Questo articolo è stato pubblicato su Domus 950, settembre 2011
Si suole ripetere che il più antico linguaggio grafico sia quello della ripetizione e della simmetria. Per quanto riguarda la progettazione di 'cose che si muovono', la storia ci offre un ricco catalogo di proposte che migliorano la famiglia, ripetendo una stessa forma sui due lati di un qualsiasi elemento di collegamento. Se pensiamo a nomi come 'doppia carlinga', 'doppie travi di coda', 'doppia fusoliera', 'doppia carena' o 'catamarano', comprendiamo che i progettisti sono affascinati dalla possibilità di duplicare una buona idea dai tempi del giardino dell'Eden, da quando, cioè, Dio decise che una coppia di mammelle aveva un aspetto oggettivamente più eccitante di una mammella singola.
Il mestiere di progettare automobili è figlio delle tecniche sviluppate dagli architetti navali per i disegni a grandezza naturale delle carene e, se è vero che esistono da secoli progetti d'imbarcazioni a carene parallele (dalle canoe tahitiane a bilanciere alla carena bipartita schizzata da Leonardo da Vinci) la vera ispirazione delle autovetture a doppia fusoliera sono i velivoli della Seconda guerra mondiale.
(A dire la verità, il Fokker M.9 a doppie travi di coda risale alla Prima guerra mondiale).
L'ingegner Mollino, pilota e appassionato di velivoli, deve essere stato fortemente influenzato dalle innovazioni belliche e forse sapeva che gli ingegneri tedeschi avevano costruito un prototipo del Messerschmitt Bf 109Z–1 'Zwilling' ('Gemello'), un caccia a doppia fusoliera con un unico pilota. Sia il seducente Lockheed P–38 sia il 'Twin Mustang' F–82, prodotto dal 1946 al 1953, furono sicuramente fonte d'ispirazione per i progettisti di automobili del tempo.
Tuttavia, nonostante abbiano in comune con l'elegante Nardi–Giannini 750 Bisiluro un senso dell'ordine, questi aeroplani sono più fedeli ai principi di simmetria, visto che prevedono due motori e/o due uomini. Forse un modello corretto per la sua vettura da corsa potrebbe essere stato il tedesco Blohm&Voss BV 141, un velivolo da ricognizione costruito con motore, elica e derive di coda su una fusoliera e i piloti nella carlinga vicina. In realtà, se guardiamo le immagini della Bisiluro che corse a Le Mans nel 1955, si ravvisa un più stretto rapporto visivo con i sidecar da competizione moderni che con gli aeroplani. (Non fu, comunque, l'ultimo veicolo a quattro ruote ad avere sfruttato questa configurazione asimmetrica. Una realizzazione degna di nota fu lo Smokey Yunick, un infelice prototipo di sidecar da competizione presentato a Indy nel 1964). Ad ogni modo, si direbbe che il modello progettuale di Nardi e Giannini fosse già definito quando l'ingegner Mollino si unì al progetto Bisiluro come designer.
Il bolide asimmetrico
A più di cinquant'anni di distanza, Chris Bangle rivisita l'automobile da corsa che Carlo Mollino disegnò per lanciarla nel 1955 sul circuito della '24 ore' di Le Mans.
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- Chris Bangle
- 12 settembre 2011
- Milano
Se si guarda oggi la sua creazione, le linee e i dettagli sembrano più simili a quelli della tradizione prebellica che a quelli degli stili dominanti della sua epoca, gli anni Cinquanta del secolo scorso. Dal filtro a fanone di balena del radiatore frontale alle branchie verticali sui lati per il raffreddamento del motore, la vettura sembra imitare da vicino lo stile della Carrozzeria Touring degli anni Trenta. Nel 1954 le automobili avevano carenature delle ruote sia aperte sia chiuse, ma, in generale, si prestava maggiore attenzione alla derive di coda; la coeva Bertone BAT combinava felicemente tutti questi elementi. Una deriva un poco più pronunciata sulla Bisiluro avrebbe potuto rivelarsi utile, perché, nonostante la cura e l'attenzione spese nel progetto (dalle forme delle fusoliere a meravigliosi dettagli, come lo specchietto retrovisore retrattile) un'infelicissima applicazione dell'aerodinamica fu la causa del suo insuccesso. Deve essere stato doppiamente frustrante per il team vedere questa leggera vettura da competizione letteralmente risucchiata fuori dal circuito da una Jaguar che la sorpassava. Dal punto di vista della progettazione automobilistica, la Bisiluro rientra nella categoria che io chiamerei delle 'automobili non automobilistiche', cioè di quegli oggetti ideali che stimolano la fantasia dei progettisti, perché consentono loro di integrare nel loro modello concettuale di 'automobile' una nuova proporzione, prospettiva, forma, struttura o un nuovo dettaglio, senza gli obblighi funzionali e culturali delle 'vere' automobili. Questa famiglia comprende un'ampia varietà di strutture (principalmente) costruite dall'uomo, come acquedotti, orologi medievali, aeroplani come quelli appena menzionati, i missili V2, sottomarini, pistole, auto da corsa e veicoli su ruota da record di velocità, l'incrociatore Graf Spee e persino la Torre Eiffel. Il mondo della progettazione automobilistica è più ricco per effetto delle metafore visive e dei prestiti tratti da queste 'automobili non automobilistiche', per quanto non sia solitamente possibile istituire un legame diretto tra l'ispirazione e l'effetto.
Visto come un 'aeroplano con le ruote', il Bisiluro fa una gran bella figura. Innanzitutto si presenta come una coppia di lunghi assi di colore rosso, il colore de rigueur di tutto ciò che è veloce e italiano. Benché i progettisti di automobili amino le allusioni sessuali, bisogna ammettere che l'immagine di Mister Macho che monta sul suo fallo di alluminio appare un po' meno convincente, se di falli ve ne sono due. Dal punto di vista delle proporzioni l'automobile sembra un pidocchio tarchiato; non le ha giovato il fatto che a quei tempi il dogma dell'aerodinamica prevedeva che il profilo laterale di una vettura sportiva fosse un'ellisse chiusa, schiacciata in basso come la sezione delle ali degli aeroplani. Questo richiedeva che lo slancio frontale avesse un'inclinazione verso l'alto sufficiente a rendere naturale la curva, conferendo una forma che in realtà non favorisce l'aderenza al suolo e rende meno affusolato il siluro. (Ricordo che, quando costruivamo la BMW Z8 alla fine degli anni Novanta, prendemmo a modello la classica BMW 507 e la 'modernizzammo', appiattendo completamente, tra l'altro, la sottoscocca per ridurre al minimo l'accumulo di aria in quel luogo. Chuck Pelly, che aveva progettato negli anni Sessanta la monoposto Scarab, mi criticò aspramente per avere infranto il canone del 'profilo ellittico').
Visti oggi, le linee e i dettagli sembrano più simili a quelli della tradizione prebellica che a quelli degli stili dominanti della sua epoca.
La fusoliera del motore ha una bella controcarena intorno alla ruota posteriore, il cui rapporto con il movimento interno della ruota non è, in verità, molto chiaro. Essa conferisce, comunque, una certa identità anche a quel lato dell'automobile e bilancia visivamente l'imponente presenza della carenatura a elmetto, che domina il lato della vettura nella quale è ospitato il pilota. La carrozzeria è opera di artigiani, i classici fabbri che ci spingono ad apprezzare le piccole anomalie dei raccordi concavi e dei raggi, invece che a cercare vanamente la perfezione in ogni giuntura e in ogni linea. Il 'ponte alare' intermedio, che unisce i due siluri, è un po'troppo carico di elementi del sistema di raffreddamento, ma, complessivamente, non è troppo diverso dalle vetture da competizione che si videro in seguito a Le Mans e alla Canadian-American Challenge Cup, vetture che presentavano una versione allargata del ponte alare della Bisiluro per ospitare il pilota nella sezione intermedia. L'intersezione ricurva tra questa sezione e la fusoliera presenta un classico problema della progettazione automobilistica: un'eccessiva curvatura 'negativa' fa apparire il veicolo incavato, una scarsa curvatura negativa rende le sezioni del siluro troppo piatte. L'ingegner Mollino risolse questo problema con un elegante compromesso e i due singoli fanali rotondi proiettano un piacevole bagliore sull'alta sezione ovale della carrozzeria. Non si può fare a meno di pensare a Tintin e ai suoi amici quando ci si trova di fronte a forme come queste.
Una meravigliosa automobile costruita da persone eccezionali per una celebre competizione in una gloriosa Età dell'Innocenza della progettazione automobilistica: si può chiedere qualcosa di più? I designer di tutto il mondo trovano scuse per rendere omaggio alla Bisiluro e ai suoi simili in ogni possibile progetto, Guerre Stellari comprese, e dovremmo tutti quanti essere grati per il fatto che questo esempio eccezionale riceva tutte queste attenzioni e continui a essere per noi fonte di ispirazione. Chris Bangle, Designer automobilistico
Chris Bangle
Riconosciuto dal New York Times nel 2006 come il più influente designer automobilistico della sua generazione, Chris Bangle è stato responsabile del Centro Stile della Fiat. Nel 1992 è stato nominato Direttore del Design del BMW group. Nel 2009 si è ritirato dall'industria automobilistica. Continua la ricerca di un design d'avanguardia nel suo studio in Italia.
Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia 'Leonardo da Vinci' di Milano, nel quale è conservata la Bisiluro di Carlo Mollino, nasce nel 1953, sotto la spinta di un gruppo di industriali lombardi. Ha sede in un monastero del Cinquecento e raccoglie un importante patrimonio culturale relativo alla storia della scienza, della tecnologia, del design e dell'industria. Il primo nucleo dei beni relativi ai trasporti su strada si è costituito nel 1954; sono poi seguite altre acquisizioni: tra queste, la Bisiluro, donata dalla Nardi di Torino nel 1965.