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Klimahouse 2025: vent'anni di sostenibilità
Giunta alla 20esima edizione, la fiera internazionale dedicata all’edilizia responsabile, all’efficienza energetica e alla riqualificazione energetica degli edifici, si terrà anche quest’anno a Bolzano, dal 29 gennaio al 1 febbraio.
La vita nei nostri spazi quotidiani è un fenomeno dinamico, permeabile al cambiamento della nostra società e dei nostri valori. Pensiamo ad esempio all’esistenza sempre connessa e facilmente soggetta all’accelerazione che contraddistingue la contemporaneità: inevitabile che gli oggetti che ci circondano ne siano influenzati, e che cambino pelle per adattarsi a questo nuovo ecosistema.
Ma come nascono le nuove tipologie di cose di cui ci circondiamo? E a quali comportamenti emergenti fanno riferimento? Difficile dare una risposta univoca. Eppure, compilando questa piccola rassegna di oggetti che, nell’ultimo quarto di secolo, hanno mutato forma e soprattutto funzione, alcune costanti fanno capolino con maggiore insistenza di altre. La prima, la mobilità. Meno radicati sul territorio, facciamo della trasportabilità un valore che ci semplifica la vita, e del multifunzionalismo una caratteristica che ci permette di fare di più con meno.
Fare di più con meno significa anche dover gestire le conseguenze di case che si restringono, soprattutto in ambito urbano. L’astuzia degli oggetti diventa allora un grande valore aggiunto, rendendo possibile un gioco di incastro mai punitivo, ma al contrario vissuto con sentimento di compiaciuto divertimento. Perché sì, i nostri ambienti di vita sembrano superare il formalismo dato da certe consuetudini – quelle dell’etichetta e delle aspettative di classe, ad esempio per quanto riguarda il ricevere – trasformando gli oggetti in strumenti per incarnare la disinvoltura, l’ironia, il colpo di scena.
In un mondo che accumula stimoli, il rovescio della medaglia fa però rima con introspezione: alcuni oggetti ci permettono infatti una sorta di ritirata mentale, schermandoci dalla fatica dell’iperconnessione. Tra le cose che cambiano, in un mondo sempre più affaticato dalla crisi climatica, ci sono anche le modalità di produzione sostenibile. Il nostro adattamento sotto questo aspetto è probabilmente troppo lento, eppure alcuni oggetti sembrano pronti ad iscrivere la sostenibilità nel loro nuovo codice genetico. Ricordandoci che in alcuni casi cambiare pelle è una necessità, e non solo un capriccio di costume.
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Mayday, Konstantin Grcic, Flos, 1999
Come la lampada del carrozziere da cui prende ispirazione, Mayday è un emblema di versatilità che riflette le esigenze di un utilizzatore sempre più nomade e alla ricerca della multifunzionalità: leggera, può essere trasportata e spostata facilmente dentro casa. Utilizzata su un piano di lavoro, appesa ad un gancio o al soffitto, è una sintesi tra lampada da terra, da tavolo e a sospensione. Grazie al lungo cavo – lunghissimo nella versione outdoor – che si arrotola intelligentemente intorno al manico, permette di utilizzare prese di corrente non necessariamente a portata di mano. Realizzata in polipropilene stampato ad iniezione, è l’emblema dell’oggetto “di design” accessibile e democratico, capace di coniugare le esigenze estetiche di quanti, formati alla cultura del progetto, non vogliono privarsi di una manifestazione del gusto in cui identificarsi per colpa di un piccolo budget.
foto: Franck Huisboner
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Mayday, Konstantin Grcic, Flos, 1999
foto: Tommaso Sartori
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Sella, Muista
Ci stiamo abituando a prenderci sempre più cura della nostra colonna vertebrale. E per farlo, non esitiamo più a fare ricorso ad oggetti che sfuggono alle tipologie di seduta consolidate. Ispirata alla posizione che il corpo assume durante un rodeo, Sella tiene il corpo in posizione attiva, facendo lavorare i muscoli delle gambe e inducendo una posizione della colonna non ricurva.
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Sella, Muista
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Fitball, Bloon
La fitball di Bloon risponde alla stessa logica di mobilità costante della colonna vertebrale. Mutuata dal mondo della ginnastica, ci impone di tenere le gambe in postura attiva per mantenere l’equilibrio. Per entrare nello spazio domestico, questa fitball cambia veste rispetto agli spazi della palestra, tutto merito di un rivestimento tessile che la rende meno pop e più in linea con gli arredi della zona giorno.
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Fitball, Bloon
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Installation small, Muller Van Severen, 2012
È uno dei pezzi di arredo più celebri degli anni ’10. Al pari di una micro-architettura, racchiude funzioni multiple in un’unica struttura. Sbaglieremmo però a pensare che Installation small si presti meglio agli spazi ristetti delle nostre abitazioni. Al contrario, quello che questo arredo inclassificabile reclama è di occupare il centro della stanza. L’obiettivo? Funzionare come uno statement per quanti trovano in questa struttura minimalista e colorata un mondo mentale per le proprie esigenze di raccoglimento e concentrazione.
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Installation small, Muller Van Severen, 2012
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Surfaces sonores, Pierre Charrié, 2015
Può un oggetto nascondere la sua vera funzione, facendo nel frattempo finta di averne un’altra? Evidentemente sì, secondo un gusto per il divertissement che acquista sempre più legittimità nelle case dei consumatori di design più avvertiti. Le Surfaces Sonores di Charrié rispondono a questa stessa logica. Dietro l’apparenza di uno scultoreo paravento in legno di nascondono delle casse acustiche che iniziano a risuonare non appena vi si appoggia un vibratore acustico. Spiazzando quanti, senza conoscerne il meccanismo, le ascolteranno vibrare per la prima volta.
foto: Lise Gaudaire
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Surfaces sonores, Pierre Charrié, 2015
foto: Damien Arlettaz
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Surfaces sonores, Pierre Charrié, 2015
foto: Damien Arlettaz
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De-dimension A B, Jongha Choi, 2016
Le statistiche parlano chiaro. Negli spazi urbani, in particolare quelli delle megalopoli, gli appartamenti si fanno sempre più piccoli. Di che abituarci a trovare nuove strategie per gestire la presenza degli oggetti di cui abbiamo bisogno. Jongha Choi risponde in maniera geniale a questa esigenza. Richiuso e appeso al muro, il suo sgabello-tavola bassa in metallo prende la forma di una decorazione ipergrafica. È solo aprendolo in tre dimensioni che possiamo scoprire la sua vera natura funzionale.
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De-dimension A B, Jongha Choi, 2016
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De-dimension A B, Jongha Choi, 2016
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Nascondino, Pierre Emmanuel Vandeputte, 2016
Sempre connesse, sempre più stimolate da push che non smettono di susseguirsi, le persone chiedono di disporre di nuovi angoli di pace. Nascondino risponde a questa logica. Spazio nascosto per tagliare i ponti, o anche luogo senza distrazioni deputato alla meditazione, Nascondino ci permette di liberare la mente dal suo sovraccarico cognitivo, ricaricandoci attraverso la predisposizione di uno spazio di sosta.
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Nascondino, Pierre Emmanuel Vandeputte, 2016
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Window garden pendant, Big, Danese Milano, 2016
L’idea di far crescere del verde dentro i nostri spazi domestici, seguendo modalità che sono proprie delle filiere industriali, non ci pare più così forzata e fuori misura. Esito di questa consapevolezza, Window garden pendant fa il suo ingresso dentro casa. Il sistema progettato da BIG permette di crescere delle piante in coltura idroponica. Di che alimentare un piccolo polmone domestico, che si tratti di piante decorative, aromatiche, o persino qualche verdura.
Courtesy Danese Milano
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Window garden pendant, Big, Danese Milano, 2016
Courtesy Danese Milano
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Grafeiphobia, Geoffrey Pascal, 2018
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Grafeiphobia, Geoffrey Pascal, 2018
Quando Geoffrey Pascal ha lanciato Grafeiphobia, il telelavoro non era così diffuso come adesso. Eppure, già otto anni fa si riscontrava un numero crescente di persone che lavoravano dal loro letto. Pascal ha pensato a loro, immaginando delle strutture per leggere, studiare e lavorare che niente hanno a che vedere con la classica accoppiata tavolo + sedia, ma che al contrario cercando di assecondare i desideri del corpo di assumere posizioni non ortodosse. L’ergonomia di Grafeiphobia si avvicina alla postura che abbiamo a letto, ma riprende anche quella che la NASA chiama Neutral Body Position, nella quale il corpo minimizza lo sforzo di autosostegno contro la gravità.
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Grafeiphobia, Geoffrey Pascal, 2018
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String Museum, TAF Studio, String Furniture, 2020
Dopo il lavoro a letto, arriva la cena sul divano. Sempre più diffusa, quest’ultima dilaga nel caso di aperitivi domestici – pensiamo a termini di recente diffusione come la crasi “apericena” – dove tapas o vere e proprie pietanze vengono servite a profusione mentre si resta seduti sul divano. Il tavolino della serie String risponde a questa logica. Una manopola permette di regolarne a piacimento l’altezza, rendendolo adatto ad incarnare qualsiasi piano d’appoggio. Questo progetto è stato originariamente creato per gli arredi del Museo Nazionale di Stoccolma.
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String Museum, TAF Studio, String Furniture, 2020
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String Museum, TAF Studio, String Furniture, 2020
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Tyde, Ronan e Erwan Bouroullec, Vitra, 2021
Nuove generazioni di lavoratori stanno sperimentando la modalità di lavoro in posizione eretta, che secondo i sostenitori asseconda la concentrazione e un miglior benessere del corpo, soprattutto se intervallata alla posizione seduta. Tyde, dei fratelli Bouroullec, è un sistema di workstation che possono essere regolate a diversa altezza grazie a gambe estensibili. In ambiente ufficio, permettono di comporre superfici di lavoro di altezza diversa, capaci di assicurare grazie alla loro modularità lo svolgimento di compiti eterogenei.
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Tyde, Ronan e Erwan Bouroullec, Vitra, 2021
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Tyde, Ronan e Erwan Bouroullec, Vitra, 2021
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Furniture for a Human and a Parrot, Studio Ossidiana, 2021
Concepita durante la pandemia, questa serie di arredi sancisce l’integrazione della convivenza multispecista in ambito domestico, in questo caso tra due persone e un pappagallo. I mobili, tavoli, sedie e sgabelli in stile Windsor, sono integrati di bastoni con asta dove il pappagallo può planare e riposarsi. Configurando un’opportunità di mutua compagnia in un sistema di convivenza ravvicinata che supera l’idea di gabbia, e quindi di separazione, con l’animale domestico.
foto: Riccardo de Vecchi
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Furniture for a Human and a Parrot, Studio Ossidiana, 2021
foto: Riccardo de Vecchi
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Soft brick, Nendo, ichido°, 2022
Lo studio giapponese Nendo progetta un divano modulabile ispirato al videogioco Tetris. Come in un’illusione ottica – cifra progettuale di Oki Sato, fondatore di Nendo – il divano si può aprire e ricomporre a seconda delle necessità. La sua forma permette di integrare un nuovo modulo, passando da due a tre posti. Una flessibilità sempre più ricercata negli spazi domestici, che si vogliono sempre meno legati ad un sistema di arredo fisso e immutabile.
foto: Akihiro Yoshida
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Soft brick, Nendo, ichido°, 2022
foto: Akihiro Yoshida
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La sedia dei vestiti, Fabio Novembre, Whirpool, Natuzzi, 2024
C’era una volta il servomuto, compìto assistente domestico dove ripiegavamo, in genere diligentemente, i nostri vestiti. La versione contemporanea, decisamente più informale, ce la regala Fabio Novembre con la nuova sedia dei vestiti, sviluppata in collaborazione con Whirpool. L’idea di partenza scaturisce da uno studio del marchio di elettrodomestici: sono molti i nostri abiti che, dopo essere stati indossati una volta, stazionano abbandonati. La sedia dei vestiti è dunque un’opportunità per governare questo caos, ma anche per lavare meno gli abiti. Appesi alle braccia della seduta, invece che accatastati a casaccio, potranno arieggiare e rendersi disponibili per essere reindossati prima di un nuovo lavaggio.
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La sedia dei vestiti, Fabio Novembre, Whirpool, Natuzzi, 2024
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Rewear chair, Ucommon creative studio, Ecover, 2024
Un’altra declinazione della sedia dei vestiti, presentata all’ultima Dutch Design Week sotto l’egida di Ecover. Le braccia estensibili possono essere aperte per prendere in carico i vestiti di una settimana, oppure richiuse per recuperare spazio, riconducendo la seduta al modello di una classica poltrona.
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Rewear chair, Ucommon creative studio, Ecover, 2024
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Olaf, Natacha Sacha, in collaborazione con Kvadrat
E se fossero gli oggetti a scaldarci per prossimità, invece di caloriferi dedicati a scaldare un’intera stanza in maniera uniforme? Questo presupposto sta cominciando a prendere piede, prefigurando un futuro in cui, mossi da esigenze di sostenibilità, rivedremo le modalità con cui superare i nostri (sempre più miti) inverni. Il duo francese Natasha Sacha propone a questo proposito dei cuscini scaldanti, qui rivestiti con tessuto Kvadrat e imbottiti con schiuma di crine di cavallo naturale senza lattice. Alimentato a batteria, e con un’autonomia di quattro ore, il cuscino consuma 25 W/h, a fronte dei 2000 W/h di un riscaldamento standard. Ricaricabile per induzione, è dotato di un pulsante di accensione. Una volta premuto, diffonde calore per quindici minuti, ma può essere riacceso al bisogno.
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Olaf, Natacha Sacha, in collaborazione con Kvadrat
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Il vetro è protagonista assoluto della nuova sede Conad
Nel progetto per Sidera, la nuova sede direzionale del gruppo CIA Conad alle porte di Forlì, la società AGC Flat Glass Italia ha avuto un ruolo determinante.