Settimana della moda: Capitali di ogni angolo del mondo invase da un turbinio di stoffe, tessuti, modelle e stilisti.
Tutto è in grande fermento. Le città rimangono senza respiro e vengono avvolte da un tocco glamour dal mattino alla sera. Grandi e piccoli nomi della moda studiano con estrema attenzione la loro collezione e i rimandi artistici si svelano sulle passerelle.
Che la pittura e la moda siano un binomio inscindibile è cosa nota da tempo e gli stilisti non mancano mai di sottolinearlo. Nella storia dell’arte i dipinti si modulano necessariamente alla moda: gorgiere, copricapi, ricami, gioielli, soprabiti, calzature, pantaloni, gilet o giacche si adattano all’opera a seconda dei secoli.
Il rinascimento vedeva donne agghindate con capi preziosi ricamati con fili oro o d’argento, pietre preziose o perle sui loro abiti fatti di tessuti pesanti come velluti, broccati o damaschi. Nel secolo successivo prendono posto pizzi, merletti, colletti maestosi, maniche a sbuffo e cappelli alti a tesa larga sino ad arrivare al secolo del neoclassicismo in cui gli abiti si fanno più leggeri e sinuosi abbandonando i pesanti e ricchi damaschi e lasciando posto a tessuti più lineari e languidi come la seta.
Dolce e Gabbana presenta da sempre sulle passerelle grandi citazioni artistiche come la sfilata primavera-estate del 1993 in cui broccati dorati e abiti stampati tratti dai dipinti del Botticelli omaggiavano lo stretto connubio. Il barocco siciliano è sempre presente. Un’ evocazione fatta di volumi e ricami, di stoffe che ricordano le tappezzerie degli antichi palazzi nobiliari.
Louis Vuitton decide di trasferire le tele di grandi artisti sulla loro pelletteria. Borse che ritraggono la Monnalisa di Leonardo di Vinci o le grandi opere di Pieter Paul Rubens.
Era il 1991 quando Gianni Versace decise di stupire il grande pubblico attraverso una collezione ben lontana dai modelli e dagli archetipi greco romani che l’hanno sempre contraddistinto. Un inno ad Andy Warhol e alla cultura pop. La nota Marilyn ripetuta infinite volte in abiti stretti a sirena.
Le donne d’oriente e i loro abiti non mancano di certo all’appello. Vincent Van Gogh, Henri Matisse, William Merritt Chase e tanti altri hanno sottolineato l’estremo fascino di un abbigliamento così diverso da quello occidentale, semplice, lineare e pulito. La moda di oggi è riuscita a trasformare quegli abiti tradizionali in capi streetstyle.
Un tessuto a forma di T che racchiude tutta la storia di un paese: il Giappone. SuitUp Milano, di Camilla Zermini, unisce le due culture utilizzando Kimoni vintage originali giapponesi provenienti da Osaka o da Hokkaido fondendoli in una parte reversibile con tessuti come il lino, il velluto o la lana, più occidentali quindi. Un’arte, anche quella, della cucitura soprattutto in giappone. Punti dritti, linee equidistanti. La seta si fonde con la lavorazione giapponese del mikado per SuitUp che sfilerà il 25 Settembre nei Chiostri di San Barnaba a Milano.
“O si è un’opera d’arte o la s’indossa”, diceva Oscar Wilde.
Immagine in apertura: Eleonora da Toledo con suo figlio Giovanni, Agnolo Bronzino, 1544-45