Da Coca-Cola che qui ha tenuto un evento l’anno passato, a Sotheby’s che vi ha creato una galleria d’arte (ovviamente di NFT). Da Samsung che ha costruito un suo negozio (pardon: flagship store), a VICE Media che ha invece edificato un quartier generale digitale. Ogni giorno che passa, cresce il numero di brand che decidono di sbarcare su Decentraland: il mondo virtuale basato su blockchain che si sta rivelando uno dei protagonisti della grande corsa al metaverso.
L’hype che circonda il metaverso in generale e Decentraland in particolare è talmente elevato che l’ultima azienda che ha deciso di tenere qui un suo evento – vale a dire Heineken – l’ha dovuto fare in chiave autoironica per differenziarsi dalla concorrenza, sottolineando come il suo “birrificio del metaverso” produca una birra “che nessuno può gustare” e accompagnando il tutto con l’hashtag (strizzatina d’occhio) #awesomeheinekenmarketingstunt.
Una trovata pubblicitaria e nulla di più. Una sorta di metanarrazione del metaverso. Un meta-metaverso che la dice lunga su quanto questo mondo virtuale stia basando le sue fortune più sul marketing, la speculazione e l’attenzione mediatica che sul progetto in sé. A questo punto, però, riavvolgiamo un attimo il nastro e proviamo a capire meglio che cosa sia Decentraland.
Com’è fatta Decentraland
Se avete memoria del fenomeno Second Life siete già a buon punto. Decentraland è infatti un ambiente digitale, aperto, in cui socializzare, partecipare a eventi, fare shopping o lavorare (se proprio volete). Un mondo virtuale, quindi, in cui ricreare in formato pixel una parte delle nostre esperienze quotidiane. A differenza dei metaversi progettati da Meta (la società precedentemente nota come Facebook) o da piattaforme come VRChat, Decentraland non è in realtà virtuale, ma se ne fa esperienza tramite un avatar personalizzato, visualizzato in terza persona e che guidiamo per gli ambienti digitali tramite tastiera.
Decentraland potrebbe ricordare altri mondi digitali non in VR – come Fortnite o Animal Crossing –, se non fosse che qui l’aspetto videoludico è per lo più assente. C’è invece l’elemento del world-building: dall’acquisto di appezzamenti alla costruzione di edifici, fino all’organizzazione eventi. Che cosa c’è di nuovo rispetto ad altre realtà di questo tipo e con ormai decenni di vita alle spalle? “Da Sim City a Civilization fino a Minecraft, gli sviluppatori di giochi hanno passato anni a creare videogiochi di world-building che permettono alle persone di costruire città, edifici o di colonizzare mondi interi”, scriveva il magazine Decrypt, specializzato in criptovalute, in uno dei primi resoconti di Decentraland. “Oltre però a eliminare gli avversari digitali, che cosa vi rimane di tutte le ore passate a costruire le vostre fantastiche creazioni? Non molto. E che cosa succederebbe invece se fosse possibile assegnare del vero valore economico a ciò che costruite per poi venderlo al miglior offerente?”.
MANA, la criptovaluta di Decentraland
Ecco la vera innovazione di Decentraland. Essendo, come detto, basato su blockchain e avendo una sua criptovaluta collegata (MANA), questo mondo virtuale permette di acquistare degli appezzamenti di terreno digitale (chiamati “parcel” e limitati a un massimo di 90mila totali, creando così scarsità del bene digitale e quindi valore) sui quali poi costruire edifici di ogni tipo. Non solo: potrete poi rivendere ciò che avete edificato, affittarlo a brand che devono ospitare eventi o vendere i biglietti di eventi che voi stessi avete creato. L’idea di Decentraland è quindi quella di creare un mondo digitale sorretto da una vera e propria economia che permette a tutti i partecipanti di guadagnare.
Come sempre quando ci sono di mezzo delle criptovalute, l’aspetto speculativo salta subito all’occhio: il nativo token MANA (4,3 miliardi di capitalizzazione nel momento in cui scrivo) è passato da un dollaro di valore nel marzo 2021 a un massimo di 5,5 dollari nel novembre scorso, ed è poi sceso agli attuali 2,3 dollari.
Investimenti immobiliari e speculazione su Decentraland
Per quanto possa ricordare una via di mezzo tra Second Life e Sim City, questo aspetto speculativo-economico è fin dagli albori la vera attrazione di Decentraland. Fondato nel 2015 dai programmatori Ari Meilich e Esteban Ordano (e con sede a Pechino), già nel dicembre 2017 questo mondo virtuale aveva fatto parecchio parlare di sé per aver raccolto nel giro di pochi secondi 24 milioni di dollari da circa diecimila investitori.
All’epoca sembravano cifre folli, oggi sarebbe un ottimo affare. Nel novembre 2021, all’apice dell’hype, 116 pezzi di terreno digitale sono stati infatti venduti per 2,4 milioni di dollari al Metaverse Group, che qui ha costruito una sorta di centro commerciale di lusso dove ospitare anche “sfilate del metaverso”. Ed è probabilmente qui che nei prossimi giorni si terrà la prima “fashion week nel metaverso”, a cui parteciperanno nomi come Dolce & Gabbana, Etro, Dundas e parecchi altri.
Per quanto possa sembrare l’ennesima trovata di marketing che lascia perplessi, lo sbarco della moda su Decentraland ha più senso di quanto si potrebbe pensare. Non tanto per l’acquisto online di vestiti che poi porteremo nel mondo fisico, ma per fare incetta in anteprima degli accessori più esclusivi con cui personalizzare i nostri avatar (le cosiddette skin). È un mercato che nel mondo dei videogiochi vale già 40 miliardi all’anno e che – utilizzando la tecnologia degli NFT – potrebbe anche dare vita a un imponente mercato secondario per collezionisti (come già avviene in altri ambienti digitali basati su blockchain, come Blankos Block Party).
Ok, quindi sotto l’aspetto speculativo Decentraland va alla grande (anche se l’approdo delle multinazionali potrebbe segnalare che la bolla ha già raggiunto la dimensione massima, quindi fate attenzione se volete investire) e mostra interessanti potenzialità anche nel campo della moda. E invece l’esperienza vera e propria di questo mondo virtuale com’è? Ci si diverte a Decentraland? In realtà, fatta eccezione per il punto d’ingresso – dove effettivamente c’è un po’ di movimento – la sensazione è spesso quella di aggirarsi per un mondo semi-desolato, dove si rischia anche di non incontrare nessuno e di passare il tempo a osservare negozi in cui a volte non si può nemmeno entrare.
Ma Decentraland funziona?
Un portale che tiene traccia di quanti utenti attivi ci sono su Decentraland mostra come, nel momento in cui scrivo, ci siano soltanto 1.800 persone attive. Pochine. Nel complesso, si stima che gli utenti complessivi siano tra i 300mila e gli 800mila: un numero che impallidisce di fronte ai 50 milioni di utenti di Roblox (un mondo virtuale di vero successo, ma di cui si parla molto meno) o ai 350 milioni di Fortnite.
Il primo rave nel metaverso
L’enorme attenzione rivolta a Decentraland sembra essere dovuto soprattutto all’aspetto speculativo e alle aziende che hanno deciso di fare marketing in questo mondo digitale per racimolare un po’ della visibilità mediatica del “metaverso”; mentre il mondo virtuale in sé sembra godere di molto meno successo. E non c’è molto da stupirsi, quando si considera a che tipo di eventi può capitare di assistere.
Negli ultimi mesi, si è parlato molto del “primo rave nel metaverso” di Decentraland. Un evento a cui ci si recava con il proprio avatar per poi ballare sotto cassa, ascoltando la selezione musicale del dj e socializzando con gli altri avventori. Non so come ve lo stiate immaginando nella vostra testa, ma in realtà appariva così.
Divertente, vero? Pochi avatar, la maggior parte dei quali immobili. Qualcuno ogni tanto muove un po’ le braccia. In realtà siamo tutti seduti davanti a un computer che osserviamo questa scena. Una tristezza infinita. “Tutto ciò mi ricorda quelle vecchie critiche che già facevamo negli anni ’90 rispetto al concetto di web in 3D”, ha spiegato Dan Olson, saggista esperto di videogiochi. “C’è una parte di cervello che dice ‘wow, sarebbe così bello se l’esperienza di fare acquisti su Amazon fosse più immersiva’. E non c’è niente di sbagliato. Sarebbe effettivamente più interessante. Ma la verità è che è anche estremamente scomodo”.
C’è una ragione se Second Life e la sua esperienza immersiva sono finiti nell’oblio mentre i social network come Facebook hanno cambiato il mondo. Ancora più importante del fascino di immergersi in un mondo digitale è la user experience. E a meno che non vengano offerte incredibili avventure immersive – come avviene appunto in Fortnite o in Population One – non c’è ragione per cui io debba accettare la scomodità di vivere un surrogato di socialità tramite un avatar manovrato dalla tastiera. È incredibilmente più comodo, pratico e immediato chattare con gli amici su Whatsapp, incontrare persone con gusti affini su Discord o Reddit e partecipare a eventi musicali (per dire eh) nel mondo reale.
È possibile che i mondi digitali e immersivi (in realtà virtuale o meno) diventeranno una parte importante del nostro futuro, così come gli NFT, le criptovalute e l’economia digitale del cosiddetto web3 nel suo complesso. Ma per andare oltre al successo legato alla speculazione, bisognerà offrire qualcosa di più. E sicuramente molto di più di un rave nel metaverso in cui sono circondato da tristissimi avatar immobili.
Immagine in apertura: Samsung 837X, Decentraland. © 1995-2022 SAMSUNG