Si annuncia un importante rientro autunnale per la fotografia. A Parigi la Fondation Henri Cartier-Bresson, dall’8 novembre, si esercita nel tentativo di mettere d’accordo due grandi e celebratissimi autori del ‘900, Henri Cartier-Bresson e Martin Parr, il primo fondatore dell’agenzia Magnum, il secondo membro spesso polemico con le scelte dalla struttura, insomma la riconciliazione tra due icone della fotografia così lontane e così vicine.
Ma la mostra che ha dato il via ad ogni tipo di dibattito sullo stato della fotografia contemporanea è la retrospettiva che il MoMA dedica in questi ultimi mesi del 2022 a Wolfgang Tillmans: lunghi articoli sul New York Times, su Aperture, nei quali viene discussa e, questa volta, celebrata senza riserve l’opera del fotografo tedesco, talmente trasversale che è difficile trovare un filo conduttore, e forse è proprio questo il suo straordinario modo di trasmetterci qualcosa in questi anni tanto complessi.
E poi c’è di nuovo Parigi, che nel mese di novembre ospita il Paris Photo, la fiera che indica la direzione in cui si muovono il mercato e il collezionismo della fotografia mondiale. In questo periodo la capitale francese si rivela sempre il luogo in cui musei, fondazioni e gallerie lavorano con le immagini senza temere la contaminazione, anzi.
Al Centre Pompidou il 20 ottobre inaugura Patti Smith con “Evidence: Patti Smith & Soundwalk Collective”, un’esposizione complessa che, oltre alla fotografia, riguarderà la scrittura, la poesia, le installazioni, l’articolato mondo a cui appartiene la Patti Smith che conosciamo oggi (basta osservare le installazioni che l’artista ha portato a Milano, per la 23ma Triennale, nello spazio curato da Fondation Cartier pour l’Art Contemporain).
Ma questo 2022 significa anche guerra e memoria: ancora a Parigi, fino al 5 gennaio 2023, la Maison Européeenne de la Photographie ospita il fotografo e artista ucraino Boris Mikhailov, con il suo immenso lavoro che da più di cinquant’anni mostra la dinsinformazione e la propaganda sovietica. Sono più di ottocento le opere di Mikhailov esposte alla MEP – tra documentazione e concettuale – raccolte nel “Journal Ukrainien”, questo è il modo in cui la fotografia riesce a mostrarci le ragioni e le cause delle complessità contemporanee.
L’Italia orientata verso i grandi classici con l’esplorazione dei loro archivi, spesso reinterpretati e mostrati sotto una luce diversa.
A Milano, Palazzo Reale, troviamo la retrospettiva di Richard Avedon a cura di Rebecca Senf (link ad articolo) tra moda, ritratti di amici e artisti e la vita nella sua New York.
Per il nuovo spazio di Gallerie d’Italia a Torino - inaugurato la scorsa primavera dopo aver completato i lavori di ampliamento su progetto di Michele De Lucchi – è prevista la grande mostra a cura di Giovanni Battista Martini dedicata a Lisetta Carmi, tra le più innovative e riservate fotografe italiane che, dopo la scomparsa lo scorso luglio, ci auguriamo venga riletta e riscoperta con nuove esposizioni e pubblicazioni.
Ancora a Milano, a Fondazione Stelline sono arrivate le fotografie premiate al Sony Photography Award, la mostra curata da Barbara Silbe è la sintesi annuale del premio che raccoglie il meglio della fotografia mondiale suddivisa in diverse categorie tematiche (dalle news, allo sport, alla natura, al ritratto), quest’anno con un allestimento pensato esclusivamente per lo spazio espositivo italiano.
Al di fuori delle grandi città, a Conegliano (TV) è in programma la retrospettiva sul più straordinario tra i paparazzi, Ron Galella, con tutti i suoi “personaggi famosi ritratti mentre fanno qualcosa di non famoso” secondo la definizione che Andy Warhol dava al lavoro del suo fotografo preferito.
Alla Fondazione Mast, il fotografo italo tedesco Armin Linke e la storica della fotografia Estelle Blashke sono gli autori di “Image Capital”, a cura di Francesco Zanot. Un progetto composto da testi, immagini e documenti utilizzati per esplorare gli utilizzi pratici dell’immagine e della fotografia nella storia del mondo: dalla ricerca scientifica al Cern di Ginevra, alle fasi dei processi produttivi industriali, al riconoscimento automatico, fino alla trasformazione delle immagini da capitale culturale a capitale economico e finanziario, come avviene nel bunker di Getty Images di Iron Mountain, definito il “sito di stoccaggio della memoria visiva dell’umanità”.