Tra gli innumerevoli grafici che hanno collaborato con Domus, alcuni nomi eccellenti spiccano per continuità e particolare affezione. Massimo Vignelli è uno di questi, basti pensare che pochissimi giorni prima della sua scomparsa lo chiamammo per farci mandare delle immagini dal suo archivio. Servivano per commentare un articolo nel quale veniva citato. Ci rispose con voce un poco stanca ma come sempre cordiale, come un vero amico che non si disturba mai, erano le nove di sera ora italiana. Alle nove del mattino ci attendeva la sua risposta con immagini impeccabilmente proporzionate e risoluzione perfetta – cosa per nulla scontata anche con grandi professionisti, c’è sempre qualche cosa che non va o che bisogna attendere, fa parte del mestiere richiedere aggiustamenti o sollecitare materiali in ritardo.
La cover di Domus che Massimo Vignelli ha disegnato in aereo
Torniamo ai primi anni Novanta, quando il grande graphic designer si presenta in redazione con un disegno che diventerà una celebre copertina. Ma c’è un elemento sorprendente.
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- Giuseppe Basile
- 25 marzo 2022
In passato, quando si pubblicavano articoli riguardanti i suoi progetti e gli si chiedeva indicazioni per l’impaginato arrivavano in redazione i suoi layout in formato A4 dove con incredibile precisione, a matita e mano libera, disegnava le pagine ritraendo ogni singola immagine proporzionata nel taglio e precisamente posizionata nella gabbia grafica, così come gli elementi tipografici. Un vero capolavoro di rappresentazione, possibile solo a chi come lui maneggiava perfettamente la materia.
Vignelli era dunque un grande amico di Domus, inevitabile dedicargli una copertina. L’occasione fu nel maggio del 1992, ci disse che sarebbe venuto a Milano e quindi coglieva l’occasione per portarci il materiale personalmente e venire a salutarci in redazione. Quando arrivò, dopo i sorrisi e gli abbracci, ci incamminammo verso le stanze dei grafici. Percorrendo i corridoi estrasse dalla borsa un libro e dalle pagine un piccolo ritaglio di carta, 10x10 centimetri circa, sul quale aveva disegnato un rettangolo ancora più piccolo con il suo immancabile pastello warm red. Il rettangolo non aveva cornici ma era un pieno di colore, lo aveva preparato in aereo, disse: “questo colore da solo mi rappresenta, il resto se hai tempo lo facciamo qui insieme”.
Andammo alla macchina delle fotocopie e impostammo la percentuale di ingrandimento per arrivare al formato della rivista. Servirono due passaggi per raggiungere le dimensioni adatte, eravamo in epoca analogica e si faceva così. Una volta ingrandito il tratto a matita prese una trama molto somigliante a quella di una parete non intonacata, come se fosse un muro vivo. Portava a pensare all’architettura, un effetto calcolato che ebbe il suo risultato.
Ma la cosa che creò un vero stupore era che una volta ingrandito quel piccolo dettaglio colorato era perfettamente in proporzione con la copertina di Domus, a quel punto bastò inserire gli strilli di copertina (naturalmente in helvetica bold) seguendo l’inclinazione della trama disegnata, il celebre logotipo e il gioco era fatto.
Sarò sincero: in seguito abbiamo provato a ridisegnare con un pastello un rettangolo come aveva fatto lui, ma non siamo più riusciti ad avere le perfette millimetriche proporzioni. Alcuni hanno osservato che quella copertina era forse troppo minimale e risolta con estrema semplicità ma non è forse questo il good design?
D’altronde quando si conosce la strada si arriva velocemente alla meta… come in molti casi una volta finito un buon progetto sembra tutto così ovvio da essere quasi scontato. Ma questo succede sempre “dopo”, dopo che un maestro ha finito il suo lavoro.