Harvey Bernard Milk (1930-1978) è stato il primo funzionario statunitense a dichiararsi apertamente gay. La storia la conosciamo tutti, è quella che racconta Gus Van Sant in Milk (2008), il film in cui l’attivista per i diritti gay ha il volto di Sean Penn. Milk viene brutalmente assassinato all’interno del Municipio di San Francisco insieme al sindaco George Moscone, dall'ex consigliere comunale Dan White, che aveva rassegnato le dimissioni pochi giorni prima, a seguito dell'entrata in vigore di una proposta di legge sui diritti dei gay, cui si era opposto.
Nel 1978, prima del tragico evento, Harvey Milk chiede all’artista Gilbert Baker di realizzare una bandiera che rappresenti la comunità omosessuale di tutto il mondo. Come Milk, anche Baker (1951-2017) è stato un attivista per i diritti dei gay e tra i più influenti rappresentanti del movimento moderno LGBT. Venuto nel 1970 dal Kanvas come soldato di leva, Baker rimane a San Francisco dove insegue il suo sogno di diventare artista. L’incontro con Milk avviene nel 1974 e quattro anni dopo, a seguito della sua elezione a consigliere comunale di San Francisco, il consigliere chiede all’artista di realizzare un nuovo simbolo per il Pride, che diventi un’alternativa al triangolo rosa. Il triangolo rosa — in tedesco Winkel — un tempo era l’elemento usato dai nazisti per identificare gli omosessuali da perseguitare, poi diventato negli anni Settanta il simbolo di rivalsa della comunità contro la persecuzione.
L’artista americano vuole creare una bandiera che rappresenti un messaggio positivo non solo per la comunità, ma anche per chi continua a guardare con sospetto e odio la realtà omosessuale. Per tale motivo viene scelto l’arcobaleno, comune simbolo di pace e di accordo e nuovo manifesto dell’amore gay. Nella Genesi, infatti, l'arcobaleno rappresenta un patto tra Dio e l'umanità, comparso per la prima volta dopo il diluvio universale in cui Noè e la sua arca riuscirono a sopravvivere, come promessa che non avrebbe più inondato la terra. Insieme ad un gruppo di volontari, Baker inizia a lavorare alla bandiera tingendo i tessuti e cucendo le otto strisce.
Gilbert Baker vuole creare una bandiera che rappresenti un messaggio positivo non solo per la comunità, ma anche per chi continua a guardare con sospetto e odio la realtà omosessuale.
Nella prima versione i colori erano i seguenti: rosa (sessualità), rosso (vita), arancione (guarigione), giallo (sole), verde (natura), blu (arte), indaco (armonia), viola (spirito). Dopo l’assassinio di Milk, la bandiera raggiunge il massimo del successo e Baker, non riuscendo a reperire con facilità la stoffa di colore rosa, decide di eliminarla dalla bandiera riducendo il numero delle strisce a sette. Nel 1979 la bandiera viene modificata di nuovo e viene tolta la parte turchese, ottenendo così una versione della bandiera a sei strisce: rossa, arancione, gialla, verde, blu, e viola. Nel 2015, il Museum of Modern Art (MoMa) ha classificato la bandiera arcobaleno come un simbolo riconosciuto a livello internazionale e ha acquistato la bandiera originale a otto colori, esponendola nella galleria di design contemporaneo.
Negli anni la bandiera è stata reinterpretata per meglio rappresentare le nuove comunità omosessuali. Nel 1998 Michael Page disegna la bandiera per i bisessuali, utilizzando due colori e un terzo che risulta essere l’unione tra i due: il rosa (attrazione per lo stesso sesso), il blu (attrazione per il sesso opposto), la lavanda (attrazione per entrambi i sessi). La comunità asessuale invece si identifica in uno spettro di colori che include persone che provano attrazione sessuale raramente, quelle che provano attrazione sessuale solo in una specifica serie di circostanze e altro ancora. Il nero rappresenta la totale asessualità, il grigio la demisessualità, il bianco la sessualità e il viola la community. Nel 2017 una nuova versione della bandiera arcobaleno è stata creata dal comune di Philadelphia (Philadelphia Pride Flag) che ha deciso di aggiungere due nuovi colori, il nero e il marrone, per rappresentare anche la comunità afro-americana.
Negli ultimi anni la bandiera LGBT è diventata protagonista di vari fenomeni di rainbow washing, ovvero attività Social o di marketing indirizzate a presentare una realtà come gay-friendly allo scopo di aumentarne il consenso presso il pubblico. Delle tante operazioni su questa linea, è indubbiamente da lodare quella del comune di Milano a Porta Venezia, considerato il district della comunità cittadina. Nel 2018 Netflix aveva lanciato la campagna “Rainbow is the new black” in occasione della Milano Pride. Per l’occasione la città era stata invasa da manifesti-arcobaleno e alcune panchine della città erano state dipinte dei suoi colori. Una volta terminata la campagna, il sindaco Beppe Sala, in accordo con l’azienda dei trasporti pubblici Atm Milano, ha deciso di tenere come installazione permanente l’allestimento rainbow della stazione della linea 1 della metropolitana di Porta Venezia.
Sempre Sala nel 2019 si era fatto fotografare con addosso i calzini con i colori dell’arcobaleno in occasione della Pride Week di Milano; l’anno successivo, per celebrare la settimana dedicata all’orgoglio Lgbt, in piazzale Morbegno sono apparse le prime panchine arcobaleno realizzate dal Coordinamento Arcobaleno presso il Municipio 8. Anche molte importanti istituzioni culturali hanno assunto una posizione a sostegno della comunità omosessuale, utilizzando i colori dell’arcobaleno per l’immagine associata dei loro profili social, come Triennale Milano, per restare nel capoluogo lombardo.
Nel mondo del marketing e della pubblicità, i brand si stanno impegnando per celebrare la comunità omosessuale; primo tra tutti Calvin Klein con la campagna #PROUDINMYCALVINS, dove sono stati coinvolti nove attivisti LGBT fotografati da Ryan McGinley. Nel maggio 2021 Apple, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, la transofobia e la bifobia ha lanciato un modello custom di Apple Watch con il cinturino intrecciato e lo screen rainbow. Ai colori della bandiera sono stati aggiunti il nero e marrone per simboleggiare le comunità nere e latine; inoltre, l'azzurro, il rosa e il bianco si uniscono ai colori per rappresentare gli individui transgender.
Più opinabili forse le scelte di alcune aziende e di brand che pur di essere inclusivi superano i limiti palesando i loro interessi per le strategie di marketing e non per la causa, come il recente spot della Dietorelle che ha fatto molto discutere (e forse, anzi, sicuramente, era questo quello che volevano).
Immagine di apertura: foto di Cecilie Johnsen da Unsplash