“Ritmo, musica, contrasti, interazione, sperimentazione, improvvisazione. Ogni cosa che mi affascinava nel jazz, mi interessava anche nel design”. Spiega così i comuni denominatori di musica e design Niklus Troxlet, grafico svizzero, fondatore e organizzatore del Willisau Jazz Festival dal 1975.
Musica per occhi e orecchie
Al MoMA, la mostra “Making Music Modern” indaga sulla reciproca corrispondenza fra musica e design, un rapporto consolidatosi nel XX e XXI secolo e che, di fatto, ha reso moderna la musica.
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- Francesca Esposito
- 19 gennaio 2015
- New York
I suoi poster sono esposti, con quelli di tanti altri artisti, insieme ad alcune icone del design – microfoni, radio, registratori, vinili storici, copertine di album, video, poltrone – in una ricca esibizione al MoMA di New York.
Una sinestesia fattasi mostra e intitolata “Making Music Modern: Design for Ear and Eye”, che occupa gran parte del terzo piano nell’area dedicata all’architettura e al design. L’idea della curatrice Juliet Kinchin, coadiuvata da Luke Bakeré, è quella d’indagare sulla reciproca corrispondenza di amorosi sensi fra musica e disegno, un rapporto consolidatosi soprattutto nel XX e XXI secolo e che, di fatto, ha reso moderna la musica.
Cinque le sezioni del percorso multimediale – “Vibrations to the World”, “Visual Music”, “Wired for Sound”, “Revolt into Style”, “New Sonic Worlds” – in cui si snoda un percorso fitto: dai cilindri fonografici agli spartiti, dalle ispirazioni futuristi e dadaiste al punk, dalle copertine cult a vinili altrettanto cult, poi walkman e poltrone, LP, videoclip e cuffie per ascoltare e vedere un po’ di tutto – David Bowie o Britney Spears, la rappresentazione grafica della pioggia sul tetto o il video di Nina Simone all’Harlem Cultural Festival nel 1969. “Il design moderno ha spinto a creare ed esplorare una gamma di musica senza precedenti”, commenta Juliet Kinchin, “Radio, giradischi, registratori, chitarre elettriche, sintetizzatori e stereo portatili hanno ispirato compositori e performer a manipolare il suono in nuove forme. Simultaneamente, la musica è diventata un modello per designer d’avanguardia, dettando lo sviluppo concettuale e spaziale delle proprie idee”.
Il design – che sia di un luogo particolare, come l’Opera House di Sydney; di un poster, Mister Tambourine Man di Martin Sharp; o di strumenti musicali, la chitarra Fender Stratocaster – ha creato non solo un’atmosfera in grado di amplificare l’impatto della musica dal punto di vista psicologico ed emozionale, ma anche una memoria collettiva. Le tecnologie dominanti dell’era moderna hanno influenzato il mood e il tono della vita di ogni giorno incitando un dibattito appassionato sui temi e flussi, dibattito possibile anche oggi grazie a conferenze collaterali organizzate dal MoMA.
“Ho passato molto tempo a pensare come abbia potuto la musica, una forma d’arte essenzialmente invisibile e immateriale, fondare un mondo fatto di oggetti. Senza la musica perdiamo senza dubbio il nostro orientamento. La nostra impressione di cosa sia la musica – come viene suonata, distribuita e ascoltata – prende forma attraverso il design. Ciò nonostante quando scriviamo di design e presentiamo nei musei mostre come questa, l’importanza della musica e la dimensione sonora del design vengono sempre minimizzate. Questa mostra è dedicata interamente al design che connette le sensazioni di orecchio e occhio, ovvero suoni e visioni. Nella musica non conta solo il brano da canticchiare, ma tutto ciò che ruota intorno”.
E così ecco comparire alcune delle più intramontabili icone, fra gli oggetti per spiegare le culture musicali alternative del XX e XXI secolo. Dalla nascita della radio, durante il periodo tra le due guerre, a un design più attento all’estetica; e, ancora, gli oggetti di designer avanguardisti come Charles Rennie Mackintosh, Lilly Reich, Saul Bass, Jørn Utzon e Daniel Libeskind, quindi l’influenza del jazz, del pop e del punk, fino alle esplorazioni progettuali del XX secolo tra arte, tecnologia e percezione.
Fra gli oggetti di culto, l’iPod, disegnato da Jonathan Ive nel 2001, usato inizialmente come un MP3 ha poi espanso la sua capacità di device musicale. Era più piccolo, pulito e intuitivo di qualsiasi altro dispositivo del suo genere e ha influenzato per qualità ed eleganza i prodotti elettronici in generale. Da lì, l’interminabile sequenza di “i” (iPad, iPhone, iWatch), compreso il dispositivo iBelieve disegnato di Scott Wilson.
Immancabile la Sparton 558 Sled Radio, classe 1937, disegnata da Walter Dorwen Teague, che decretò l’inizio della radio come grande business. Con le sue alette e i suoi riflessi incarnava il tipo di design industriale tanto disdegnato dai curatori del MoMA negli anni ’30 e ’40, solo perché, peccando un po’ di hybris, anteponeva l’estetica alla funzionalità. In mostra compare anche l’altoparlante elettrostatico LE1 della Braun, disegnato nel 1960 da Dieter Rams, che si distingueva per la sua membrana larga e leggera, sinonimo di chiarezza del suono. Un oggetto che incarnava appieno la filosofia del designer tedesco che per 40 anni ha lavorato per la Braun. All’autore del “meno, ma meglio”, sarà debitore per sempre la stirpe della mela, Steve Jobs e Jonathan Ive in primis.
Poi, in bella mostra lo Scopitone, una sorta di MTV generation ante litteram. Questo jukebox nato in Francia negli anni Cinquanta e introdotto nel mercato americano nel 1969, permetteva infatti di vedere video associati alle canzoni. Morì tristemente con l’avvento della televisione a colori, senza riuscire mai a integrarsi con l’industria discografica. Altro oggetto cult è Blow, che ha fatto la storia di design e musica in un colpo solo. La poltrona low-cost gonfiabile in PVC trasparente calandrato, nata nel 1967 dalle mani di De Pas, D’Urbino e Lomazzi entra nel catalogo Zanotta e compare, non a caso, nello stesso anno di Plastic fantastic Lover, canzone simbolo dei Jefferson Airplane, pionieri del rock psichedelico.
Immancabile, l’oggetto più rivoluzionario fra i rivoluzionari, la Fender Stratocaster, il più popolare modello di chitarra elettrica di cui la gente abbia memoria: un corpo solido (ovvero le chitarre senza cassa), con tre pick up (i dispositivi elettrici utilizzati per trasformare le vibrazioni delle corde in impulso elettrico), e una forma ergonomica leggerissima in grado di far suonare anche le note più acute. A eterna memoria, anche la parete d’intramontabili hit: dalla copertina di Never mind the bollock dei Sex Pistols a quella di London Calling dei Clash, compresa l’irresistibile Sticky Fingers dei Rolling Stones ideata da Andy Warhol.
© riproduzione riservata
fino al 1 novembre 2015
Making Music Modern: Design for Ear and Eye
MoMA, New York
The Philip Johnson Architecture and Design Galleries