Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 il mercato degli Nft – quel certificato di proprietà salvato su blockchain di un bene digitale – raggiungeva il suo picco, travolgendo gli investitori in una vera e propria fear of missing out collettiva che, cavalcando l’onda dell’entusiasmo per la possibilità di creare artificialmente dei pezzi unici, aveva rapidamente portato alla famosa bolla speculativa.
Cifre da capogiro hanno fatto la storia, come l’iconico Everydays: The First 5000 Days di Beeple, venduto per la sorprendente cifra di 69 milioni di dollari, o CryptoPunk #5822, passato di mano per 23 milioni. Soltanto due anni dopo, l’isteria collettiva sembra aver lasciato spazio a un sommesso requiem: nel 2023, il portale specializzato CryptoSlam riportava un crollo del 92% nel volume degli scambi dei non-fungible token, con un prezzo medio sceso dell’84% e un calo del numero degli acquirenti del 47%.
Una caduta in picchiata che però merita di essere contestualizzata nel particolare quadro dell’economia post-pandemica, che ha visto il settore delle criptovalute calare, in un anno, del 70% (e lo stesso vale per le azioni legate ai colossi della Silicon Valley).
Il risultato è che, come tuonano i titoli di diversi giornali specializzati, gli nft non valgono più niente: e infatti a settembre dello scorso anno il sito di criptovalute dappGambl, basandosi su dati di Nft Scan e CoinMarketCap, annunciava il 95% delle oltre 73mila collezioni di non-fungible token aveva un valore pari a zero (lasciando di fatto 23 milioni di collezionisti a mani vuote).
Non si salvano dalla crisi i settori diversi di cui gli nft sono parte integrante, come ad esempio i “metaversi” basati su blockchain, che dopo il boom degli scorsi anni vede il numero di utenti andare in picchiata: è il caso del “mondo virtuale” di Decentraland, spazio digitale la cui economia ha inizialmente generato 1.3 miliardi di dollari, suscitando scalpore generale, ma che oggi è passato da 300mila a 57mila utenti mensili. Lo stesso vale per The Sandbox, suo principale competitor, che nell’ultimo anno ha perso circa un terzo dei suoi utenti. Insomma, nel metaverso sembra non esserci più nessuno.
È probabile che con la perdita degli acquirenti ‘occasionali’ il mercato degli nft possa stabilizzarsi in una nicchia di pochi investitori affezionati.
C’è, tuttavia, uno spiraglio: è infatti da valutare anche il fenomeno dei meme token, criptovalute che basano il proprio valore sulla viralità dei meme diffusi nelle community online (e che quindi hanno un andamento estremamente variabile, vincolato alla momentanea celebrità del meme).
Nel 2024, l’istituzionalizzazione delle meme coin ha aumentato significativamente la loro popolarità, portandole ad affermarsi come una parte significativa del mercato delle criptovalute, nonostante l’altissimo rischio dovuto ai movimenti di prezzo rapidi e imprevedibili che le caratterizzano.
Quindi, qual è il futuro (se ci sarà un futuro) degli Nft? Per rispondere a questa domanda bisogna considerare innanzitutto che lo scoppio della bolla non significa la fine di quello che, in fin dei conti, non è altro che uno strumento per attribuire unicità a un pezzo digitale.
Quel che si prospetta al momento, quindi, non è una degna sepoltura degli nft, ma piuttosto una variazione nel target di investitori: è infatti probabile che, con la perdita degli acquirenti “occasionali”, il mercato degli nft possa stabilizzarsi in una nicchia di pochi investitori “affezionati”.
Immagine di apertura: The Sandbox. Courtesy The Sandbox