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Pubblicato in origine su Domus 621 / ottobre 1981
Le idee, i progetti e le realizzazioni di
Philip Garner: un modo per rappresentare i limiti e le nevrosi americane.
Quando, sfogliando recentemente
la rivista Home Video, ho visto alcuni
progetti di Garner per una "nuova generazione" di congegni
video sono rimasto piacevolmente
sorpreso dalla rinnovata capacità
creativa di questo designer d'oltreoceano.
Infatti già verso la fine
degli anni sessanta Garner si industriava
a progettare e realizzare
oggetti, decori, strumenti, che alcuni
critici amanti di etichette culturali
avrebbero con troppa disinvoltura
inserito all'interno di tendenze
radicali o di controdesign.
Di fatto il lavoro di Garner, pur
avendo una serie di affinità con
esperienze radicali europee, se ne
distacca per un dichiarato amore
per tutto ciò che è tecnologia avanzata,
una tecnologia sofisticata applicata
a incredibili realizzazioni
spesso ironiche alle volte provocatorie.
L'oggetto ironico
Nel 1981, Domus si occupa di Philip Garner, designer che non perse mai la passione per i congegni futuristici, né l'aspirazione all'utopia di un mondo automatizzato, e che seppe semplicemente aggiungere al suo repertorio la coscienza dell'assurdità di tali congegni.
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- 09 marzo 2013
Così, pur esprimendo la crisi di una generazione, il Garner degli anni Sessanta non ruppe del tutto con ciò che dal dopoguerra ad oggi rimane pur sempre l'utopia americana di un mondo automatizzato.
Basterebbe guardare la mini-automobile
(Grocar) costruita utilizzando un normale carrello da supermercato:
il senso di questo particolare
veicolo che racchiude tutta
l'alienazione del mondo dei consumi
contiene anche una sorta di
messaggio riferito ai bisogni del
futuro con tutte le caratteristiche
di un progetto ambizioso come
quello di un modello gigantesco
quale siamo abituati a vedere sulle
strade americane. Ecco quindi una mini macchina
che non solo ha tutte le caratteristiche
di efficienza del moderno
design, ma che non sacrifica il gusto
di autoespressione caratteristico
degli americani.
"Alla robusta struttura della Grocar sono stati aggiunti una serie
di sofisticati componenti meccanici, un elegante esterno e una serie
di gadget opzionali, il tutto venduto
in apposita scatola con accluse
istruzioni per un facile montaggio"; una presentazione del veicolo
che potrebbe appartenere al
linguaggio del più banale sistema
di vendita di oggetti di consumo
ma che rivela tutta la sua intenzionalità
con la nota finale "il carrello
può facilmente essere reperito
presso il più vicino supermercato".
La parola "reperito" ci rimanda a
tutta una serie di immagini e progetti
di riappropriazione e trasformazione
del mondo degli oggetti e
dei luoghi appartenenti ad un sistema
che tra la fine degli anni
Sessanta e i primi degli anni Settanta
molti credettero di poter modificare.
L'automazione doveva produrre un mondo incredibilmente efficiente, che avrebbe potenzialmente eclissato il lato impietoso e barbarico della natura umana
Garner ci prova ancora! Ma i suoi progetti più che trasformare la società in cui vive tendono a rappresentarne i limiti e le nascoste nevrosi; qualche didascalia relativa alle sue proposte o la lettura della sua autobiografia ci confermano il senso del suo lavoro. Ugo La Pietra
Philip Garner:
Sono cresciuto in America in
quello che può essere chiamato il
periodo "Neo Futurista", l'epoca
immediatamente successiva alla
seconda guerra mondiale, testimone
di un frenetico sforzo di riconquista
di immagini utopiche. Gli
strumenti di cui ci si valse furono evidentemente materialistici e l'ispirazione venne da una parte dal desiderio di cancellare gli orrori
e gli stenti della guerra, dall'altra
dalla necessità di convertire
le industrie che avevano lavorato per la guerra verso una produzione
di beni di consumo.
Fu durante gli anni della mia prima adolescenza che questo fenomeno raggiunse il suo culmine e le immagini di design industriale e fantascienza divennero quasi sinonimi. L'automazione doveva produrre un mondo incredibilmente efficiente, che avrebbe potenzialmente eclissato il lato impietoso e barbarico della natura umana.
Evidentemente era facile per un ragazzo, soprattutto se interessato alle cose di meccanica e dotato di un certo senso di stile teatrale, considerare questa eventualità senza scetticismo. Presto divenni un perfetto "tecno-romantico". La mia disillusione venne, assieme a quella di tutti gli altri, negli anni Sessanta, ma io non persi mai la mia passione per i congegni futuristici (specialmente l'automobile) né la mia aspirazione all'utopia di un mondo automatizzato.
Semplicemente aggiunsi al mio repertorio la coscienza dell'assurdità di tali congegni. Su questi elementi si basa il mio lavoro di oggi. Mi ritengo fortunato di essere cresciuto nell'America postbellica, perché credo che in nessun altro paese del mondo si ebbe o si avrà mai quell'atmosfera. Philip Garner