Pubblicato in origine su Domus 531 / febbraio 1974
Mostra a Roma: Contemporanea Pinacoteca Drive-in e Sotterranea
"Non importa quale sarà il comportamento
dell'uomo libero dal lavoro,
né quale sarà il contenuto di una
produzione intellettuale di massa;
quello che è importante è l'uso diverso
che ognuno potrà fare del
proprio immaginario inespresso, e
quindi della propria vita". (Andrea
Branzi).
Questo pensiero compare, nel catalogo
di Contemporanea nella
sezione Architettura Radicale. Che
lo si trovi nella sezione Architettura
e non nella sezione Arte è significativo,
poiché è un fatto che l'indagine,
l'interesse, per le future qualità
del vivere stan scomparendo
del tutto dal campo delle arti, e diventano
invece uno dei motivi preminenti
delle nuove discipline architettoniche,
dalla pianificazione
urbana al design comportamentistico.
Non sorprende quindi che il contributo
più interessante al nuovo
pensiero sia offerto, in questa mostra,
non tanto dalla sezione Arte
quanto dalle sezioni, più nuove, e
quasi puramente speculative, di
Architettura e Design, e Controinformazione, e da interventi minori
ma urgenti come L'immaginazione
al potere, Architettura concettuale, Per una Città intermedia
.
Contemporanea è enorme, è bella,
è stupefacente per larghezza di
raggio. Rivela grande preparazione,
intuizione, impegno da parte degli
organizzatori, degli artisti e dei galleristi
partecipanti e anche da parte
di chi ha fatto il bel catalogo, che
è di per sé un documento notevole
per chiunque si interessi di teoria
visuale avanzata. Eppure, Contemporanea
non è una mostra proprio
contemporanea. Il tono dato da Graziella
Lonardi, segretario generale,
a Contemporanea è, purtroppo,
convenzionale, quasi anti-contemporaneo.
Fa pensare a un tedioso esercizio
scolastico ("un esame di
linee e di modi tra loro connessi all'interno
delle tematiche stesse ...).
È evidente che la signora Lonardi,
e la maggior parte dei suoi colleghi,
hanno una idea un po' vaga di ciò
che è il nostro tempo: hanno una
qualche idea di ciò che era, certo,
ma la loro promessa di rivelazioni
autenticamente contemporanee vien
meno.
Gli Europei si fanno spesso l'idea,
ridicola, che l'America rappresenti,
in un certo senso, il futuro, e che la
nuova arte americana sia l'espressione
culturale più avanzata del nostro
tempo. Ciò è assurdo, naturalmente.
Eppure vi sono artisti europei
che accettano, acriticamente,
concetti d'arte americani, e per i
quali il nuovo è la cultura americana.
In realtà, la cultura americana,
sia popolare che intellettuale, è invece,
per molti aspetti, arretrata rispetto
alla nuova cultura europea,
sia nella pratica che nella teoria.
(Certo, fino ad un certo livello la
società europea tende ad essere
conservatrice, sociologicamente, ma
non è di questo che ora stiamo parlando).
È in risposta alla adulazione
europea che si è sviluppato, in America,
un atteggiamento culturale totalmente
sciovinistico - e sarà divertente
vedere come andrà in briciole.
Achille Bonito Oliva: contemporanea e sotterranea
Sulle pagine di Domus, Gregory Battock racconta la mostra che, nel febbraio del '74, ha trasformato in una straordinaria "pinacoteca drive-in" l'enorme parcheggio progettato da Luigi Moretti negli spazi sotterranei di Villa Borghese.
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- Gregory Battcock
- 04 agosto 2012
Insomma, ciò che è arte nuova in America non dovrebbe essere necessariamente considerato come: 1) importante, 2) realmente contemporaneo. Al contrario, si tratta spesso di qualcosa di molto auto-indulgente (come il modo con cui gli americani sprecano energia), di presuntuoso, di straordinariamente provinciale.
Ma se l'esposizione della
signora Lonardi commette l'errore
di identificare la nuova cultura americana
con la cultura autenticamente
contemporanea, non si può darne
a lei tutta la colpa. Del suo illustre
"comitato internazionale"
fanno parte persone importanti "ieri",
come Moravia, John Cage, Rudolf
Arnheim, Peter Brook, Man Ray,
Buckminster Fuller, Guttuso, per dirne
alcuni - personaggi che ai tempi
loro influenzarono una o due generazioni
di artisti e di intellettuali,
e che si son già visti imitati, ammirati
- o respinti - dalle istituzioni,
di cultura e d'arte.
Se il tono dato alla mostra dalla signora
Lonardi e dal suo comitato
internazionale non è molto aggressivo,
ciò non vuol dire che Contemporanea
non abbia dei meriti.
È la più ambiziosa esposizione di
arte e di cultura dopo Documenta 5
(Kassel, 1972).
L'organizzazione della
mostra in categorie generali ha
dato modo ai diversi curatori di
espandere i concetti con libertà, e
di sfruttare i limiti, come molti hanno
fatto. Il generoso spazio dato alla
sezione Controinformazione
non può esser visto come pura indifferenza,
imparzialità. Sarebbe impensabile,
in America, il concedere
parte di una pubblica mostra d'arte
a manifestazioni di retorica politica
e sociale avanzata, per quanto genuine
ed umane ne siano le motivazioni.
La sezione Controinformazione
non ha avuto, ovviamente,
né apporti finanziari notevoli, né
l'appoggio di mercanti e gallerie, e
tuttavia i manifesti e le fotografie,
di diversi paesi, su argomenti dolorosi
e difficili (come i manicomi, le
prigioni, le repressioni politiche e
sociali, l'indifferenza istituzionale)
erano potenti, e ne va dato merito
ai promotori di Contemporanea.
Si pensa a come sarebbe bello poter girare in macchina dentro la mostra. Il primo museo-drive in del mondo. Oppure, girarvi in bicicletta, almeno
Questa sezione, che controbilanciava, in un certo senso, l'orientamento "americano" della mostra, non conteneva alcun documento americano! Ciò sarà dipeso, sicuramente, dalla incapacità degli organizzatori di mettersi in contatto con gli appropriati rappresentanti americani, perché l'attività contro-culturale in America non manca.
In ogni modo, la sezione più importante, e di gran lunga, in Contemporanea è quella Arti Contemporanee, organizzata da Achille Bonito Oliva. È un panorama, brillante e completo, degli anni dal '55 al '73, e contiene molti fra i dipinti maggiori dei nomi maggiori, come Jasper Johns, Andy Warhol, Roy Lichtenstein.
I minimalisti americani ci son tutti, compresi Donald Judd, Kenneth Nolan, Ad Reinhardt, Barnett Newman. Ci sono i concettuali e gli artisti dell'anti-forma (process-art), della scuola di New York e della scuola europea. In effetti, l'impostazione "storica" della mostra porta a collocare anche dei concettuali relativamente nuovi in un contesto quasi classico; le opere concettuali earth art-language di innovatori americani privi di humour come Robert Barry, Joseph Kosuth, Douglas Huebler, Lawrence Weiner sono piacevolmente bilanciate da presenze intense e piene di spirito come quelle di Agnetti e di Gilbert & George, per dirne due.
Il compito di Achille Bonito Oliva era quello di scegliere, secondo un valido schema critico, le opere importanti del nostro tempo, e non è colpa sua se molte di queste opere (che son poi quelle che vengono sempre scelte come le Opere Importanti del Nostro Tempo) cominciano a sembrare un po' logore. La loro importanza nasce più dal modo con cui esse illustrano dei procedimenti filosofici che non dalle loro intrinseche qualità visive - e perciò esse non resistono a lungo sul piano della competitività visuale. Non hanno mai preteso alla qualità. Spostare della terra e dei sassi era una ricerca troppo seria per abbassarsi a preoccupazioni sulla qualità. Giocare con numeri, lampadine, carta millimetrata, testi scientifici e epistemologici, era una sovversione troppo importante dei processi informativi legittimi per abbassarsi, anche qui, a preoccupazioni sulla qualità. Sparger cibarie, divertirsi a costruire simbologie erotiche superficiali era un così affascinante modo di insulto agli interessi stabiliti che non meritava preoccupazioni sulla qualità. E, del resto, la nozione stessa di qualità non la si vedeva forse come uno dei tanti strumenti dell'Establishment per respingere le vere innovazioni, il vero progresso?
Comunque, né l'Establishment né i suoi oppositori avevano la minima idea di che cosa fosse la qualità, e di come la si potesse produrre. Le istituzioni stabilite vedevano la gioia ed il piacere come in antagonismo alla crescita economica e alla espansione dei consumi. La qualità era vista come qualcosa di negativo, di poco utile al progresso capitalistico. Gli artisti da parte loro non avevano altra scelta che "liberare" la qualità, considerata poco più che una forma di repressione culturale anch'essa. In Contemporanea tutto ciò è evidente, e ci voleva un parcheggio sotterraneo per metterlo in luce. L'arte era fatta per i musei, ci accorgiamo ora, e non per i parcheggi. Contemporanea è riuscita a mettere insieme il più tipico e scandaloso monumento della cultura occidentale ufficiale, il parcheggio sotterraneo, e le più arroganti manifestazioni artistiche di quella cultura nella forma della sua arte contemporanea.
Bonito Oliva è riuscito,
con questa sua mostra, a documentare
il declino e la fine della cultura
e dei suoi contro-movimenti in un
modo che a nessun museo sarebbe
stato possibile.
I Warhol, Stella, Reinhardt sono magnifici
sulle umide pareti di cemento,
e i pezzi concettuali, di body art,
e process art, fanno spavento, perché
il loro vero posto è uno spazio
culturale ufficiale, ristretto, come i
musei. Il loro scopo è la provocazione,
e un garage-parcheggio è di
per sé un luogo troppo naturale e
troppo orrendo perché si abbia a
guardare alle opere.
Il pezzo di Hans Haacke, Documentazione-
Ricerca, che fu bandito dal
Guggenheim, qui, nel parcheggio, lo
si tollera; la verdura marcia in Insalata di Vostell, è un insulto per
tutti; gli schermi a rete di Sartogo
accentuano la catacomba e i suoi
aspetti peggiori: tutto è freddo, umido,
nebbioso. Non c'è un posto dove
ci si possa sedere, Non c'è un bar.
Grandi spazi vuoti. Un freddo pavimento
di cemento che stanca i piedi.
Si pensa a come sarebbe bello
poter girare in macchina dentro la
mostra. Il primo museo-drive in del
mondo. Oppure, girarvi in bicicletta,
almeno.