Era l’anno 2010 e Domus decise di introdurre un intervallo, nelle allora triennali direzioni della rivista, che lasciasse un segno, a indicare un’importante svolta nel nostro mondo; dove la “giovane” edizione digitale ormai matura avrebbe sempre di più affiancato la rivista cartacea. Fu chiesto ad Alessandro Mendini di dirigere undici numeri della rivista.
Mendini accettò senza esitazione e così cominciò un’esperienza indimenticabile.
Preparammo a tempo di record il progetto grafico (il maestro aveva le idee molto chiare), in uno stile che Mendini definì “neoclassicismo grafico“, riprendemmo alcuni elementi grafici studiati da Sottsass trent’anni prima per la sua storica direzione, compreso l’allora rivoluzionario progetto di copertina dove al posto di architetture e oggetti di design apparivano ritratti fotografici di autori, architetti, designer, critici e intellettuali.
Questa volta però volle dare un’impronta diversa alle figure, facendole ritrarre in un cameo, da un illustratore, un artista, gli proposi Lorenzo Mattotti che poi scoprii essere tra i suoi autori preferiti. Programmammo così una serie di splendide copertine che Lorenzo ogni mese ci preparava. Fu nel mese di dicembre che mi resi conto che quella splendida avventura volgeva al suo epilogo e tra quelle figure ne sarebbe comunque mancata una, la figura forse più amata, quella di Mendini. Sì, perché Alessandro non lo stimavi o apprezzavi, te ne innamoravi proprio.
Mi venne un’idea, chiesi a Lorenzo Mattotti di fare il ritratto di Mendini, sarebbe stato il suo regalo di Natale!
Lui accettò con entusiasmo e ci regalò il suo prezioso disegno, eravamo pronti per la sorpresa natalizia.
In quegli stessi giorni Alessandro ed io pranzammo con Maurizio Cattelan, a cui Mendini aveva chiesto di collaborare al suo undicesimo e ultimo numero, curando una rivista nella rivista. In quell’occasione Cattelan scoprì che sarebbe stato il protagonista della copertina disegnata da Mattotti e ci disse: “se devo essere in copertina della tua rivista tu devi essere in copertina della mia, devi chiedergli di fare anche il tuo ritratto” e Mendini accettò.
Fu un momento molto triste perché senza volerlo Cattelan stava distruggendo la sorpresa che avevamo preparato, ma era inevitabile… e mi rassegnai alla sfortuna.
Avevo disegnato io stesso una caricatura di Mendini, per indicare la copertina che avrebbe poi realizzato Mattotti: non potevo a quel punto svelare che era già in mio possesso.
Pochi giorni dopo pranzammo di nuovo insieme per vedere un layout di massima degli impaginati e discuterlo, andammo all’appuntamento portando bozze stampate di corsa come sempre succede. Avevo disegnato io stesso una caricatura di Mendini, per indicare la copertina che avrebbe poi realizzato Mattotti: non potevo a quel punto svelare che era già in mio possesso. Cattelan prese in mano il layout ed esclamò che quel disegno gli piaceva moltissimo e che voleva assolutamente quello schizzo come cover. Quindi non serviva il nuovo ritratto di Mattotti.
Tirai un sospiro di sollievo, mi rideva il cuore. Mendini invece rimase perplesso per questa scelta, poi rise e stette al gioco.
Fu così che il 24 dicembre tra i consueti auguri e brindisi di saluto natalizi consegnammo ad Alessandro una cartelletta in dono … lui la aprii e visibilmente commosso disse… bellissimo ma chi lo ha fatto?
Era così sorpreso che pensava avessimo imitato la bellissima mano di Lorenzo Mattotti, con un risultato sorprendente.
“Caro Alessandro”, risposi “Mattotti ti dedica questo ritratto rappresentando il cuore di tutti noi”.
Si commosse ancora di più.
Nel numero 945 di Domus Loredana Parmesani introduce Lorenzo Mattotti:
Lorenzo Mattotti non è esattamente un pittore di ritratti, ma è soprattutto un fumettista e un illustratore che, fin dai suoi esordi (il gruppo bolognese Valvoline dei primi anni Ottanta), si cimenta con il segno in bianco e nero, e successivamente con il colore, per creare immagini e narrazioni che, riprodotte tipograficamente, vengono bruciate all’istante da un consumo visivo famelico, veloce, emotivo e ansioso, a differenza dell’arte che, unica ed elitaria, tende eternamente a durare nello spazio e nel tempo, anche se l’attimo fuggente della visione si è a volte dimostrato, nella storia dell’arte, più essenziale e duraturo.
Immagine in apertura: Ritratto di Alessandro Mendini da Lorenzo Mattotti