Il suo colore è il rosso, il suo emblema è un Cavallino Rampante in campo giallo, la sua location è Maranello, il suo successo commerciale è dovuto in larga parte alle vittorie collezionate da sempre sui campi di gara: ripercorriamo insieme i cinque design più influenti che hanno meravigliato gli appassionati di motori e non negli ultimi 76 anni di storia Ferrari, il brand più riconosciuto e riconoscibile al mondo in campo automobilistico – e non solo.
5 auto che sono l’archetipo del design Ferrari
Le automobili del Cavallino sono iconiche per antonomasia. Ma ce ne sono alcune più iconiche di tutte: ve le raccontiamo.
Esordio della 125 S al circuito di Piacenza, alla guida Franco Cortese. Foto su wikimedia commons
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- Federico M. Fabbri
- 03 maggio 2023
La favola della Casa automobilistica che produce le supercar più sognate di sempre, sinonimo di potenza e velocità, stile e design, inizia nel 1947, ma le origini sportive risalgono al 1929, quando un poco più che trentenne Enzo Ferrari diede origine in quel di Modena alla Scuderia che portava il suo cognome. Inizialmente i suoi piloti correvano a bordo di vetture Alfa Romeo, poi nel primissimo dopoguerra tutto cambiò.
In 73 anni di Campionato Mondiale di Formula 1 le monoposto del Cavallino hanno vinto 16 titoli Costruttori e 15 Piloti; nelle gare a ruote coperte si annoverano, tra le altre: 9 vittorie assolute e 29 di classe alla 24 Ore di Le Mans, 12 vittorie a Sebring, 7 alla Targa Florio, 7 alla Mille Miglia, 12 Campionati del Mondo Sport Prototipi e 6 campionati Endurance. Anche per quanto riguarda le vetture di serie, i record commerciali non si contano più. Oggi Ferrari SpA conta quasi 5000 dipendenti e nel 2022 ha consegnato oltre 13mila con un fatturato in crescita del 19% rispetto all’anno precedente.
Ripercorriamo insieme i cinque design più influenti che hanno meravigliato gli appassionati di motori e non negli ultimi 76 anni di storia Ferrari.
La direzione era già stata tracciata con la prima nata della Casa: la 125 S – per sport – si presentò al mondo nel 1947 con linee mai viste prima. Ne furono prodotte due unità: la prima, conosciuta come ‘Ala Spessa’ vantava una carrozzeria di tipo barchetta – spider, senza capote, col parabrezza di dimensioni ridotte – realizzata dal modenese Giuseppe Peiretti; la seconda, denominata 125 C – per competizione – aveva invece una carrozzeria biposto “a sigaro” con ruote scoperte disegnata da Giuseppe Busso. Entrambe montavano un motore 12 cilindri con disposizione a V di 60 gradi progettato dall’ingegner Gioachino Colombo, con una cilindrata di circa 1500 cm³. Da queste, qualche anno dopo, derivò la 166 MM ovvero la 166 MM, la prima barchetta con carrozzeria in allumini dalla linea accattivante, elegante e leggera
Per gli addetti ai lavori e per molti appassionati è lei la Ferrari per antonomasia. Una delle più ricercate, la più costosa di sempre. Una granturismo omologata per le corse, un Cavallino davvero rampante capace di superare, nel 1962, i 280 km/h. La Ferrari 250 GTO è un’icona tra le icone, ammirata da sempre e per sempre; con il suo carico di storie motosportive e un palmares davvero invidiabile – dalla 12 Ore di Sebring alla 24 Ore di Le Mans, passando per la Targa Florio, Tourist Trophy o la 500 Km di Spa-Francorchamps – è anche un’opera d’arte certificata.
Le sue linee nascono dalla matita di Leonardo Fioravanti per Pininfarina e distinguono la Testarossa grazia a una sezione posteriore notevolmente allargata – dominata dalla fanaleria rettangolare dissimulata da una serie di barre orizzontali di colore nero – e alle grandi griglie laterali che ne valorizzano le fiancate. Piacque subito a molti, ma non a tutti: c’era infatti chi la considerò eccessivamente sensuale, più vicina all’ostentazione che caratterizzava le Lamborghini – vedi Countach – che all'eleganza tipica delle fuoriserie di Maranello. La prima Testarossa aveva un solo specchietto retrovisore, molto sporgente, curiosamente montando in mezzo al montante A a lato del parabrezza, ma a partire dal 1986 si passò al doppio specchietto in posizione classica. La meccanica derivava dalla precedente 512 BB e qui fu affinata: il 12 cilindri a cilindri contrapposti qui erogava 390 cavalli, capaci di spingere la vettura a quasi 300 km/h.
È l’ultima vettura che ha ricevuto la benedizione del fondatore Enzo in carne e ossa. È una supercar a tutti gli effetti, capace – ancora oggi – di incutere timore reverenziale a chiunque cerchi di domarla. Le sue linee vistose sono nate per soddisfare requisiti e necessità da pista: prese d’aria di tipo naca, l’enorme alettone posteriore, la carrozzeria in fibra di vetro pesante solo 46 chilogrammi. Dietro, sotto una copertura trasparente, un V8 sovralimentato da 478 cavalli, capace – stando alla Prova su Strada effettuata da Quattoruote nel mese di settembre 1989 – di toccare i 326 km/h. Era l’auto più veloce nei listini del suo tempo. La Ferrari F40 è una selvaggia regina di cuori, un trionfo del motorismo analogico prima dell’avvento dell’elettronica che, oggi, ci fa sedere su auto che si guidano – quasi – da sole, che non fanno rumore e che vengono alimentate dagli ioni di litio.
È così bella da esser stata esposta al MoMA di New York. E da quel giorno non se n’è mai andata entrando a far parte della collezione permanente. Uno dei punti di forza di questa monoposto era la relativa semplicità del suo design, molto valido dal punto di vista aerodinamico. Disegnata da John Barnard, infatti, la Ferrari 641 che partecipo al Campionato Mondiale di Formula 1 del 1990 era armoniosa, visivamente somigliava parecchio alla sua progenitrice 640 ma, rispetto a questa, le sue superfici esterne erano meno tese e più smussate; in particolare nel musetto di nuova concezione e nelle prese d'aria laterali per il raffreddamento di propulsore e radiatori. Le pance laterali, molto basse e tondeggianti, partivano dai fianchi dell’abitacolo, s’allargavano fino a 3/4 vettura per poi stringersi nuovamente verso il retrotreno creando la cosiddetta forma a Coca-Cola – dalla similitudine le bottigliette in vetro della celebre bevanda.