A metà settembre, ha inaugurato a Lubiana la 24ma edizione di BIO, la più antica Biennale di Design europea, nata da uno sforzo congiunto e multidisciplinare. Oltre 133 partecipanti, suddivisi in diversi team e in 11 gruppi, sono stati guidati infatti in questa esperienza collettiva da 21 mentori e dal direttore Jan Boelen, affiancato dai co-curatori Maja Vardjan e Cvetka Požar.
Laboratorio Slovenia
Sotto la guida di Jan Boelen, la 24ma edizione della più antica Biennale europea di design propone un approccio inclusivo, quasi olistico, per avvicinare il pubblico alle discipline del progetto.
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- Maria Cristina Didero
- 01 ottobre 2014
- Lubiana
I partecipanti, provenienti da tutto il mondo e selezionati grazie a una open-call, hanno lavorato per mesi in loco in una sorta di macro-laboratorio. Tanto che Boelen ha descritto il suo Paese come un “laboratorio per il design”, parlando di un’esperienza partita dalla Slovenia, che può essere però traslata anche altrove. Il format è aperto e avvincente, adatto alla replica; l’approccio è inclusivo, quasi olistico, per avvicinare il pubblico alla disciplina design.
A dimostrarlo, la giuria internazionale – composta dalla critica Alice Rawsthorn, il designer Konstantin Grcic e il professore e designer Saša J. Mächtig – ha assegnato il Best Collaboration Award al progetto Nanoturism, focus sul turismo non convenzionale. Altre tre menzioni d’onore sono andate a Fashion System, Engine Blocks e Designing Life. Il primo consiste in una felice indagine sulla moda con deliziose creazioni in feltro, lana e all’uncinetto; la seconda, apprezzata da centauri e non, è una sequenza di curiose motociclette allestita in modo impeccabile sullo sfondo di un video scenografico. “Sono felice del risultato”, racconta Boelen: “felice del premio e delle menzioni attribuite dalla giuria ma credo anche che sia importante dire che tutti i progetti hanno un proprio valore e merito. Considerate le diverse tipologie progettuali – con l’ovvia difficoltà di fare paragoni – ogni gruppo ha sviluppato il tema assegnato in maniera egregia, con le relative differenze di ogni gruppo. BIO 50 è stato concepito come un laboratorio che guarda non solo al mondo del design ma anche alla partecipazione e allo scambio”.
Nella Jakopiceva Galerija la mostra “The Biennial of (Industrial) Design over Fifty Years”, a cura di Cvetka Požar, espone una selezione dei pezzi più noti della storia del design presentata in occasione di tutte le biennali del passato: dall’abitacolo di Munari alla Knotted Chair di Marcel Wanders fino alla storica macchina per scrivere Valentine disegnata da Ettore Sottsass per Olivetti.
Ma BIO 50 guarda più al presente che al passato: come ripete Boelen, questa Biennale è stata pensata come un vero work in progress: “Probabilmente saremo in grado di dare altre e diverse valutazioni più avanti. Spero che parte di questi progetti poss continuare a crescere, sviluppare la loro storia nel futuro; spero che non si esauriscano con la fine dell’evento, ma possano continuare a evolversi grazie alla collaborazione di tutte le persone e delle istituzioni coinvolte – come per esempio il MAO (Museum of Architecture and Design). In questa costellazione di forze, io ho solamente facilitato il loro incontro, ho unito i punti sulla carta”.
Jan Boelen sostiene che, in questo lavoro corale, lui stesso avrebbe potuto non essere necessario. Modestia a parte, riteniamo che senza un personaggio dal suo profilo, unico all’interno del panorama curatoriale del design contemporaneo, probabilmente non avremmo potuto vivere un progetto così dinamico, articolato e complesso. E anche laddove si è parlato di esperimenti non riusciti (come durante l’interessante talk inaugurale “Designing everyday life”, con la partecipazione del direttore, della Rawsthorn, del critico e curatore Justin McGuirk e moderato da Vera Sacchetti) questi non sono stati vissuti come un limite, bensì un inizio: ogni fallimento all’interno di progetti sperimentali e di ricerca aggiunge un tassello al valore del processo e sicuramente lo stimolo per continuare l’indagine nel raggiungimento di un risultato soddisfacente. Mettersi in gioco è indispensabile in quest’ambito e soprattutto quando l’analisi riguarda la vita tutta, come in questo caso – non per nulla il catalogo della Biennale ha titolo Designing the Everyday Life.
Probabilmente, capire se i ratti siano commestibili o meno è solo una provocazione, ma fa parte delle ricerca che Boelen ha stimolato nella fiabesca cittadina slovena. Da lì, escursioni in giornata al Technical Museum Slovenia di Borovnica e a Vila Bled (nell’omonima cittadina), ex residenza in stile soviet del maresciallo Tito (oggi hotel a quattro stelle), con un padiglione che si affaccia sul lago, opera della gloria nazionale, l’architetto Jože Plečnik. Per tornare al presente: bravo Boelen; e bravo il suo appassionato esercito di collaboratori.
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fino al 7.12.2014
BIO 50
24ma Biennale di Design
Lubiana, Slovenia