Un gruppo più o meno ampio di imbarcazioni, progettate o adattate a scopo abitativo, ma non solo: molte di esse rimangono statiche e sono ormeggiate in un luogo fisso e spesso collegate alla terraferma per i servizi, al fine di essere utilizzate come abitazioni permanenti. Storicamente, incontriamo i quartieri galleggianti in numeroso episodi eterogenei per posizione geografica, espansione e caratteristiche formali, pur essendo tutti accomunati dalla volontà di allontanarsi, in realtà, dalla terraferma per necessità specifiche. Possiamo trovare, infatti, paesi interi trasferiti sul pelo dell’acqua per difendersi da attacchi nemici così come nuove comunità create attorno al mercato della pesca.
10 quartieri galleggianti per capire come si vive sull’acqua
Da isole di paglia a prototipi di economia circolare: tra gli Stati Uniti e la Cambogia passando per Lagos e Londra, una collezione di vere città non sempre così piccole che hanno fatto del vivere sull’acqua una risorsa.
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Courtesy Peru Inkas Tour
Cortesy Asmaa Gamal Elgafrie
Courtesy Times of India
Courtesy South Lake Union
Foto Iwan Baan
Foto Isabel Nabuurs
Courtesy Wikimedia Office
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- Romina Totaro
- 09 settembre 2024
La moderna house-boat ha avuto invece il suo principale impulso dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando le famiglie della classe operaia, che non riuscivano a trovare una sistemazione economica sulla terraferma, hanno deciso di stabilirsi a bordo di barche da lavoro in disuso. È in quel periodo che molte case galleggianti hanno iniziato ad essere dotate di servizi igienici adeguati, alle volte anche di equipaggiamenti di lusso, diventando come case normali, ma sull'acqua. Una tendenza che é tornata a essere molto popolare anche dell’ultimo decennio, come reazione alla crisi immobiliare nelle metropoli. Vivere a galla sembra per molti l’unica possibilità di possedere la propria casa, raggiungendo un senso di realizzazione e di libertà da prestiti e mutui a lungo termine, senza ignorare anche i diversi costi di tassazione.
Il fenomeno é stato presto ripreso e tradotto dall’industria del turismo. Partendo dalle iconografiche barche da crociera — a tutti gli effetti descrivibili come intere città galleggianti — il mercato ha da subito saper sfruttare il punto di forza della tipologia abitativa: la flessibilità. Sono, quindi, non solo case “in movimento”, ma anche strutture facilmente abitabili in certi mesi dell’anno per poi passare ad altre destinazioni nei restanti. Bast aoensare agli interni quartieri di barche facilmente affittabili su Airbnb a Venezia durante le inaugurazioni della Biennale, ancora una volta generando nuovi scenari abitativi.
Vediamo allora, in questa collezione, dieci esempi di quartieri galleggianti che per motivi storici o per necessità economica sfidano l’abitare sulla terra ferma.
Con una profondità massima di 10 m, Kampong Khleang è il più grande lago d’acqua dolce del Sud-Est asiatico con una superficie variabile da 3.000 mq a 10.000 mq tra la stagione secca e quella delle piogge. Qui, le piogge portano cambiamenti e impongono capacità di adattamento: la popolazione del lago passa dal coltivare le proprie terre al galleggiarci sopra.
I villaggi hanno una combinazione di case galleggianti e case su palafitte. Quelle galleggianti utilizzano principalmente barili di metallo e plastica per galleggiare, lasciando uno spazio coperto per cucinare, dormire e lavorare: in questo senso, le abitazioni nel lago svolgono due funzioni diverse tra i periodi di acqua alta e quelli in cui l’acqua si ritira e la terra, piena di sostanze nutritive, diventa un terreno agricolo perfetto fino alle inondazini della successiva stagione delle piogge.
Spostandoci verso l’America latina, sulla riva del lago Titicaca, il popolo Uru fu costretto a trasferirsi nel lago come tattica difensiva contro l’espansione dell’Impero Inca. Gli Uru vivono oggi come allora su isole artificiali fatte di canne di Totora vive, che crescono ai bordi del lago. La Totora è una canna sudamericana che può raggiungere un’altezza di 6 metri e viene utilizzata per legare o intrecciare da mobili a barche, abitazioni ed intere isole. Man mano che le canne si disintegrano, gli Uru ne aggiungono altre alla sommità e questo processo continuo li mantiene a galla in perpetuo. La superficie morbida delle isole è in grado di sostenere il peso delle persone, delle abitazioni e della terra, che viene portata sopra il canneto dalle rive vicine, per un’agricoltura su piccola scala.
Sulla riva del Nilo, invece, le case a chiatte del quartiere Kit Kat del Cairo costituiscono attualmente uno scenario pittoresco per escursionisti e turisti. La lunga storia delle case galleggianti sul Nilo parte dall’epoca dei faraoni, con barche progettate per i lunghi viaggi sul fiume. Molto più avanti nel tempo, si è sviluppata la tecnica di costruire case su contenitori metallici galleggianti tenuti insieme da travi di legno o metallo: queste non erano destinate alla navigazione, ma ad offrire una vista panoramica sul fiume. Durante l’epoca ottomana, poi, i ricchi spesso prendevano case galleggianti come seconde residenze di lusso e le usavano per intrattenere gli ospiti con musica e danza del ventre. Durante la Seconda Guerra Mondiale, le forze armate britanniche abitavano in insediamenti di questo tipo.
Srinagar è la città più grande del Kashmir indiano ed è famosa per la sua vasta rete di fiumi e laghi. Le origini delle case galleggianti della città risalgono ai tempi del Raj britannico, quando gli inglesi amavano recarsi in Kashmir nei mesi estivi per sfuggire al caldo e alla polvere delle pianure indiane, senza però il permesso di possedere terreni. Nacque così l'idea di un “campo galleggiante”. Con l’evolversi delle esigenze, la clientela britannica in visita aveva meno tempo da dedicare alle vacanze di piacere e voleva sistemazioni più spaziose, coltivando orti galleggianti e producendo prodotti per il mercato, facendone il centro del loro sostentamento.
Le case galleggianti sul lago Union erano occupate da pescatori, costruttori di barche e altri negli anni Venti. Negli anni Trenta, le case galleggianti erano luoghi di vita a basso costo per chi viveva la Depressione. Negli anni Cinquanta, gli edifici di appartamenti sull'acqua cominciarono a sostituire le case galleggianti e il loro numero diminuì. Nel 1965 la città completò la linea fognaria del Lake Union e i proprietari delle case galleggianti costruirono gli allacciamenti alla rete fognaria e lavorarono per ampliare i moli. In questo periodo l’aggregazione galleggiante visse un'evoluzione in in una comunità di artisti e studenti, in una cultura più bohémien, che negli anni Sessanta si sviluppava attraverso più di 2000 baracche. Oggi la comunità conta solo 500 case galleggianti, e attira un gruppo eterogeneo di amanti dell’acqua.
Passando invece alla tipologia commerciale troviamo i mercati galleggianti tipici di Bangkok, dove in passato si commerciavano e scambiavano prodotti agricoli, su barche radunate in fiumi e canali. Oltre a essere i luoghi centrali per il commercio di prodotti alimentari, i mercati erano anche utilizzati per incontri sociali e celebrazioni culturali. Tuttavia, molti di loro sono scomparsi negli anni ’50 e ’60 a causa dello sviluppo delle strade e dell’introduzione dell’automobile. Alla fine degli anni ’90, però, il governo thailandese ha reintrodotto i mercati galleggianti come parte dei programmi di turismo culturale volti a preservare e ripristinare i villaggi agricoli e a far rivivere gli antichi modi di vivere lungo i canali.
Situato tra Wong Chuk Hang, Aberdeen e il nord di Ap Lei Chau, l’Aberdeen Typhoon Shelter è stato a lungo uno dei principali rifugi per i pescatori locali, noti come “gente che vive sull'acqua”. Con i progressi dell'industria della pesca, un gran numero di pescatori ha abbandonato il lavoro quotidiano e si è trasferito sulla costa, ma ci sono ancora diverse centinaia di famiglie che vivono nel villaggio galleggiante. Attualmente, il porto è noto per contenere 600 giunche e ospita 6.000 persone.
Makoko si trova presso la riva della terraferma di Lagos ed è considerata una comunità “informale”. Un terzo dell'area che copre è costituito da edifici, capanne e baracche costruite su palafitte nelle acque basse della baia della città, il che l'ha portata a essere spesso chiamata la “Venezia dell’Africa”. Fondata all’inizio del XIX secolo, Makoko ha una storia variegata, iniziata quando i pescatori provenienti dal vicino Togo e dalla Repubblica del Benin si stabilirono nella zona. Da allora, questa comunità continua a resistere nonostante le difficoltà culturali, politiche e ambientali. Nel 2012, infatti, i conflitti con il governo locale hanno causato l’allontanamento di circa 3.000 persone dalle loro case.
Guardando ai progetti più contemporanei, invece, è facile nominare il progetto Schoonschip, esempio di architettura galleggiante comparsa ad Amsterdam sul canale Johan van Hasselt che potrebbe trasformarsi nel prototipo per futuri sviluppi urbani. Si tratta di un quartiere composto da 46 abitazioni progettato dallo studio di architettura olandese Space&Matter e fondato sui principi di circolarità e sostenibilità che riflettono i valori della sua comunità. I residenti stessi, infatti, seguono un stile abitativo basato sul modello circolare, sia dal punto di vista sociale che ambientale. Assumendosi la responsabilità del consumo delle risorse e dello smaltimento dei rifiuti, si auto-organizzano internamente, in un radicale ripensamento del modo in cui le nostre città sono organizzate.
L’arrivo del canale nel 1801 a Paddington, allora solo un villaggio alla periferia di Londra, ha reso l’intera area un’importante snodo fluviale. Per i primi 150 anni, prima che comparisse il nome di Little Venice, lungo il Regents Canal furono costruite molte case esclusive in stile italiano. Su questo specchio d’acqua si è poi stabilizzata negli anni una fissa comunità di barche abitate, ora in parte usate dai locali, in parte affittate ai turisti.