attuali. Così come la crescita odierna di Kigali è il risultato di attente riflessioni e iniziative sui vantaggi della sua posizione, il suo futuro può dipendere dai modi, spesso ancora imprevisti, in cui i giovani laureati ripenseranno le catene di valore, le reti e le occasioni di sviluppo implicite nella vita quotidiana della città.

© riproduzione riservata

Ultime News

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram