Per sostenere che una serata in discoteca è stata un successo non serve solo il dj migliore sulla piazza. Serve anche un fenomeno atmosferico preciso, quando cioè dal soffitto cominciano a cadere gocce di condensa. Un po’ come accadde al party per il 50esimo anniversario di Flos al Museo della Permanente, nel 2012. È il segnale che musica e ressa si sono amalgamati talmente bene che persino l’aria non riesce a trattenerne l’energia. Lo tengano a mente, i club privati by invitation only e le collezioni di design disco-oriented che hanno annunciato il loro debutto al Salone del Mobile 2018. Perché se ritorno al dance floor deve essere, meglio se con tutti i crismi. Anche quelli che potrebbero danneggiare le condizioni di prodotti nuovi di zecca. Un rischio che Gufram ha risolto anzitempo con le mirrorball esauste e quasi liquefatte su madie e piccoli coffee table. Specchiate come negli anni del “Sabato Sera”, ma riverse su mobili come dopo una notte di bagordi. La collezione, giustamente chiamata After Party, è un progetto dello studio olandese Rotganzen, e fa parte del concept Disco Gufram allestito negli spazi della Mediateca Santa Teresa. Un rétro total look che comprende anche un divano indovina-da-che-film-è-tratto Tony di Atelier Biagetti, e una serie di tappeti ispirati a un altro topos del design da locale notturno, i neon, curati dai parigini GGSV.
La febbre disco del Fuorisalone
Collezioni omaggio all’epoca d’oro del divertimento notturno e oggetti di fun design tra cabaret e burlesque. Torna lo stile del passato.
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- Cristiano Vitali
- 22 aprile 2018
- Milano
Per Gufram si tratta di un ritorno alle origini. Un altro marchio di design che abbia lavorato altrettanto profusamente sull’estetica del divertimento, seppure sorretta dalla teoria radical, non esiste. Gli imbottiti di Atelier Biagetti, per esempio, sono sviluppati a partire dalla collezione Linea Discoteca che aveva lanciato a fine Settanta. Chiamatela pure disco nostalgia, ma il momento di rispolverare l’archivio è quello dei migliori. Tra vinili che vendono più dei download e il Vitra Museum che con Night Fever ha storicizzato la storia dell’architettura dei club, forse stiamo per assistere a un cambio di sensibilità: da “stare in casa is the new uscire” a “go big or go home”. [Nota per i nottambuli] malgrado il set design clubbing e la musica a tutto volume, da Disco Gufram si balla solo di giorno. A ricreare le ore piccole ci pensano i tendaggi neri che rivestono le pareti del cinema della Mediateca, mentre un tocco decadente da factory warholiana è ottenuto grazie alle proiezioni di lancio della collezione. Effetto notte anche negli spazi joint venture di Paradisoterrestre con le carte da parati di Texturae. Uniti in un’esposizione di nuovo anni Settanta, e di nuovo a guisa di clubbing. Ma con il passaggio da un’atmosfera aggressiva e surreale a una più mite e chic. Seppure con accenni psichedelici.
Prova ne è Futuristi, il tessuto in edizione limitata usato per la riedizione del divano Marcel di Kazuhide Takahama. Disegnato da Pierre Gonalons con Pierre Frey, è una limited edition optical che trasforma il divano in un pezzo vintage dell’ex discoteca Piper di Torino. Di quelli che di solito corredavano il bordo pista. Fausto, la piccola seduta in bronzo umanoide di Novello Finotti, è invece un pezzo per pochi eletti, da club privato. Che di questo Fuorisalone innamorato della discoteca rappresenta “il lato oscuro”. Che non vuol dire ambiguo, bensì segreto. Dei due aperti, Club Unseen non possiede infatti indirizzo, mentre Chez Nina pur avendolo è ugualmente impenetrabile: accesso by invitation only, con tatuaggio oppure card da mostrare alla porta. Unseen, progettato da Studiopepe, è quello più articolato: più stanze a tema di un ex magazzino di fine Ottocento, in cui i membri possono socializzare al riparo dal caos del Fuorisalone. Una prova d’autore raffinata di interior design sul rito dell’accoglienza, giustapposizione di classici contemporanei, pezzi storici rivisitati e interventi di decorazione su misura su una base quadrettata radical; tocchi rétro come un maggiordomo all’ingresso; un’installazione per la preparazione dei cocktail con focus scenografico sulla gestualità del mixologist; le performance di artisti della scena elettronica indipendente. E un’app, Aria, che attraverso l’augmented reality permette di scoprire la storia di ogni arredo.
Una sola stanza, quella al primo piano di Nilufar Gallery, è all’opposto tutto lo spazio occupato da Chez Nina, il club che Indha Mahdavi ha pensato in omaggio alla proprietaria, Nina Yashar. Al momento le notizie in anteprima su come è stato sviluppato il set design sono pressoché nulle, c’è però la conferma di un live dj set per tutte le tre serate in cui Chez ospiterà i suoi happy few. A conferma che il club è l’idea su cui hanno scommesso molti, a pochi passi da San Babila c’è tutto in ceramica di Marazzi, The Tile Club: con lobby, lounge e un bistrot disegnati da Matteo Cibic con Studio Blanco. Tra l’altro aperto fino a giugno. Dopo anni di austerità nei quali fare festa sembrava una proposta indecente, fa piacere vedere in questa edizione del Salone un ritorno alla baldoria. A organizzare festeggiamenti erano rimasti Cassina, con feste dress code in showroom – futuristic il tema della prossima; e Seletti, con la sfilata-carnevale di Design Pride che culmina in una discoteca all’aperto in Piazza Affari. Quest’anno però il calendario si è infittito. E per i party harder si preannuncia infernale Caution, Disco in Progress, organizzata da Yoox con Toiletpaper, al Garage Traversi; da non perdere – per l’uso di una location altrimenti sempre chiusa – gli After Dinner Party – Legendary Thrill organizzati da Cartier ai caselli Daziari di Piazza Castello; democratiche, poiché senza restrizioni da mailing blindate, quelle inserite nel calendario di Zona Sant’Ambrogio.
Ma non finisce qui. Tracce ulteriori di questa passione disco costellano esposizioni e presentazioni in giro per la città, sebbene ibridate con altre forme di intrattenimento. Oppure semplicemente legate a una dimensione artistica. È il caso della Mylar Curtain, una tenda di Daniel González realizzata con le pellicole colorate tagliate a fili, di quelle che ornano a mo’ di passamaneria i carri delle feste, i banchi gioco dei luna park, le feste di compleanno. E delle sculture di Andrea Marchesi, omaggi piumati al circo e alle lampadine colorate a intermittenza delle giostre. Entrambi in esposizione al Futurdome di Ventura Future. Altrove, uno suggerimento inedito per creare pareti in stile factory di Andy Warhol lo suggerisce Cinetica, by Studio Lido con Marinoni Peltro, un sistema di wall covering in peltro con la superficie optical o a paillettes in argento. Infine, il party dei reietti, dei diseredati, delle creature della notte: il Monsters Cabaret di Lasvit. Una festa al Teatro Gerolamo con l’ambizione di raccogliere tutti i freak della città, per celebrare la collezione di sculture in vetro Monsters disegnate da Alessandro Mendini, Humberto e Fernando Campana, Fabio Novembre, Maarten Baas, Daniel Libeskind, Maxim Velcovsky, Maurizio Galante, Nendo e Rene Roubicek. Un evento un po’ Blade Runner, un po’ Strange Days di Kathryn Bigelow. Peccato solo sia su invito. Ma d’altronde, con tutto quel vetro soffiato.