Questo articolo è stato pubblicato su Domus 955, febbraio 2012
Da anni, Michael Stoll ricerca, colleziona e
pubblica online materiale cartaceo che andrebbe
altrimenti perduto. Il suo account Flickr conta
ormai più di cento set di immagini personalmente
scansionate dal suo archivio: un dettagliatissimo
panorama dell'information design dagli inizi del
Novecento a oggi, che comprende manuali d'uso
e istruzioni, resoconti illustrati, rappresentazioni
urbane, atlanti. Questo patrimonio digitale è
anche un'ostinata testimonianza del potere
dell'informazione. Quando arriviamo all'università
di scienze applicate di Augusta, uno dei tre
atenei in cui insegna Teoria dei Media e Design
dell'Informazione, il professor Stoll ci conduce
subito in un lungo tour attraverso aule e laboratori,
raccontandoci il lavoro dei suoi studenti e come
l'obiettivo del suo insegnamento sia allevare
designer consapevoli dell'autonomia di ogni forma
di conoscenza.
Quando hai iniziato la tua collezione?
È accaduto quando mi sono reso
conto del pericolo di una possibile scomparsa della
carta, sopraffatta dal digitale. Ciò che puoi tenere
in mano dà un'impressione più olistica di un
argomento. Quando ho cominciato la mia collezione,
ho scoperto anche che molte cose utili e interessanti
erano già state inventate in passato. Ho poi deciso
di concentrarmi su un determinato periodo, perché
la mia collezione cominciava a diventare troppo
costosa. Devo davvero ringraziare mia moglie che
non si lamenta mai della mia gigantesca raccolta:
come sai, ci sto investendo un sacco di soldi.
Date queste premesse, è bizzarro che tu pubblichi online ogni cosa sulla quale metti le mani,
condividendola con l'intera comunità digitale. Ed
è sempre su Internet che hai trovato e comprato la
maggior parte dei tuoi materiali.
Alcuni dei miei pezzi li ho trovati nei mercati delle pulci o per caso, ma ho cercato
soprattutto in rete. Ho iniziato a pubblicare la mia
collezione perché l'information design (design
dell'informazione) è privo di una solida base teorica,
come anche di una trattazione della sua storia.
L'importanza di essere assonometrici
Michael Stoll, docente e collezionista, spiega a Elisa Pasqual e Marco Ferrari i principi di base e le implicazioni a vasta scala del design dell'informazione, disciplina cruciale in un tempo in cui la digitalizzazione di dati e processi ha reso la trasmissione della conoscenza sempre più astratta e inafferrabile.
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- Elisa Pasqual,Marco Ferrari
- 20 febbraio 2012
- Augsburg
La tua collezione online su Flickr conta più di
cento album di fotografie: qual è il tuo preferito?
Direi il World Geographic Atlas del 1953.
Tutti sono colpiti dalla sua qualità generale e dal suo
enorme peso, ma c'è dell'altro: si vede chiaramente
che il curatore, Herbert Bayer, si era formato presso
il Bauhaus ed è un'opera che anticipa il modernismo
educativo degli anni Sessanta e Settanta del secolo
scorso. Per me, in quanto tedesco, la vicenda ha
un ulteriore significato: pur avendo lavorato in un
primo periodo per il regime nazista, Bayer dovette
in seguito abbandonare la Germania. La sua vicenda
ci ricorda come il libero flusso della conoscenza e la
democrazia debbano procedere mano nella mano.
Non dovremmo dimenticarlo mai.
Dove collochi storicamente l'inizio
dell'information design?
Partirei dalle pitture rupestri. Viste con
gli occhi di oggi, uniscono narrazione visiva e
bellezza artistica. In altre parole: arte e scienza si
sono separate solo recentemente, mentre in origine
erano intrecciate. Benché non ci restino molti
esempi di information graphics prodotti nei secoli
successivi, io considero una data importante il
1350, quando il vescovo francese Nicola d'Oresme
(1323–1382) 'inventò' i diagrammi a barre. Poi, nel
1493, Hartman Schedel stampò il suo famoso libro,
la Schedel'sche Weltchronik, che spiegava come Dio
avesse trascorso sette giorni a costruire il mondo. I
disegni tecnici di Leonardo da Vinci erano strumenti
per schiarirsi le idee e trasmettere conoscenza
in forma visiva. Nel 1786, William Playfair fece
largo uso dell'information design, spiegando temi
d'economia nella sua opera Commercial and Political
Atlas. Infine, nel 1869, Charles Joseph Minard creò
un impressionante diagramma sulla marcia di
Napoleone verso Mosca e sul suo ritorno.
Il design dell'informazione non ha una
tradizione teorica organica. Come organizzi il
tuo materiale? Hai creato una tua, personale
tassonomia?
Non esiste una tassonomia valida in
questo campo. Ho tentato di affrontare questo
problema nel 1991 con la mia tesi di laurea. Volevo
inventare una tassonomia che aiutasse giornalisti
e grafici dell'informazione a trovare un piano di
comunicazione comune. Una tassonomia non
deve fare riferimento al tipo di visualizzazione,
che potrebbe in qualunque momento diventare
desueto e scomparire (diagrammi a torta, a barre,
esplosi), ma piuttosto all'informazione che sta dietro la visualizzazione. Tutti gli strumenti
visivi che cerchino di spiegare qualcosa possono
essere classificati in tre gruppi. Il primo è fondato
su numeri, statistiche e relazioni fra grandezze
(disegno dei dati); il secondo comprende gli
oggetti (disegno del sistema degli oggetti); il terzo
circoscrive dati spaziali come le carte geografiche
(disegno dello spazio). Questi campi presentano,
spesso, elementi comuni e non si può ignorare
la contiguità del design dell'informazione con
l'illustrazione. Ripeto sempre che l'information
design sembra fatto per chiarire le questioni
complicate e per trasmettere conoscenza. Rispetto
alle illustrazioni, cerca sempre di elevare la
conoscenza del lettore, come ogni processo di design.
Il successo di un individuo dipende oggi dalla qualità di informazione posseduta
Questa tassonomia elementare sembra
semplicissima ed efficace.
L'idea che generalmente motiva l'uso dei
numeri è quella di rendere le relazioni più concrete,
applicando quantità astratte a forme visive
concrete. La cosa interessante è che la grafica degli
oggetti funziona nel modo opposto. Nella serie dei
libri intitolati Access, che Richard Saul Wurman
pubblicò negli anni Ottanta, ve ne è uno intitolato
Medical Access, nel quale sono descritte per il lettore
medio le diverse fasi di un'operazione chirurgica.
Il problema di queste immagini è la loro brutalità:
sangue da tutte le parti, gente con il coltello in mano
che ti taglia un pezzo di stomaco. Non puoi certo
farle vedere alla gente comune.
C'è anche il problema di come descrivere
fenomeni più complessi che il lettore non può
immaginare perché sprovvisto delle opportune
conoscenze.
Esattamente. L'idea alla base della grafica
dei sistemi non è quella di renderli più concreti,
ma più astratti. Trasformando la fotografia di
una procedura chirurgica o di un'indagine di
entomologia forense in un'immagine grafica,
la rendi accessibile. La traduzione in un vettore
grafico aiuta a osservare cose che altrimenti
ci traumatizzerebbero. Soltanto il disegno, poi,
consente di modulare i dettagli all'interno di una
singola immagine. Se stai facendo una fotografia,
hai la possibilità di mettere un oggetto al centro, mentre con l'information design puoi rivelare come
funziona internamente.
Si tratta di creare una metafora che la gente
sappia decodificare. È quindi di cruciale importanza
informare le persone circa il metodo che utilizziamo
per presentare le informazioni.
Nell'information design si parla di Ensuring
Perception. Dobbiamo assicurarci che ciò che stiamo
mostrando venga anche percepito come vogliamo.
Quando chiedo agli studenti di disegnare un fegato
umano sulla lavagna bianca, tutti dicono: "Oh, no!
Non sono capace di disegnare un fegato". Neanche io sono capace di disegnare un fegato, ma ti mostrerò
cosa un designer dell'informazione può fare. Si
limiterà a disegnare qualcosa che si presuppone
essere un fegato e poi gli darà un'etichetta con il
suo nome. Questa etichetta assicura la percezione
della forma voluta e, nella maggior parte dei casi,
funziona anche in senso inverso, quando mostri
un oggetto che non ha ancora un nome. È come un
manto sopra le informazioni stesse.
Che cosa succede quando gli utenti
appartengono a culture diverse?
Benché io ritenga che il linguaggio visivo
sia globale, i suoi confini sono definiti da differenti
tradizioni culturali. Il design dell'informazione
non è l'obiettivo principale nelle comunicazioni a
livello globale. La domanda "Chi leggerà la nostra
infografica?" è una domanda molto importante alla
quale si deve rispondere sulla base del contesto nel
quale essa viene pubblicata. Non penso che finiremo
per parlare tutti lo stesso linguaggio visivo, perché
questo significherebbe che tutta la popolazione
della terra ha attraversato, più o meno, lo stesso
processo di socializzazione.
La recente proliferazione dell'information
design sta secondo te diminuendo l'efficacia della
visualizzazione stessa? In quale misura l'estetica
può incidere sulla leggibilità dei dati?
La scelta della visualizzazione sulla base
del solo criterio estetico può rivelarsi un gigantesco
problema: dobbiamo evitare il design fine a se
stesso. L'estetica è un modo di presentazione senza
elementi di distrazione. Non è possibile definire
l'estetica dell'information design in sé e per sé
perché, nella maggior parte dei casi, essa appare nel contesto di un quotidiano, di una rivista, di un
sito web o di un paesaggio urbano con il quale deve
apparire come parte di uno stesso sistema integrato.
Credo, comunque, che sia una disciplina ancora agli
albori: ogni cosa troverà il proprio posto, i modelli di
riferimento si evolveranno.
I quotidiani oggi sono pieni di infografiche.
Nessuno ha tempo di leggere e, pur essendo invisibili,
i flussi dell'informazione sono divenuti decisivi.
Molte persone ritengono che l'acquisizione
dei dati sia un atto volontario. Viviamo, però, nella
società dell'informazione, nella quale il successo
di ogni individuo dipende, in maniera sostanziale,
dalla quantità e dalla qualità della conoscenza
posseduta. Se sei impegnato a sviluppare strategie
per accelerare l'apprendimento, farai probabilmente
più strada di quanti si astengono dal farlo. Non è
solamente un'iniziativa volontaria: è la società
che pretende da te una quantità obbligatoria di conoscenza. Per questo trasmettere sapere è un
processo profondamente democratico. E non si tratta
solamente di trasmettere conoscenza, ma anche di
fare in modo che i lettori se ne impadroniscano.
Parliamo un po' delle carte geografiche.
Colleziono assonometrie di paesaggi
urbani. Queste assonometrie sono al centro del
mio interesse da quando ho trovato una carta della
città bavarese di Augusta realizzata da Hermann
Bollmann. Questi disegni mi piacciono perché
sono un tentativo di fuga dai paesaggi piatti e sono
di facile lettura. È interessante notare che sono
ormai quasi scomparsi gli artisti che disegnano
assonometrie urbane.
Nella prospettiva la presenza
dell'osservatore è fortissima, mentre la visione
assonometrica è totalmente priva di un punto di
vista centrale. Potremmo dire che è più democratica.
Nei disegni assonometrici ti trovi sopra
la scena e non sei parte di essa. Quando non hai
un punto di fuga, tutto appare esageratamente
parallelo: tutto è chiaro, tutto è pulito, tutto ha la
stessa luce. Forse non è una visione democratica
della scena, ma comunista. Spesso le mappe
disegnate in assonometria appaiono più belle
della realtà stessa.
Quali sono le relazioni tra cartografia
digitale e carte disegnate a mano?
michael La scienza divide il campo della conoscenza
in conoscenza eliminabile e conoscenza che viene
riutilizzata. Le mappe di Google rientrano nella
prima categoria, quelle assonometriche nella
seconda, perché sono adatte a essere riutilizzate.
Una carta disegnata a mano continua ad apparire
bella anche dieci anni dopo la sua creazione. Tra
dieci anni le carte di Google risulteranno datate.
Oltre a ciò, Google e gli altri soggetti non sanno
fare emergere la bellezza del nostro pianeta nei loro
atlanti digitali.
Conosci Baidu? Non avendo il diritto di
mostrare immagini satellitari delle proprie città,
i cinesi danno forma a dettagliate assonometrie
di paesaggi urbani.
Baidu presenta bellissime rappresentazioni,
simili a carte geografiche disegnate a mano.
Sono come la raffigurazione di una promessa e ci
raccontano che si tratta di un luogo in cui è bello
vivere: vero o falso che sia.
Pensi che l'effettiva possibilità di elaborare
grandi archivi di dati avrà un impatto su altri
ambiti del design visivo, oltre a quello della
rappresentazione dei dati?
Il digitale ha avuto un grande impatto
non solamente sulla produzione dell'informazione,
ma anche sui modi di reperire le fonti. Questa
velocità, comunque, ha un costo che non dovrebbe essere sottovalutato: una minore accuratezza.
Inizialmente i designer dell'informazione
controllavano l'intero processo e possedevano
fisicamente le informazioni. Oggi, se stai
preparando una visualizzazione di dati utilizzando
byte che non si trovano sul tuo disco rigido o che
non sono neanche di tua proprietà, dipendi da altre
persone. Questo è l'inconveniente del digitale. Nel
momento in cui le autorità decidessero di tagliare i
cavi, tutto quel patrimonio andrebbe perduto.
Come sono cambiati il ruolo e la tecnica
del designer dell'informazione dalla comparsa
delle prime narrazioni visive all'era digitale
contemporanea?
Il design dell'informazione è veramente
multidisciplinare. Per dirla con Will Burtin: è
integrativo. Il ruolo di un designer dell'informazione
è quello di capire le informazioni e combinarle
organicamente in presentazioni significative. Questo
ruolo diventa sempre più importante a mano a mano
che i problemi culturali ed economici del mondo
in cui viviamo diventano sempre più complessi e
astratti: cioè sempre meno comprensibili. Questo
fenomeno può generare disagio, paura o tecnofobia
nel cittadino. Le visualizzazioni possono contribuire
a produrre una reazione contraria, favorendo la
nascita di una cittadinanza illuminata, che è la vera
base della democrazia.