Le mostre di design sono abitualmente un’occasione per scoprire o riscoprire stagioni, personalità o movimenti che hanno concorso a rendere esemplare la riflessione e la produzione di artefatti d’eccezione. Su questo solco, si muovono le proposte di alcune tra le più importanti istituzioni museali votate al design: dal Design Museum London, che ci offre una articolata carrellata sulla produzione surrealista dalle origini ai nostri giorni, fino al MAD di Parigi, che riporta in auge gli anni ’80 francesi e la loro spinta avanguardistica.
Accanto al focus sul passato, la volontà di indagare su temi e tendenze a venire sembra però insinuarsi con maggiore decisione. Crisi climatica, futuri utopici e distopici, robot e interfacce digitali sono i temi al centro delle indagini promosse da molti musei tra Europa e Stati Uniti. Il futuro, addirittura, fa capolino con ben due esposizioni – “The future is present” al Design Museum Copenhagen e “What if? Alternative futures”, Design Museum Helsinki – chiamando in causa il design per immaginare scenari speculativi. Altre mostre guardano invece ad automazione e crescente digitalizzazione – “Hello Robot. Design between Human and Machine” al Vitra Design Museum e “Never Alone, Video Games and Other Interactive Design” al MoMA NY – per interrogarsi sulle relazioni sempre più strette che interfacce e oggetti intelligenti stanno creando con i loro utilizzatori umani.
A fianco di questi temi, non mancano i percorsi di ricerca inattesi. È il caso della mostra “Les Mots Voyageurs a La Condition Publique di Roubaix” (Francia), indagine linguistica e relativa traduzione grafica di alcune parole generatesi dalla crasi e lo scambio tra lingue e culture diverse. Un invito a fare della grafica uno strumento di investigazione e restituzione ancorato l presente e a un ritrovato desiderio di inclusività.