Che cos'hanno in comune Steve McQueen, la Whitechapel Gallery, Ways of Seeing e Graphic Design: A Concise History di John Berger? La risposta è che tutti quanti hanno beneficiato del contributo del celebre Richard Hollis. Hollis, tra i più importanti progettisti grafici di Gran Bretagna, è stato attivo come professionista, docente e saggista a partire dagli ultimi anni Cinquanta, e tuttavia la sua opera finora era rimasta poco nota al di fuori della cerchia della comunità dei progettisti.
Questo relativo anonimato pare destinato a finire grazie all'attuale mostra della galleria londinese Libby Sellers, la prima dedicata al grafico. Con oltre duecento pezzi tratti dall'archivio personale di Hollis, tra cui libri, carte da lettera e manifesti, corrispondenza e cartoline personali, si tratta della prima vera ricerca sul metodo, sulla professione e sulle convinzioni personali del grafico. E svela quanto tutte queste sfere siano collegate tra loro.
Proprio come il lavoro di Hollis la mostra è un lavoro collettivo. Sellers ha invitato Emily King, storica del design specializzata nella grafica, a ideare una manifestazione basata sulla grafica che si svolgesse in parallelo alla mostra estiva sul design britannico del Victoria and Albert Museum. Il progetto dell'allestimento è dell'architetto Simon Jones, mentre la guida della galleria è opera della progettista grafica Sara de Bondt, che si è anche occupata di About Graphic Design, l'antologia degli scritti di Hollis recentemente edita da Occasional Papers.
Richard Hollis
Alla Galleria Libby Sellers, a cura di Emily King, la prima mostra dedicata a uno tra i più autorevoli progettisti grafici di Gran Bretagna, che tuttavia ha sempre preferito considerarsi un "anonimo lavoratore" e non un divo.
View Article details
- Catharine Rossi
- 13 aprile 2012
- Londra
Le due hanno realizzato una mostra permeata dalle prospettive progettuali di Hollis, caratterizzate non dallo stile ma dalla chiarezza della comunicazione e da ciò che King definisce "l'insistenza nell'usare insieme testo e immagini per rendere al massimo il significato". L'autorevolezza di Hollis risalta soprattutto all'inizio della mostra, che rispecchia l'esperienza di lettura di Ways of Seeing, pubblicato nel 1972 dalla Penguin. Hollis fece parte del gruppo di progetto del libro, il cui impaginato rivoluzionario venne considerato fondamentale quanto la serie televisiva cui si accompagnava. E così come la copertina del libro ne era anche la prima pagina, il primo pezzo della mostra è collocato nella vetrina della galleria, che i visitatori vedono arrivando dall'esterno: un tocco di intelligenza dei curatori guastato solo dal fatto di non poter arrivare abbastanza vicino alla vetrina da osservare bene l'oggetto.
Il resto della mostra è suddiviso in quattro sezioni ordinate all'incirca secondo un criterio cronologico, che occupano quasi interamente la galleria. Gli espositori sono anch'essi ispirati alla sensibilità spartana del grafico: costruiti in cartone grezzo e compensato, progettati per essere facilmente smontati e rimontati, mostrano la stessa economia di materiali e di tecniche che caratterizzava gran parte del lavoro di Hollis.
Tra i primi pezzi esposti ci sono le fotografie dei viaggi del grafico a Cuba e in Africa settentrionale, all'inizio degli anni Sessanta. Questi viaggi, come quelli a Zurigo e a Parigi, ebbero un influsso profondo sul suo lavoro, per la passione per il progetto modernista svizzero come per l'impegno nel più vasto contesto sociopolitico. Hollis considerava la grafica un "servizio sociale" e prestò la sua competenza a varie cause: in mostra ci sono lavori per il CND (il movimento per il disarmo nucleare), per le riviste New Middle East e New Society, e per la casa editrice di sinistra Pluto Press. Tra i suoi progetti per quest'ultima la copertina del libro di Patrick Kinnersley del 1973 The Hazards of Work ("I rischi del lavoro"), dove l'uso della tipografia e il formato da quotidiano popolare (era progettato per stare nelle tasche della tuta di un operaio) indicano il desiderio di Hollis di rendere il testo accessibile al massimo.
La mostra mette in luce anche altri scorci della mentalità del grafico: schizzi e bozze corrette rivelano il grado di attenzione dedicato ai particolari del progetto e la natura manuale della grafica nell'epoca predigitale, mentre la corrispondenza con i clienti svela la natura collettiva di gran parte del processo decisionale. Una parte significativa della mostra è dedicata alla collaborazione con artisti e istituzioni artistiche con cui Hollis ebbe a lungo rapporti. Spiccano tra i manifesti che si allineano lungo le pareti della galleria quelli realizzati da Hollis per la Whitechapel Gallery dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta, mentre gli espositori mostrano le collaborazioni più recenti, come quella con Steve McQueen per il progetto Queen and Country.
In fondo alla galleria, c'è uno stretto corridoio con articoli in vendita, tra cui stampe in edizione limitata delle opere di Hollis. Il corridoio conduce a una stanzetta dove trovano posto un repertorio consultabile delle pubblicazioni di Hollis e una proiezione di diapositive delle sue opere accompagnata da un commento audio. Anche se le tecnologie elementari dell'allestimento fanno sì che immagini e commento spesso vadano fuori sincrono, in ultima analisi questa soluzione schietta e disadorna è, secondo King e Sellers, caratteristica di Hollis, un grafico che si considerava un 'anonimo lavoratore' e non un divo. Quel che questa mostra ricca di informazioni fa pensare è che Hollis, definito da King "il grafico dei grafici", abbia ormai fallito nel suo intento, dato che il suo contributo alla grafica trova finalmente pieno riconoscimento.
fino al 28 aprile 2012
Richard Hollis
a cura di Emily King
Libby Sellers Gallery
41-42 Berners Street, London W1T 3NB