“Aperta, liquida, polistrumentale”. Con queste le tre parole parole chiave Nicola Ricciardi, direttore di Miart per il quarto anno consecutivo, descrive a Domus la fiera d’arte moderna e contemporanea. La 28esima edizione, organizzata da Fiera Milano, sarà visibile dal 12 al 14 aprile. Miart 2024 è “aperta alla città, a nuovi pubblici, a inedite collaborazioni”, “come l’acqua fatica a porsi limiti e confini”, e si accompagna di “numerose iniziative che legano arte e musica, e non solo” – prosegue Ricciardi.
La guida di Domus a Miart e Milano Art Week 2024
Dalla fiera raccontata a Domus dal direttore Nicola Ricciardi, agli eventi imperdibli in città, ecco tutto quello che c’è da sapere sulla settimana in cui Milano diventa la capitale dell’arte.
Adrian Piper, Safe, 1990. © Adrian Piper Research Archive (APRA). Foundation Berlin. Foto: Andrej Glusgold
Adrian Piper, What It’s Like, What It Is #3, 1991. © Adrian Piper Research Archive (APRA) Foundation Berlin. Foto: David Campos
Paola Pivi, Leopard, 2007-2023. Courtesy the artist and Massimo De Carlo. Foto by Hugo Glendinning
Patrizio di Massimo, Autoritratto con lacrime, 2024. Courtesy Patrizio di Massimo
David Horvitz, Imagined Clouds (Berlin), 2016. Courtesy of David Horvitz, Los Angeles e ChertLüdde
David Horvitz, “nuvola nuvola tu nuvola”, 2018. Courtesy David Horvitz, Los Angeles e ChertLüdde
David Horvitz, When the Ocean Sounds (Waves). Courtesy David Horvitz, Los Angeles e ChertLüdde
Michele Gabriele, July 2nd. Courtesy Michele Gabriele e Ashes/Ashes
Dorota Gawęda e Eglė Kulbokaitė, Brood (Scena 4). Courtesy Dorota Gawęda e Eglė Kulbokaitė
Veduta dello studio di Andrea Kvas. Courtesy Andrea Kvas
Andrea Kvas, Senza titolo, 2021. Courtesy Andrea Kvas
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- Irene Sofia Comi
- 07 aprile 2024
Come sottolinea il titolo dell’edizione “no time no space”, che prende ispirazione da un brano di Franco Battiato, l’obiettivo è rendere sempre più estesi e porosi i confini tematici, spaziali e temporali di miart, attraverso nuove sezioni curate all’interno della fiera e inediti progetti artistici diffusi in città.
L’art week precede la settimana dedicata al design a Milano e l’intenzione di una collaborazione quest’anno ha trovato concretezza. Alla domanda sul rapporto tra il core business di arti visuali di miart e la sezione dedicata al design, Ricciardi afferma: “Non ho mai trovato produttivo costringermi a definire un oggetto o come arte o come design, per cui non c'è un'etichetta o una sezione che li separi e li distingua all'interno della fiera. Penso che entrambi questi mondi abbiano sempre avuto numerosi punti di contatto e che sia naturale che si confondano, si contaminino, si intreccino a vicenda. La prossimità, a Milano, tra Art e Design Week rende questa affinità ancora più evidente, sia perché molti contenuti nati nel contesto della nostra fiera d'arte vengono pensati per sconfinare temporalmente nella settimana successiva, sia perché sono numerose le collaborazioni interdisciplinari. Una di queste è la partnership tra miart e con Fuorisalone.it, che nasce dalla volontà di dare reciprocamente visibilità ai contenuti di uno e dell'altro evento attraverso guide che parlano delle gallerie milanesi al pubblico del design, e viceversa”.
Non ho mai trovato produttivo costringermi a definire un oggetto o come arte o come design, per cui non c’è un'etichetta o una sezione che li separi e li distingua all’interno della fiera.
Nicola Ricciardi
Spicca la presenza di alcune gallerie milanesi, soprattutto giovani. In merito, Ricciardi dice: “Le gallerie milanesi rappresentano l’ossatura di miart, è indubbio che senza il loro supporto la fiera stessa non esisterebbe. Questo discorso vale sia per le realtà storiche, quelle che dieci anni fa hanno tutte assieme deciso di credere e investire nella fiera cittadina - penso a kaufmann repetto, Giò Marconi, Raffaella Cortese - sia per quelle più giovani, quelle che sono cresciute assieme a me nei difficili anni post-covid. Come Martina Simeti, che dopo tre anni all'interno della sezione Emergent ha deciso quest’anno di compiere l’importante salto verso la sezione Established. O come quelle gallerie che mi aspetto seguano la stessa traiettoria ascensionale nelle prossime edizioni, come ad esempio ArtNoble, Eastcontemporary, Federico Valvassori”.
Rimane il fatto che l’edizione di miart 2024, che ha come main sponsor Intesa Sanpaolo, vanta numeri di adesione davvero notevoli: con la partecipazione di 178 gallerie provenienti da 28 paesi, si calcola un incremento a doppia cifra rispetto all’edizione 2023. Oltre alla sezione “Established”, una novità interessante è “Portal”, un’inedita sezione che ospita gallerie che propongono piccole mostre pensate per scoprire o riscoprire universi e pratiche artistiche solo all’apparenza lontanissime. Tra i nomi, figurano Anna Boghiguian (Galleria Franco Noero) – la cui ultima mostra negli spazi della galleria torinese è stata imperdibile – e il collettivo congolese Catpc (Kow). Si prospettano tante possibilità di acquisizione per gli artisti e le gallerie partecipanti, grazie a dieci premi.
In città, l’art week, manifestazione diffusa coordinata dal Comune di Milano in collaborazione con miart, propone un ricco panorama di eventi collaterali. Così, Milano, con tutte le sue specificità, si riconferma come luogo privilegiato per l’esplorazione e l’indagine dei linguaggi contemporanei: spiccano l’attesissima personale di un nome molto caro a Domus, Alessandro Mendini – figura eclettica e poliforme in bilico tra arte e architettura, la grande mostra di Nari Ward all’Hangar Bicocca e altre proposte meno convenzionali e più sperimentali, a carattere indipendente e non.
Immagine di apertura: Adrian Piper, Das Ding-an-sich bin ich, 2018. Foto Andreas FranzXaver Süß © APRA Foundation Berlin.
Difficile non includere, negli ultimi anni, la programmazione del Padiglione d’Arte Contemporanea all’interno della rassegna sull’art week. Sebbene la mostra abbia aperto il mese scorso, merita tutta l’attenzione necessaria; soprattutto in quanto è una delle rare – e inedite – proposte durante l’art week di un’arte profondamente politica, schierata su questioni di genere e antirazziste. Una delle poche, pochissime proposte di artiste nel palinsesto meneghino.
Il museo, sotto la guida del curatore Diego Sileo, si sta muovendo con estrema lucidità attraverso nazioni, continenti, tematiche e personalità che hanno fatto la storia del tardo Novecento e dell’attualità, ad oggi ancora poco rappresentate in Italia dal punto di vista espositivo.
Come in una “caccia al tesoro” edulcorata, settanta opere di artisti attivi in Italia, sia grandi maestri che artisti emergenti, riempiranno la città sotto forma di poster d’artista. È questo il nuovo progetto di arte pubblica curato da Massimiliano Gioni e promosso da Fondazione Nicola Trussardi.
In diversi quartieri, dal Cimitero Monumentale al Centro Storico, da City Life a Porta Romana, dall’8 aprile e per due settimane sarà possibile incappare nella vista di opere fortuite, di artisti come Paola Pivi, Yuri Ancarani, Giulio Paolini, Maurizio Cattelan, Adelita Husni Bey e Sislej Xhafa, ma anche dei più giovani (e affermati) Diego Marcon, Giulia Cenci, Jacopo Miliani, Binta Diaz e Guglielmo Castelli (tra gli altri). In un sequel, e ingigantito remake, della mostra I nuovi mostri del 2004.
Se ancora non conoscete BiM, dove Bicocca Incontra Milano – progetto di rigenerazione urbana di un intero isolato nel quartiere Bicocca, che sta trasformando un iconico edificio progettato da Vittorio Gregotti in una work destination avanguardista – miart può essere l’occasione giusta per scoprirla.
In viale dell’Innovazione, a partire dal 13 aprile, gli spazi di BiM al sesto piano ospitano più di venti opere di David Horvitz, in un progetto site-specific appositamente pensato dall’artista concettuale californiano di fama internazionale, le cui opere sono state esposte al Palais de Tokyo di Parigi e al New Museum di New York.
Il titolo della mostra, Abbandonare il locale, ricorda da vicino il suo famoso progetto The Disappearing Piece, un lavoro di ponderata messa in scena della propria scomparsa e ripercorre quasi vent’anni della sua ricerca artistica, alternatasi tra fotografie, performance, mail art e libri, con un occhio di riguardo per il digitale.
La mostra collettiva To Romanticize with Indecision è progetto inusuale alla galleria Cassina Projects, curato da due artisti nati negli anni Ottanta e Novanta, Monia Ben Hamouda e Michele Gabriele, che hanno invitato altri artisti a esporre insieme a loro negli ampi e luminosi spazi di Via Mecenate.
Sono tutti stranieri, legati a loro da un “rapporto di vera stima reciproca”: Andrew Birk, Anne de Vries, Dorota Gawęda e Eglė Kulbokaitė e Bradford Kessler. “Forse l’anima principale che muove tutto il progetto è che la mostra vuole essere una sorta di richiamo al diritto alla contraddizione o, in altre parole, al diritto di avere dei dubbi all’interno della ricerca artistica”.
Capita raramente di vedere un artista all’opera. La mostra personale del pittore Andrea Kvas sembra rispondere a questo tema. A new golden age of guano è un’installazione site-specific fagocitante, realizzata da Kvas nello Studio Giovanni de Francesco a Milano e organizzata da Spazio Morris.
Per sette giorni, Kvas realizzerà l’installazione in una sorta di action painting. L’opera si fonderà con lo spazio. Diventando ogni giorno più intensa, sovradimensionata ed immersiva, assumerà una natura ambientale. Nei giorni prima del 6 aprile, il pubblico potrà accedere liberamente al work in progess dell’opera.