Timothy Morton è uno dei filosofi più acclamati per la sua capacità di coltivare una moltitudine d’interessi diversi, che spaziano dalla musica di Björk ai cambiamenti climatici. Il suo pensiero è tanto accessibile quanto impegnativo proprio per l’ampiezza dei riferimenti e la capacità di esercitare un’influenza crescente su un insieme composito di discipline: filosofia, ecologia, arte, architettura. In particolare, gli iperoggetti – raccontati da Morton in un suo libro recente – rappresentano uno dei concetti filosofici più dibattuti a livello globale. Si tratta di oggetti di grande scala e temporalità che superano le capacità percettive degli esseri umani e sono uno strumento profondo e radicale per riflettere e imparare a convivere con il riscaldamento globale e le sue connessioni.
Timothy Morton
La natura è un concetto razzista
Il filosofo inglese Timothy Morton racconta la sua visione del futuro, il concetto degli iperoggetti e le implicazioni con l’universo del progetto.
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- Marco Petroni
- 02 marzo 2019
Professor Morton, potremmo iniziare la nostra chiacchierata con la spiegazione del sottotitolo del suo libro Ecology without nature: “Rethinking environmental aesthetics”. Cosa abbiamo bisogno di ripensare e rimodulare?
Dobbiamo ripensare tutto. Soprattutto occorre superare un’idea di natura come qualcosa di esterno o distaccato. L’idea che ci sia questa cosa chiamata natura e che si trovi sotto il cemento, sulle montagne o nel mio DNA, ma mai qui, dove siamo noi. Inoltre, natura e naturale si presentano come concetti normativi che indicano come comportarsi oppure cosa è naturale contro ciò che non lo è. Sappiamo tutti quanto questo modo di pensare può essere violento!
Dobbiamo ripensare tutto. Soprattutto occorre superare un’idea di natura come qualcosa di esterno o distaccato.
In Ecology without nature si definisce uno scenario che va al di là della critica ecologica suggerendo modi di pensare, creare e praticare l’arte, la politica e la filosofia. Inoltre, lei afferma che queste modalità filosofiche rappresentano un approccio critico e, allo stesso tempo, autocritico. Cosa significa?
Significa semplicemente non dare nulla per scontato. In particolare, c’è un cattivo modo di pensare il concetto di natura, un essenzialismo che nega le qualità specifiche e ambigue delle forme di vita in quanto tali. In questo senso, il mio pensiero, le mie elaborazioni critiche rappresentano un modo di parlare delle forme di vita (compresi noi umani e le nostre costruzioni sociali) evitando elaborazioni troppo riduttive.
In molte dichiarazioni pubbliche, conferenze, interviste ha dichiarato che la natura è un concetto razzista. Potrebbe spiegare questa idea?
In realtà, è semplice! La natura, come ho già detto, dovrebbe essere diversa dalla cultura o dalla società o dall’umano. Questa netta distinzione non è biologicamente corretta. Ovviamente ci siamo evoluti da altre forme di vita e siamo ecologicamente connessi con esse. Cosa spiega questa differenza? La linea di demarcazione tra “noi e loro” è ciò che nella progettazione robotica è chiamata Uncanny valley. Robot che sembrano umani, ora appaiono strani e inquietanti, ma intanto si avvicinano alla nostra immagine. In questa valle, vengono inclusi gli esseri che i razzisti chiamano subumani, inumani, coloro che sono trattati peggio di quelli che chiamiamo animali – considerando come il partito nazista abbia sostenuto i diritti degli animali e come Hitler fosse affezionato al suo cane Blondi. Questo è perfettamente in accordo con il nazismo. I cani sono naturali; gli umani nella Uncanny valley non lo sono. La natura è un concetto razzista.
Iperoggetti, filosofia ed ecologia dopo la fine del mondo è uno dei suoi ultimi libri. È stato anche tradotto in italiano per i tipi di Nero Editions. Può darci alcune brevi definizioni di concetti come iperoggetto e mesh?
Il mio ultimo libro è Humankind: solidarity with nonhuman people. Mesh è un concetto declinato in The ecological thought e indica il modo in cui gli esseri ecologici sono profondamente interconnessi eppure diversi, proprio come un setaccio che ha fili incrociati e spazi vuoti tra i fili stessi. Un iperoggetto è una cosa che è così grande e così diffusa nel tempo e nello spazio che possiamo solo percepirne dei pezzi per volta. Pensiamo a tutto il polistirolo. A volte lo incontriamo nelle tazze usa e getta per il caffè. Altre volte sarà qualcos’altro. Se ci immaginassimo seduti in una discarica, lo vedremmo fuso nel cemento.
Non credo a quello che afferma la filosofia moderna, ovvero che siamo esseri simili a Pac-Man che si mangiano l’universo. Penso che siamo camaleonti super sensibili che possiamo assumere il colore di altre cose.
Il suo lavoro è stato spesso associato con l’ontology object-oriented OOO. Potrebbe chiarire quali sono i tratti distintivi di questo pensiero? E perché pensa che l’OOO sia urgente per il mondo in cui viviamo oggi?
OOO è la prima e unica filosofia “occidentale” che posso tollerare. Perché è radicalmente anti-antropocentrica. Rifiuta di considerare gli umani come speciali in un modo che li rende superiori agli altri esseri. Non che gli umani non siano importanti, certo che lo sono. Ma invece di dire “siamo tutti uguali perché siamo tutti fatti di atomi” – il che significa che nulla di ciò che facciamo è così significativo – OOO afferma: “siamo tutti uguali perché siamo tutti persone, che si tratti di scoiattoli o di esseri umani”.
Efficienza e sostenibilità sono concetti legati all’impiego incessante di combustibili fossili. Un’ottusità restrittiva che fa parte del vedere ancora il mondo futuro secondo l’attuale ordine neoliberista e capitalista. Non esiste alternativa, è la rivendicazione del capitalismo. Dobbiamo cambiare. Potrebbe chiarire che resistenze ci sono in campo?
Beh, fidarsi dei miliardari per sistemare le cose è esattamente un sintomo di quello che affermi nella domanda. Sarebbe molto meglio trovare solidarietà tra noi e tutti gli esseri umani, e lavorare verso un qualche tipo di socialismo che includesse in qualche modo altre forme di vita. Così si potrebbero finalmente progettare edifici e veicoli che non ci uccidono così facilmente.
A cosa sta lavorando?
Sto scrivendo un libro intitolato Chameleons. È un saggio sull’arte ma è anche una teoria che ci riguarda tutti. Non credo a quello che la filosofia moderna afferma sull’uomo, ovvero che siamo esseri simili a Pac-Man che si mangiano l’universo. Penso che siamo camaleonti super sensibili che possiamo assumere il colore di altre cose. Penso che la creatività riguardi l’ascolto.
Potrebbe suggerire ai lettori di Domus alcuni autori da leggere e qualche artista o designer da seguire?
Laurie Anderson, tutto quello che Laurie Anderson fa! Clement Goldberg, che realizza animazioni incredibili. Björk, ovviamente! E un libro davvero interessante: Beyond Words: What animals think and feel di Carl Safina.