Una collezione di 65 pezzi che vanno dalle stoviglie alle lampade, ai vasi, ai tessuti: la collaborazione con Haas Brothers è davvero imponente e trasporta i visitatori in un universo parallelo. Lanciata a Dilmos Milano nel corso della Milano Design Week 2019, la collezione degli artisti di Los Angeles si ispira a un luogo loro particolarmente caro: il californiano Joshua Tree National Park. “Abbiamo deciso di far uscire i mostri fantastici da quel luogo, con il suo paesaggio, il deserto, i cactus, le stelle, i colori e i sassi”, spiega Elad Yifrach, direttore creativo di L’Objet. “Uno dei temi di questa collezione è il polpo, dato che il Joshua Tree in origine era uno specchio d’acqua, un oceano prosciugato. Diciamo che il polpo è la creatura marina più intelligente e che talvolta viene alla luce del sole per visitare la sua vecchia casa…”. La collezione è un ricchissimo viaggio che coinvolge ogni singolo senso, compresa una fragranza che mescola tutti gli aromi delle macchie del deserto californiano.
“Quando la funzionalità incontra la fantasia, scatta la magia” – Elad Yifrach, fondatore di L’Objet
In collaborazione con Haas Brothers, il produttore newyorchese ha presentato un’imponente collezione di oggetti domestici onirici, ispirati ai fantastici mostri del Joshua Tree National Park.
View Article details
- Marianna Guernieri
- 17 aprile 2019
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
Foto Giulia Di Lenarda
I vostri prodotti sono pieni di magia. Da dove viene?
Mi piace creare oggetti che mettono insieme funzionalità e fantasia: quando questi due elementi si incontrano, scatta la magia. Quando si trasforma la fantasia in qualcosa di pratico, la vita diventa fantastica. È così che mi piace progettare, e perciò sono fortemente legato alla Haas Brothers, che ha la stupenda capacità di forzare i confini del suo mondo: loro vivono nel fantastico e io vivo nel funzionale, e quindi è un bel matrimonio.
Com’è fatto il mondo immaginario in cui ci porti? Qual è la tua vera ispirazione?
Viaggio parecchio, perciò trovo spesso ispirazione nella culture e nei luoghi, e talvolta anche nelle culture dell’immaginario: culture che non esistono più e di cui si può soltanto leggere. E c’è ancor più fantasia, perché bisogna immaginarsi che aspetto avevano. Se si va in Marocco o in Messico si vede com’è la questione. Ma se si pensa a un’antica dinastia cinese si può solo usare l’immaginazione, non si può andarla a vedere. Per me è una gran fonte d’ispirazione, perché permette parecchia libertà di creare a partire da indizi. Anche l’artigianato è una profonda sorgente d’ispirazione. Vedere come lavorano gli artigiani e cercare di spingerli a fare le cose in modo un po’ diverso, stimolarli. Si cresce solo se si esce dai territori consueti.
Mi chiedo sempre: Questa cosa fa differenza nel mondo?, è indispensabile che esista?, rende il mondo un po’ migliore?. Se la risposta non viene, la risposta è ‘no’.
Ma gli artigiani non stanno scomparendo?
È molto triste. Stiamo puntando molto sugli artigiani con cui lavoriamo, per tener vive le loro tradizioni. Non si vuol più lavorare con le mani, temo. Ma credo che chi è nato con questa mentalità semplicemente non possa resistere: se si nasce cantanti, bisogna sempre cantare. Qui è la stessa cosa: se si nasce per progettare non si può fare l’avvocato. La mia responsabilità di produttore è aiutare gli artigiani a capire quanto sia nobile il loro lavoro e dar loro uno scenario in cui possano ancora essere protagonisti. Abbiamo un gruppo di artigiani con cui lavoriamo da parecchi anni. Abbiamo elaborato un linguaggio comune.
Come hai cominciato?
Ho iniziato quindici anni fa come architetto d’interni, e quando progettavo un’abitazione cercavo sempre oggetti che non riuscivo a trovare. Così il mio mentore mi suggerì di farmeli da solo. Allora realizzai una piccola collezione selezionata, con dei vassoi e dei recipienti, con parecchie forme fuori dagli schemi, per far sì che non tutto avesse lo stesso aspetto. Poi li feci vedere ad alcuni distributori, che li apprezzarono: l’idea è nata così. Ogni anno mi vengono sempre nuove idee, e L’Objet è diventato in modo naturale un marchio dello stile di vita.
Come vedi le edizioni limitate? Non ti mancano una volta che se ne sono andate?
Sì, ma penso che certi pezzi debbano avere un’espressione limitata e debbano stare con persone speciali che li apprezzano. Quando c’è una piccola edizione limitata, la compreranno persone speciali. È proprio come mandare i figli alla scuola migliore. Per di più ci sono cose che non si possono produrre in grandi tirature, per crearle occorrono molta pazienza e molti sforzi. Questi pezzi sono un ponte tra arte e design: certi sono più accessibili e certi sono un po’ più esclusivi. Quando gli oggetti sono così particolari anche chi li acquista ha un gusto particolare, e per me è una cosa molto importante.
Chi sono i tuoi clienti?
Persone che apprezzano il buon artigianato e il buon design. Il mio scopo è far sorridere la gente. Anche qui al Salone stiamo vendendo tutto: quando si visita il Salone si vedono degli oggetti ma a casa non si può portare nulla, e io penso che il ricordo di qualcosa di bello debba sempre accompagnarci. Voglio creare una tradizione per cui offro a chi viene a Milano dei pezzi da portar via. Sono abbastanza piccoli da portarli con sé, e da essere un ricordo. Penso che sia molto frustrante vedere un sacco di belle cose che non si possono acquistare o che non sono immediatamente disponibili. So che per il Salone non è una cosa ortodossa.
Non si vuol più lavorare con le mani, temo. Ma credo che chi è nato con questa mentalità semplicemente non possa resistere: se si nasce cantanti, bisogna sempre cantare.
I pezzi sono accessibili?
Per il prezzo? Sì, si parte da un centinaio di euro e si arriva fino a tremila. Sono prezzi accessibili, ma dietro c’è parecchio ottimo artigianato.
Un oggetto deve avere una storia da raccontare…
E una ragion d’essere. Credo che il mondo abbia troppo. Credo che ci sia un po’ di inquinamento visivo e che i designer ne siano in parte responsabili. Mi chiedo sempre “Questa cosa fa differenza nel mondo?”, “È indispensabile che esista?”, “Rende il mondo un po’ migliore?”, “Vale la pena realizzarla?”. E se la risposta non viene, la risposta è “No”. Così la penso. Se no è solo uno spreco.
Nel design da collezione contano le tirature limitate, che fanno desiderare appassionatamente qualcosa.
Si è più consapevoli e si vive più a lungo con l’oggetto. Credo che sia una bella cosa, perché oggi il mondo è così consumista e non c’è un rapporto con il prodotto, è terribile. Avere un rapporto più profondo con l’oggetto è importante, farlo entrare nella propria vita. Mi impegno molto per garantire che un oggetto migliori la vita delle persone, non solo oggi ma tra cinque, dieci anni. E magari lo si lasci ai propri figli e diventi parte della loro vita. Non qualcosa che semplicemente si getta via perché non conta più niente.
Come sei entrato in contatto con Haas Brothers?
Li ho conosciuti all’inizio ad Art Basel / Miami tre anni fa. Poi, dopo un po’, a un amico è venuta l’idea di entrare in dialogo più stretto con loro, e semplicemente ci siamo incontrati ancora con l’intenzione di far nascere questa collezione, ed è stata un’esplosione di fuochi artificiali pura e semplice. Quante idee! I nostri mondi sono molto diversi ma contemporaneamente si completano a vicenda.
Come funziona il processo progettuale in questa collaborazione?
Io do loro le forme, poi discutiamo le idee di che cosa metterci dentro. Loro realizzano un modello scultoreo e ci sono parecchi scambi avanti e indietro. Qualche volta è una cosa più astratta, qualche volta è molto concreta.
Quali sono i programmi di L’Objet?
Voglio continuare a creare bei momenti con storie suggestive. Continuare nello stile di vita e offrire alle persone oggetti meravigliosi da collezionare ma anche convenienti. E anche ispirare gli artigiani a continuare a crescere, rendendo la loro manualità ancora più speciale.
- L’Objet Haas Brothers
- Haas Brothers, Elad Yifrach
- L’Objet
- Milano Design Week 2019
- Dilmos Milano, Piazza San Marco 1, Milano