Ti piace. Questa illustrazione ti attira, ti incuriosisce. È semplice ma complessa, intuitiva ma calcolata, bidimensionale ma fluida, meno ma più. Per realizzarla, così come tutte le altre illustrazioni, Andrea Minini utilizza due linee soltanto. “La mia ispirazione è l’etica modernista del less is more. Ovvero utilizzare il minor numero di elementi possibili per rappresentare un concetto più ampio e variegato. Una sorta di codice binario, un linguaggio universale che fa parte del mio stile: ottenere da una sintesi una bellezza formale”.
Architectures in moiré
Grafico, illustratore, artista, Andrea Minini presenta in anteprima le sue nuove esplorazioni architettoniche e racconta come nascono le sue immagini, seguendo il miesiano “less is more”.
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- Francesca Esposito
- 14 marzo 2016
- Milano
Classe ’79, studi al Politecnico di Milano in Design della Comunicazione, dopo dieci anni come graphic designer in uno studio di Milano, Andrea Minini oggi si occupa di illustrazione e grafica come freelance. Tre anni fa, un po’ per gioco e un po’ per ossessione, ha iniziato a scandagliare l’universo di Illustrator, sperimentando le diverse funzioni del software. Le sue tre serie Animals in Moirè, con l’effetto di distorsione visiva dovuto alla sovrapposizione di trame diverse, riscuotono un incredibile successo. Partecipa alla collettiva “Gusto Robusto – Stampe d’arte vettoriale” durante il Treviso Comic Book Festival, tiene una lezione allo IED di Milano sulle immagini vettoriali e su Behance – il network americano nato nel 2006 che mette in contatto aziende e creativi – le sue immagini contano più di 120.000 visualizzazioni. Su Domusweb presenta in anteprima le sue nuove esplorazioni architettoniche Architectures in Moireè: dal Seagram Building di Mies van der Rohe a New York al Guggenheim di Frank Gehry a Bilbao, passando per il ponte di Brooklyn e il Pirellone di Milano.
Francesca Esposito: Come vengono realizzate queste immagini? Andrea Minini: In realtà non c’è un disegno o una progettazione vera e propria, il mio intento è riuscire a ottenere una forma complessa utilizzando il numero minimo di linee che poi vengono interpolate fra loro. La difficoltà sta proprio nel fare una sintesi formale di quello che viene rappresentato. C’è qualcosa che puoi togliere, qualcosa che puoi lasciare, l’importante che il tutto abbia un aspetto fluido.
Francesca Esposito: Less is more, graficamente parlando? Andrea Minini: Sia dal punto di vista della forma dell’illustrazione sia da quello dell’approccio, ho sempre cercato di mantenere la regola etica di Mies van der Rohe. Per quest’ultima serie dell’architettura ho utilizzato codici base, linee tratteggiate, spigoli, linee rette, per poter rappresentare qualcosa di più complesso.
Francesca Esposito: Hai cambiato il soggetto, sei passato dagli animali all’architettura, parlaci di questa nuova serie. Andrea Minini: Mi piace quel filone della fotografia che cattura l’architettura in maniera minimalista, immortalando solo i dettagli, come il tetto, la fuga di un angolo, la geometria degli edifici. L’architettura in questo senso si presta molto al mio stile e sposa l’aspetto matematico, semplice ma complesso allo stesso tempo, delle mie illustrazioni che per qualcuno sono simili a carte topografiche. L’architettura ragionata in questi termini, quindi per argomenti minimi, mi sembra un buon argomento. Ho quindi creato prospettive, utilizzando solo linee tratteggiate e angoli, ho giocato con gli spessori e attraverso questi elementi sono arrivato a qualcosa di complesso.
Francesca Esposito: Tutto calcolato, quindi? Andrea Minini: L’obiettivo è quello di avere il controllo sulle cose ma, come nella matematica e nella fisica, anche nella grafica è presente un elemento di casualità. Nelle mie illustrazioni, c’è in minima parte nell’utilizzo delle curve, ovvero quando avviene l’interpolazione automatica delle linee. Per il 90% delle volte la devo rifare perché l’effetto è sbagliato, però il 10% delle volte riesce bene. È un po’ come una macchia di colore sulla tela.
Francesca Esposito: Cosa comporta l’errore? Andrea Minini: Quando sperimenti qualsiasi tipo di strumento, che possa essere una matita o un software, c’è sempre qualcosa che va fuori dal controllo. Mi sono accorto che proprio nell’errore, quando per esempio un tipo di curva si comporta in un determinato modo, si nasconde qualcosa di creativo. Le mie illustrazioni sono frutto di un lavoro di ricerca e di sperimentazione, oltre che di un metodo progettuale e di uno stile rigido.
Francesca Esposito: È difficile catturare l’attenzione attraverso un’immagine? Andrea Minini: In un giorno vedi 5.000 immagini, un bombardamento continuo, per questo è importante riuscire a far cogliere, in un attimo, la bellezza. Il segreto sta proprio nel fatto di spiegare le cose con un’immagine sola. E il fatto di essere minimi e non ridondanti, puliti e non complicati, è un valore assoluto.
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